Alfredo Gregori
Alfredo Gregori (Arcugnano, 8 marzo 1912 – Veli Dolac, 7 novembre 1941) è stato un militare italiano, appartenente all'Arma dei Carabinieri che fu insignito di Medaglia d'oro al valor militare alla memoria durante il corso della seconda guerra mondiale. BiografiaNacque ad Arcugnano,[N 1] provincia di Vicenza, l’8 marzo 1912,[1] e dopo aver conseguito la licenza media in un collegio di Monselice (Padova), si arruolò nell’Arma dei Carabinieri.[1] Nel corso del 1933 divenne carabiniere effettivo, entrando in servizio nella Legione di Ancona, passando poi al Nucleo Carabinieri di Zara.[1] Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, nel marzo 1941 fu assegnato alla 191ª Sezione Carabinieri Mobilitata, prendendo parte attiva, in forza al V Corpo d'Armata, all’invasione della Jugoslavia.[1] In seguito rimase in zona partecipando al rilevamento anagrafico nelle Regioni occupate.[1] Durante lo svolgimento di questo incarico burocratico, il 6 novembre 1941 si trovava a Vel-Dolac in una abitazione per annotare le persone che la occupavano, quando venne proditoriamente aggredito, disarmato e preso prigioniero da un nutrito gruppo di alcuni ribelli che lo trasferirono altrove.[1] Ordinatogli di cantare i loro inni se voleva avere salva la vita, egli respinse fieramente l’offerta, rifiutandola ancora una volta il mattino successivo quando fu nuovamente invitato a cantare, ma soprattutto, a dare informazioni sulla dislocazione e sull’entità dei Reparti italiani presenti in zona.[1] Trasportato in un luogo isolato fu torturato e quindi barbaramente ucciso. Decorato con la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria, gli fu intitolata la caserma del Comando Tenenza Carabinieri di Schio.[1] Onorificenze«Incaricato del servizio di censimento informativo sulla popolazione di un centro occupato, veniva di sorpresa disarmato e catturato da un gruppo di ribelli in una casa ove era entrato per eseguire il suo compito. Trasportato nella notte in un accampamento avversario, rifiutava energicamente di unirsi al coro dei ribelli che cantavano inni sovversivi nonostante gli fosse stato assicurato che, ciò facendo, avrebbe avuto salva la vita. Il mattino seguente a testa alta e con fierezza riconfermava il suo credo e persisteva nel suo diniego, dopo di che veniva barbaramente ucciso. Espressione purissima di fedeltà, di disciplina e di eroismo. Veli Dolac (Balcania), 7 novembre 1941.[2]»
— Decreto del Capo Provvisorio dello Stato 29 agosto 1946[3] NoteAnnotazioni
FontiBibliografia
Periodici
Collegamenti esterni
|