Sorge su terreni in proprietà privata ma è ben visibile percorrendo la via Appia antica in direzione sud poco prima del GRA.[1]
Della struttura si conserva un tratto lungo circa 700 metri con 120 arcate realizzate in conglomerato cementizio ed erette su piloni di forma quadrangolare con lato di circa un metro e mezzo (pari a 5 piedi romani), rivestito da laterizi.[1]
A causa del crollo di alcuni piloni e di porzioni di arcate sono attualmente visibili alcuni tronconi fisicamente distinti e poco si conserva dello speco idraulico vero e proprio del quale resta solo una porzione del fondo in malta idraulica "a cocciopesto".[2]
Funzione
L'acquedotto dei Quintili era verosimilmente una diramazione dell'acquedotto dell'Anio Novus, che snodandosi per circa 700 metri raggiungeva l'area di Torre Selce al VII miglio dell'Appia Antica, oppure dell'Aqua Iulia[senza fonte]. Raggiungeva poi un castellum aquae dal quale poi diramava il condotto sotterraneo di alimentazione della Villa dei Quintili, situata a circa un paio di miglia di distanza.[2]. Qui confluiva in una grande cisterna rettangolare, da cui probabilmente veniva attinta l'acqua che serviva al complesso termale della villa.[3]
Restauri
L'acquedotto è stato oggetto di restauri nel 2015 condotti dal Parco Archeologico dell'Appia Antica – Ministero per i beni e le attività Culturali e per il Turismo. I lavori hanno chiarito come alcuni piloni fossero stati intenzionalmente abbattuti per interrompere la linea dell'acqua e alcune delle campate murate sono apparse anche murate con blocchetti di peperino. Si è potuto quindi ipotizzare che l'Acquedotto dei Quintili fosse stato manomesso da parte degli Ostrogoti per assetare Roma sotto assedio. L'ipotesi emersa nel corso dei lavori di consolidamento è che possa trattarsi di uno degli interventi messi in atto nel 537 d.C. da Vitige durante l'assedio al generale bizantino Belisario rinserrato nelle mura aureliane.[2][A 1]
Note
Annotazioni
^Procopio di Cesarea, Guerra gotica Libro I, cap. XIX: "Con l'intento di costruire un campo fortificato, Vitige chiuse le arcate di tratti degli acquedotti Claudio e Marcio con terra e pietra, realizzando un fortilizio naturale in cui fece accampare non meno di 7.000 uomini, al fine di bloccare l'afflusso di rifornimenti all'Urbe dalla via Appia e dalla via Latina".
^ Andrea Carandini, Tetti degni di un Dio, Rizzoli libri, 2023, p. 41, ISBN9788831812269.
Bibliografia
AA.VV., Via Appia. La villa dei Quintili, Milano, Ministero per i beni culturali e ambientali, 2000, ISBN9788843575923.
E. De Amicis, B. De Amicis, P. Grella, E. Marchetti e G. Mastrocesare, Il Parco degli Acquedotti: le acque di Roma passavano di qua, Roma, Legambiente, 1997.