Ramnete
Ramnete, a volte tradotto anche con la forma Rannete (in latino Rhamnes), è un personaggio della mitologia romana, sovrano di un'imprecisata città italica, presente tra l'altro nel nono libro dell'Eneide di Virgilio. Il mitoIl ritrattoFigura di re e augure insieme, dotato dunque di virtù profetiche, Ramnete compare nella guerra contro i Troiani di Enea, al fianco del coetaneo Turno, il giovane sovrano dei Rutuli, cui è legato da un rapporto di grande amicizia. Partecipa ai fatti d'arme con tre servi al seguito, poco più che ragazzi. La morteRamnete è tra i quattordici giovani condottieri scelti da Turno per l'assedio notturno al campo troiano. Il suo destino si compie proprio in quest'occasione: nonostante l'arte augurale, egli si rivela incapace di prevedere la propria fine violenta. Mentre russa affannosamente su un cumulo di tappeti viene infatti aggredito dal giovane troiano Niso, che insieme all'amico Eurialo è penetrato furtivamente nell'accampamento dei Rutuli; Niso colpisce con la spada Ramnete alla gola provocandone la morte, quindi allo stesso modo uccide i suoi servi lì accanto distesi imprudentemente in mezzo alle armi, nonché lo scudiero e l'auriga di un altro giovane condottiero, Remo (che invece subirà la decapitazione, assieme ad alcuni suoi guerrieri): " Sic memorat vocemque premit; simul ense superbum ( Publio Virgilio Marone, Eneide, vv.324-331). " Così dice, e frena la voce: ed ecco di spada il superbo (traduzione di Rosa Calzecchi Onesti) Prima di uscire dal campo nemico, Eurialo s'impadronisce delle preziose falere portate da Ramnete; secondo il testo virgiliano, durante un conflitto precedente il sovrano italico aveva spogliato di esse un guerriero tiburtino da lui ucciso, nipote di un certo Remulo. La morte di Ramnete verrà scoperta solo dopo quella di Eurialo e Niso. " Né minor pianto nel campo, come scopron Ramnete (traduzione di Rosa Calzecchi Onesti) Interpretazione dell'episodio e realtà storica " Detto questo, inghiotte la voce, e mulinando la spada (traduzione di Vittorio Sermonti) Orgoglioso condottiero amante del fasto oltre che pessimo vaticinatore, Ramnete diventa oggetto del dileggio di Virgilio, che gli riconosce tuttavia il valore in guerra (dimostrato nella guerra contro i tiburtini) e soprattutto il sincero attaccamento a Turno e alla sua causa; la grande costernazione che la morte di Ramnete suscita tra i Rutuli depone anch'essa per un riconoscimento di qualità positive, mancanti invece in Tolumnio, colui che sarà designato quale nuovo augure dell'esercito italico. L'amicizia fraterna dei due sovrani è evidenziata dalla presenza, in uno stesso verso, dei termini rex e regi riferiti rispettivamente a Ramnete e a Turno. Altro elemento interessante è l'epiteto 'superbo', col quale nel poema non viene definito solo Ramnete ma anche Turno quando sottrae il balteo all'ucciso Pallante per appropriarsene e metterlo in bella mostra; memore di quel che gli aveva detto l'anima di suo padre Anchise (" Parcere subiectis et debellare superbos ", libro sesto del poema), Enea non risparmierà Turno dopo averlo sconfitto. Anche se la superbia in Ramnete e Turno non è sinonimo di tracotanza innata, di senso d'onnipotenza (di cui sono invece portatori altri nemici di Enea, tra cui Mezenzio, Tarquito e Numano, cognato di Turno), ma essenzialmente una vanità che trae origine da stimoli legati al possesso: esibire i tappeti, ostentare un balteo. La totale assenza di qualsiasi forma di superbia è ciò che rende Enea diverso da Turno e Ramnete, mentre lo accomunano a loro tante virtù, tra cui il valore in guerra e la reverenza verso gli dei. Degna di nota, poi, l'assonanza del nome dell'augure con una delle tre tribù primitive di Roma, i 'Ramnes' (etruschi meridionali, divenuti poi latini) [1]. La radice onomastica sembrerebbe la stessa, benché modificatasi nel tempo: in tal caso è da ritenere che Virgilio voglia sottolineare come il ricordo di Ramnete sia sopravvissuto nella memoria collettiva, il che può confermare appunto quanto di buono si trova nel personaggio nonostante l'orgoglio di cui è pieno. Una leggera ironia si riscontra anche nella caratterizzazione degli innominati servi, tre ragazzi disposti in modo da formare un vero e proprio groviglio di corpi, per di più imprudentemente addormentati tra le armi. Ma per quanto negligenti siano, essi appaiono comunque molto fedeli al loro re: l'avverbio iuxta, ovvero 'accanto', sottolinea il senso di devozione. L'episodio di Ramnete trova una corrispondenza nel decimo libro dell'Iliade, dove il giovane re tracio Reso viene ucciso da Diomede che lo sorprende mentre dorme: comune a entrambi i personaggi è anche il dettaglio del respiro affannoso. Tuttavia quello di Ramnete è un sonno beato, mentre Reso è in stato di forte agitazione vedendo in sogno il proprio assassinio. " piomba su Reso il fier Tidìde, e priva (Omero, Iliade, libro X, traduzione di Vincenzo Monti) Sempre nell'Iliade è presente la figura di Ennomo, condottiero e augure misio che come Ramnete perisce senza aver previsto la propria rovina (verrà ucciso in battaglia da Achille); si tratta tuttavia soltanto di un'anticipazione della morte di questo personaggio, che doveva essere narrata in un poema successivo del ciclo troiano (perduto). " Dei Misi Cromi era a capo, e l'augure Ennomo (Omero, Iliade, libro II, traduzione di Rosa Calzecchi Onesti) Fortuna dell'episodio
" Nec tu quam Rhesus somno meliore quiescas (Ovidio, Ibis, vv.627-31) " Possa tu riposare di un sonno non migliore di quello di Reso e dei guerrieri, compagni di Reso prima nel viaggio e poi nella morte, e di quelli che col rutulo Ramnete furono uccisi dal non pigro figlio di Irtaco e dal compagno del figlio di Irtaco " (traduzione di Francesco Della Corte)
" Così disse egli, e tosto il parlar tenne, (Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, canto 18)
Curiosità
" Così dice, e si tace; e d'improvviso (traduzione di Adriano Bacchielli)
Note
BibliografiaFonti
Traduzione delle fonti
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