San Sebastiano (Silvestro dell'Aquila)
Il San Sebastiano è una scultura in legno intagliato e dipinto di Silvestro dell'Aquila.[1] StoriaL'opera fu commissionata per la chiesa di Santa Maria del Soccorso, la cui costruzione — avvenuta tra il 1469 ed il 1472[2] — era stata finanziata dal ricco mecenate Jacopo di Notar Nanni.[A 1] All'edificazione della chiesa parteciparono i compagni di bottega Giovanni di Biasuccio[3] — che realizzò il tabernacolo della cappella della Madonna del Soccorso — e lo stesso Silvestro dell'Aquila, cui viene tradizionalmente attribuita l'invenzione architettonica della facciata, eretta alla fine del XV secolo.[4] Il committente vero e proprio fu l'abate Domenico Antonio Caprini d'Arischia, il cui nome si legge nell'iscrizione del basamento insieme alla data del 1478.[5] Il nome dell'abate, insieme a quello di Silvestro, compaiono inoltre nel contratto stipulato per l'esecuzione dell'opera, conservato presso la biblioteca provinciale Salvatore Tommasi.[6] L'attribuzione certa a Silvestro — citata già dal Leosini[7] e ribadita successivamente dal Chini[5] — rende la statua importante per la ricostruzione storica della formazione dell'artista.[5] Dalla seconda metà del XX secolo, l'opera fa parte della collezione del Museo nazionale d'Abruzzo dell'Aquila.[6] DescrizioneL'opera è tra le più note espressioni dell'arte rinascimentale d'Abruzzo.[5] Riproduce il martirio di San Sebastiano, riprodotto in piedi, legato ad un tronco d'albero e trafitto dalle frecce, in momento di estasi mistica dovuta al dolore;[6] il santo ha, inoltre, la bocca semiaperta e lo sguardo rivolto verso l'alto.[5] La policromia originale è perfettamente conservata.[5] Venne realizzata da Silvestro dell'Aquila nel momento della sua affermazione artistica, contemporaneamente all'edificazione del mausoleo di Amico Agnifili per il Duomo dell'Aquila.[8] Per la sua datazione — centrale nella genesi artistica dello scultore aquilano — ed i suoi riferimenti, è tra le opere più discusse dalla critica storica.[5] Viene ricondotto a numerose opere coeve, soprattutto di matrice toscana, tra cui il David del Verrocchio, il San Sebastiano di Antonio Rossellino e la Maddalena penitente di Desiderio da Settignano.[8] La formazione fiorentina dell'artista[A 2] è visibile anche nella cura dei dettagli e nella raffinatezza della plasticità del volto e del corpo del martire, ancora una volta da ricondurre all'influenza verrocchiesca seppur con richiami all'arte umbra-urbinate, come evidenziato dal Bologna.[9] Il basamento reca un'iscrizione lacunosa in cui è citato il committente dell'opera, l'abate Domenico Antonio Caprini d'Arischia:[7] HOC OPVS FECIT FIERI D. DOMENICVS NoteAnnotazioni
Fonti
Bibliografia
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