SuperbiaLa superbia è la pretesa di meritare per sé stessi, con ogni mezzo, una posizione di privilegio sempre maggiore rispetto agli altri. Essi devono riconoscere e dimostrare di accettare la loro inferiorità correlata alla superiorità indiscutibile e schiacciante del superbo. ReligioneNella dottrina morale cattolica la superbia è considerata il peccato narcisistico per eccellenza. Tommaso d'Aquino affermò che "Il superbo è innamorato della propria eccellenza"[1], mentre sant'Agostino nel De civitate dei dichiara che «Il Diavolo non è un lussurioso, né un ubriacone, né altre simili cose: è invece superbo e invidioso»[2]. Il superbo vuole essere padrone e sovrano di sé, autonomo e indipendente da Dio e dal prossimo. Gregorio Magno definì la superbia come la madre di tutti i vizi e come vana gloria (inanis gloria). Anche nel pensiero di Evagrio Pontico superbia e vanagloria erano i peggiori vizi, gli unici che attaccavano il nous, la parte razionale dell'anima umana. Secondo Gregorio, nel Commento a Giobbe, la superbia si riconosce da quattro atteggiamenti:[3] «Quando si pensa che il bene derivi da noi stessi; quando si crede che, se ci viene dato dall’alto, è per i nostri meriti; quando ci si vanta di avere ciò che non si ha; quando, disprezzando gli altri, si aspira ad apparire gli unici dotati di determinate qualità>» La superbia viene raffigurata pure da Dante Alighieri nell'opera Divina Commedia come il leone, una delle tre fiere. MitologiaAlla superbia è legato il mito di Niobe, punita dagli dei per la sua superbia. Apollo ed Artemide la punirono uccidendo, rispettivamente, i sette figli e le sette figlie. Niobe, ormai conscia della sua colpevolezza, pregò Zeus di trasformarla in pietra. PsicologiaIl superbo è incapace di fare autocritica, vive in isolamento, con un disprezzo cinico dell'altro, spesso si autodefinisce un giusto incompreso e perseguitato, cadendo nel vittimismo[1].
Secondo Lacan, al culto di sé è associata una medesima pulsione psichica di tipo aggressivo, che può giungere a manifestarsi in tendenze omicide o suicide. In accordo con gli insegnamenti buddhisti, Lacan ha ritenuto l'amore morboso di sé come la radice di tutte le malattie mentali. IconografiaI simboli che nell'arte accompagnano la raffigurazione della superbia sono generalmente il pavone, lo specchio (nel quale a volte si scorge il riflesso di Satana) e il pipistrello. Nell'iconografia rinascimentale può capitare di trovarla con attributi come il leone o l'aquila. Così ne descrive la figura allegorica Cesare Ripa nella sua Iconologia del 1611:
PersonaggiQuando la superbia si associa a vanterie pubbliche, la drammaturgia trae spunto per personaggi comici, tra i quali:
Note
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