Solnit nacque a Bridgeport, Connecticut, da padre ebreo e madre cattolica irlandese[2]. La sua famiglia si trasferì nel 1966 a Novato, in California, luogo dove passò l'infanzia. Solnit ha dichiarato di essere stata maltrattata da bambina[3]. Saltò completamente il liceo, iscrivendosi invece a una scuola superiore alternativa pubblica, che le fornì l'istruzione necessaria per passare il GED. S'iscrisse quindi a un junior college. All'età di 17 anni andò a studiare a Parigi. Tornò poi in California per terminare l'istruzione universitaria presso la San Francisco State University[4]. Nel 1984 conseguì la laurea magistrale in giornalismo presso l'Università della California - Berkeley, e lavora come scrittrice indipendente dal 1988[5].
Carriera
Attivismo
Solnit ha sostenuto campagne ambientaliste e per i diritti umani a partire dagli anni 1980, collaborando in particolare con il Western Shoshone Defense Project nei primi anni 1990, come descritto nel suo libro Savage Dreams, e con attivisti pacifisti durante il governo Bush[6]. Ha parlato del suo interesse per il cambiamento climatico e per le attività di 350.org e del Sierra Club, nonché nei diritti delle donne, e in particolare la violenza contro le donne[7].
Scrittura
Gli scritti di Solnit sono apparsi in numerosi pubblicazioni stampate e in rete, tra cui The Guardian e Harper's Magazine, per il quale è stata la prima donna a scrivere regolarmente la rubrica "Easy Chair", fondata nel 1851. Pubblica inoltre con regolarità sul blog di argomento politico TomDispatch e su LitHub[8][9].
Solnit è anche autrice di diciassette libri, nonché saggi pubblicati su numerosi cataloghi di musei e antologie. Il suo libro del 2009 A Paradise Built in Hell: The Extraordinary Communities that Arise in Disaster ha avuto inizio sotto forma di un saggio chiamato The Uses of Disaster: Notes on Bad Weather and Good Government, pubblicato da Harper's Magazine il giorno in cui l'uragano Katrina ha investito la costa del Golfo degli Stati Uniti. È stato in parte ispirato al terremoto di Loma Prieta del 1989, che Solnit ha descritto come «un'occasione notevole… un momento in cui la vita quotidiana s'è interrotta e la gente s'è guardata attorno e accovacciata». In una conversazione con la produttrice Astra Taylor della rivista BOMB, Solnit ha così riassunto il tema radicale di A Paradise Built in Hell: «Ciò che accade in occasione dei disastri dimostra tutto quello che un anarchista abbia mai voluto credere sul trionfo della società civile e sul fallimento dell'autorità istituzionale»[6].
Nel 2014 Haymarket Books ha pubblicato Gli uomini mi spiegano le cose (Men Explain Things to Me)[10], una collezione di saggi brevi scritti da Solnit riguardo a episodi di mansplaining, un termine che è stato utilizzato per descrivere una modalità di linguaggio paternalistica, tipicamente quando adottata dagli uomini nei confronti delle donne[11][12][13]. Benché Solnit non abbia inventato il termine, le viene generalmente accreditata l'articolazione del concetto[14][15].
Mark Klett, Solnit Rebecca Wolfe Byron, Yosemite in Time: Ice Ages, Tree Clocks, Ghost Rivers, San Antonio, Trinity University Press, 2005, ISBN978-1-59534-042-9.
2018: Call Them by Their True Names: American Crises (and Essays), ha vinto il Kirkus Prize 2018 per la saggistica, Chiamare le cose con il suo nome, trad. L. de Tomasi, Milano, Salani, Ponte delle Grazie. 2019
^(EN) Rebecca Solnit, su tupress.org, Trinity University Press, 2014. URL consultato il 9 luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 25 dicembre 2018).
^ab Astra Taylor, Rebecca Solnit, in BOMB Magazine, Autunno 2009. URL consultato il 9 luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 2 settembre 2009).
^(EN) Anna Robinson, The Art of Mansplaining, in The Nation Institute. URL consultato il 9 luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 4 febbraio 2017).