Tina CostaTina Costa (Gemmano, 11 novembre 1925 – Roma, 20 marzo 2019) è stata una partigiana e sindacalista italiana. BiografiaNata a Gemmano in provincia di Rimini da una famiglia antifascista (il padre Matteo era socialista, la madre Tullia e i suoi fratelli erano comunisti)[1], Costa abbraccia sin da giovane la fede politica di famiglia, rifiutandosi di indossare a scuola la divisa di figlia della lupa[2], cosa che la rese vittima di numerose angherie da parte dei docenti.[3] Durante la guerraDurante la seconda guerra mondiale, Tina Costa prende parte alla Resistenza, iscrivendosi inoltre al Partito Comunista Italiano già durante la guerra d'Etiopia[1], ed esegue, in numerose occasioni, missioni di staffetta, soprattutto lungo la linea Gotica.[4] Il 14 agosto 1944, Tina Costa aveva ricevuto il compito di raggiungere tre partigiani, Mario Capelli, Luigi Nicolò e Adelio Pagliarani, al centro di Rimini; tuttavia, Costa fu avvisata in extremis di non recarsi al luogo dell'incontro, raccomandazione che si rivelò provvidenziale, poiché quel giorno i Tre Martiri furono catturati dai nazifascisti, torturati e impiccati due giorni dopo.[5] Durante la guerra fu arrestata insieme alla madre e uno dei fratelli, venendo condannata all'internamento nel lager di Fossoli.[1] Tuttavia, durante il trasporto, il convoglio fu colto di sorpresa da un bombardamento e lei e la sua famiglia ne approfittarono per fuggire e mettersi in salvo.[6] AttivismoNel dopoguerra, rimasta iscritta al PCI fino alla sua dissoluzione nel 1991, aderì poi a Rifondazione Comunista, con cui si candidò alle elezioni europee del 1999, senza risultare eletta. È stata, inoltre, fino alla morte un membro attivo della CGIL[7] ed esponente del direttivo nazionale dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia[5], della cui sezione provinciale romana era anche vicepresidente vicaria.[8] Nel 1960, trasferitasi da Rimini a Roma, prese parte alle protese contro il governo Tambroni, che godeva del sostegno parlamentare da parte del Movimento Sociale Italiano, evitando poi l'arresto fingendosi una turista.[1] Nel giugno 2018, è stata sostenitrice e in seguito anche testimonial della manifestazione del gay pride tenutasi quel mese a Roma, schierandosi apertamente contro le dichiarazioni del ministro per le politiche familiari Lorenzo Fontana.[9] MorteÈ morta a Roma il 20 marzo 2019, all'età di 93 anni[10], dopo una breve malattia.[8] Cordoglio per la sua morte è stato espresso dal presidente del Lazio Nicola Zingaretti e dalla sindaca di Roma Virginia Raggi.[11] Note
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