Wetti di ReichenauWetti di Reichenau (in latino Wettinus Augiensis; 775 circa – Reichenau, 4 novembre 824) è stato un abate tedesco appartenente all'Ordine di San Benedetto[1]. Fu uno dei principali educatori del suo tempo e un influente studioso tra monaci e laici non solo dell'Impero carolingio ma anche della comunità monastica dell'Europa occidentale[senza fonte]. A lui è attribuita un'anonima Vita S. Galli, la più antica biografia di San Gallo integralmente pervenutaci. Wetti è più noto per le visioni del paradiso e dell'inferno che ebbe poco prima della sua morte e che sono contenute nella Visio Wettini ("Visione di Wetti"), scritta in prosa da Heito, ex abate di Reichenau, nell'824, e in versi dal discepolo di Wetti Valafrido Strabone nell'826. La redazione di Valafrido rivela molto di più di quella di Heito, addolcendo le accuse dettagliate di avidità e cattiva condotta sessuale nei confronti di monaci, funzionari governativi ed ecclesiastici — riportate da Heito — e persino nominando in acrostico Carlo Magno quando appare in purgatorio. Un esempio di letteratura dei sogni, la Visio Wettini riflette le concezioni carolingiche dell'aldilà, della punizione e della salvezza. L'opera fu ampiamente letta nelle le comunità monastiche contemporanee, e può aver influenzato Dante nella composizione della Divina Commedia. BiografiaNato in una famiglia nobile, venne educato sia nella tradizione classica delle arti liberali,[2] sia nella disciplina dell'abbazia benedettina di Reichenau, fondata nel 724 dal monaco irlandese Pirmino. Apparentemente però era stato un bambino buono e puro («puer bene castus») che da adolescente si era traviato («pravus»).[3] Wetti fu maestro nella scuola del monastero di Reichenau per almeno venti anni, formando generazioni di studenti monastici. A detta di tutti, i suoi studenti lo vedevano come l'ideale della pietà monastica.[4] I suoi pari lo riconobbero come "eccezionale intellettuale" di Reichenau, cosa "tanto più impressionante perché [l'VIII e il IX secolo furono] l'età d'oro di Reichenau come centro di apprendimento", in un tempo in cui Wetti, la sua reputazione, autorità e opinioni avrebbero "avuto il potere di guidare (o di indurre in errore) non solo i suoi studenti ma tutti i monaci".[5] La Vita S. GalliWetti potrebbe aver prodotto un corpus di opere scritte, anche se mancano prove a sostegno di ciò. A lui è concordemente attribuita una biografia latina di San Gallo, fondatore del monastero gemello di Reichenau, l'abbazia di San Gallo, pervenutaci anonima con il titolo De vita atque virtutibus beati Galli confessoris.[6] La sua Vita di San Gallo è divisa in due libri. Il primo libro, databile agli inizi del IX secolo, lo descrive brevemente come un bambino studioso e pio, che "per volere dei suoi genitori era stato affidato al venerabile Colombano"[7] (dove il verbo commendari, "essere affidato", suggerisce che Gallo non abbia seguito i rituali di oblazione che diventarono più comuni all'inizio del IX secolo).[8] Il secondo libro è databile agli inizi degli anni 820 e fu successivamente riformulato da Valafrido Strabone. Fornisce un resoconto più dettagliato del lavoro del santo nella fondazione dell'abbazia di San Gallo, la sua vita successiva, la sua morte e i miracoli intorno alla sua tomba fino alla fine dell'VIII secolo.[9][10] Edizioni
La Visio WettiniLa Visio Wettini ("Visione di Wetti") è un testo latino, che racconta le visioni dell'oltretomba avute da Wetti pochi giorni prima della sua morte (avvenuta il 4 novembre 824). Ne esistono due redazioni: una in prosa, scritta da Heito, confratello di Wetti ed ex abate di Reichenau, a ridosso dell'evento riferito, alla fine dell'824; l'altra in versi, composta nell'826 dall'allora diciottenne Valafrido Strabone, che probabilmente si occupò anche di revisionare la stesura originale in prosa scrivendone la prefazione e attribuendola a Heito. La visita dell'oltretomba da parte di Wetti avviene nei momenti di sonno e dormiveglia durante una malattia che lo porterà alla morte. Nella prima visione, più confusa, Wetti incontra un monaco deforme, dei diavoli, dei beati e un angelo in vesti purpuree che lo rincuora; nella seconda e più ampia apparizione viene guidato dallo stesso angelo vestito di bianco attraverso i paesaggi dell'aldilà: vede così le anime dannate, variamente punite in un luogo montuoso, e le anime elette, residenti in un ambiente naturale risplendente di materiali preziosi; vede anche una terza categorie di anime, tra cui è riconoscibile Carlo Magno, alle quali è riservato un destino di redenzione, una volta espiate le proprie colpe.[11] Il testo s'inserisce nel filone delle visioni politiche, a favore di Ludovico il Pio, ma è anche, almeno nella redazione di Valafrido, un tributo al suo maestro Wetti, un riconoscimento del suo magistero nella scuola dell'abbazia di Reichenau nei primi decenni del IX secolo.[12] Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
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