Vittorio Piccinini
Vittorio Piccinini (Roma, 31 dicembre 1914 – El Alamein, 25 ottobre 1942) è stato un militare italiano insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale. BiografiaNacque a Roma il 31 dicembre 1914, figlio di figlio di Carlo e Giulia Rossi.[2] Nell'aprile 1933 si arruolò volontario nel Regio Esercito, ed assegnato al Reggimento carri armati venne promosso sergente nel luglio 1935.[2] Nel novembre dello stesso anno partì per la Somalia italiana in forza alla compagnia carri d'assalto "S" mobilitata.[2] Inquadrato nel raggruppamento carri d'assalto del Comando Corpo indigeni della Somalia, partecipò alla guerra d'Etiopia dove rimase ferita nel combattimento di Uadi Korak del 17 aprile 1936. Promosso sergente maggiore nel luglio 1937, fece parte delle truppe del Governo dell'Harar fino al suo ritorno in Italia, luglio 1938.[2] Trasferito dapprima al 4º Reggimento fanteria carrista di stanza a Roma, dopo la promozione a sottotenente in servizio permanente effettivo, conseguita nel novembre dello stesso anno con anzianità 1936, fu trasferito al 1º Reggimento fanteria carrista.[2] Nel novembre 1939 fu assegnato al 33º Reggimento carri della 133ª Divisione corazzata "Littorio", ed assegnato alla 29ª Compagnia del II Battaglione, nel giugno 1940 partecipò alle operazioni belliche sul fronte occidentale.[2] Promosso tenente in agosto, con anzianità 1938, nell'aprile 1941 partecipò all'invasione della Jugoslavia compiendo l'avanzata su Karlovac ed Otocac e quindi su Knin e Mostar.[2] Sostituito nella Divisione il 33° con il 133º Reggimento carri, passò in servizio presso questo ultimo reggimento con il quale partì nel marzo 1942 per l'Africa Settentrionale Italiana.[2] Promosso capitano pochi mesi dopo, assunse il comando della 3ª Compagnia del IV Battaglione e, dopo avere partecipato all'offensiva italo-tedesca dell'estate 1942, raggiunse il fronte di El Alamein, dove nel mese di luglio riportò una seconda ferita nei combattimenti di El Qattara.[2] Il 23 ottobre 1942 iniziò la violenta offensiva lanciata dalle truppe britanniche, ed egli cadde in combattimento due giorni dopo nel corso della seconda battaglia di El Alamein.[2] Fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[2] Una caserma di Roma ha portato il suo nome. Onorificenze«Comandante di compagnia carri M., a malgrado della critica situazione tattica, dei mezzi inadeguati, delle condizioni ambientali particolarmente difficili, la guidava con superbo slancio all’attacco di soverchianti forze corazzate, contribuendo, con abile manovra e singolare audacia, ad un netto successo. Caduti i tre quarti degli ufficiali e lo stesso comandante di battaglione, io sostituiva e, coi carri superstiti, benché il suo fosse stato colpito, incalzava arditamente l’avversario. Gravemente ustionato, ferito alla gola ed al petto e con un braccio stroncato, non desisteva dall’azione alla quale, imperterrito, imprimeva rinnovato vigore col suo eroico esempio e, nella luce della vittoria, immolava la sua vita per l’onore delle armi d’Italia, con fermando anche tra i suoi carristi, le salde virtù di comandante capace e valoroso di cui aveva dato prove luminose in precedenti campagne di guerra. — Africa Settentrionale, ottobre 1942.[3]»
— Decreto del Presidente della Repubblica 26 settembre 1949.[4] «Non potendo, per la carica che disimpegnava, concorrere direttamente a snidare il nemico abissino, si offriva volontariamente a sostituire il capocarro mitragliere ferito a morte. In una azione, pur rimanendo ferito al braccio sinistro da una pallottola entrata nel carro che gli lacerava le parti molli, insisteva a rimanere al suo posto di combattimento e non si faceva medicare se non quando tutto il plotone era rientrato alla posizione di raccolta. Esempio di calma, serenità e sprezzo del pericolo. Uadi Korrak (Gianagobo), 17 aprile 1936.»
avanzamento per merito di guerra
«In molteplici combattimenti ha costantemente dimostrato di possedere spiccate qualità di combattente, sano criterio tattico, singolare ardire. Vicecomandante di plotone carri d'assalto, costatata la inefficienza delle proprie armi, non esitava ad uscire dal proprio carro per lanciare bombe a mano contro il nemico appostato in caverne. In aspro combattimento di offriva, volontariamente, quale pilota, un carrista colpito a morte. Ferito a sua volta rifiutava insistentemente di farsi medicare fino a combattimento ultimato. In altro combattimento, con slancio, ardire, e col fuoco preciso delle proprie mitragliatrici, sventava un tentativo avversario di accerchiamento. Costante esempio ai dipendenti di perizia, sangue freddo e sprezzo del pericolo. Campagna italo-etiopica, 1935-1936. Grandi operazioni di polizia, 1936-1937.»
— Regio Decreto 24 novembre 1938-[5] Note
Bibliografia
Voci correlateCollegamenti esterni
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