Le pratiche di sacrificio animale nell'Induismo sono per lo più associate con lo Shaktismo e nelle correnti folcloristiche e popolari radicate nelle tradizioni locali. I sacrifici di animali sono stati effettuati fin dai tempi antichi nel subcontinente indiano; le scritture vediche come i Purana proibiscono invece i sacrifici animali[1][2][3][4].
Terminologia
Un termine in lingua sanscrita usato per il sacrificio degli animali è bali, nel senso originario di "tributo, offerta o oblazione" genericamente intesa, che può essere di tipo vegetale ma anche animale"[5]. La parola bali tra le altre cose si riferisce anche al sangue di un animale[5] ed è a volte conosciuto come Jhatka Bali[6][7] tra gli indù.
Il Kalika Purana distingue tra bali (sacrificio) e mahabali (grande sacrificio), consistente nell'uccisione rituale di capre ed elefanti rispettivamente, anche se il riferimento per gli esseri umani nella filosofia Shakti è simbolico e viene fatto in effigie nei tempi moderni[8].
Pratica
Si tratta di un rituale che si pratica fino ad oggi e menzionato nelle antiche scritture vediche. È importante notare che la pratica del sacrificio animale non è un rituale richiesto espressamente in alcune sette dell'Induismo; la maggior parte degli indù oggi scelgono di non partecipare o di riconoscere la pratica[9]. Gli aderenti della setta Shakta lo mantengono come un principio centrale della loro cultura[10].
^ab Hillary Rodrigues e Sumaiya Rizvi, Blood Sacrifice in Hinduism, su mahavidya.ca, Mahavidya, 10 giugno 2010, p. 1. URL consultato il 17 agosto 2010 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2011).
^ Madan Gopal, India through the ages, a cura di K.S. Gautam, Publication Division, Ministry of Information and Broadcasting, Government of India, 1990, p. 75.
^"" Pramatha Nath Bose, A History of Hindu Civilization During British Rule, vol. 1, p. 65