Quinto Cecilio Metello Nepote minore
Quinto Cecilio Metello Nepote minore (in latino Quintus Caecilius Metellus Nepos minor; 100 a.C. circa – 55 a.C.) è stato un politico e militare romano, che ricoprì diverse cariche istituzionale della Repubblica. BiografiaFiglio adottivo di Quinto Cecilio Metello Nepote, fu tribuno nel 62 a.C., pretore nel 60 a.C., console nel 57 a.C. e governatore della Spagna Citeriore nel 56 a.C. Fu, come il fratello Quinto Cecilio Metello Celere, legato di Pompeo Magno tra il 67 a.C. e il 63 a.C., durante le campagne in Asia e nella lotta con i pirati. Dopo il suo ritorno a Roma, venne eletto tribuno della plebe insieme a Marco Porcio Catone l'Uticense per l'anno 62 a.C. Condusse una violenta campagna contro Cicerone, che accusò davanti al popolo e al Senato romano di aver fatto condannare a morte alcuni complici di Catilina. Alla fine del consolato di Cicerone, gli impedì, apponendo il veto, di pronunciare il discorso finale del consolato.[1] Propose inoltre, insieme a Giulio Cesare, che Pompeo Magno venisse richiamato a Roma con il suo esercito per riportare l'ordine e la legalità, ma l'idea non venne accolta in Senato, incontrando l'accanita opposizione di Catone[2]; allora Metello proseguì nella sua proposta, nonostante il veto di Catone e presentò la proposta di legge all'assemblea dei plebei, senza l'autorizzazione del Senato. Catone si presentò all'assemblea e oppose il suo veto in pubblico. Metello continuò a proclamare la proposta, perfino pronunciandola a memoria dopo che gli fu strappata dalle mani da Catone stesso, fino a che gli fu tappata la bocca con le mani. Scoppiò una colluttazione nell'assemblea, che non fece passare la legge. Questi avvenimenti portarono il Senato a proclamare un Senatus consultum ultimum, in supporto di Catone. Metello riparò allora presso Pompeo, uscendo dall'Urbe, azione illegale per un tribuno della plebe, che avrebbe dovuto avere l'obbligo a restare a Roma.[3] Cesare, per solidarietà, rinunciò alla sua pretura, ma, dopo essere riuscito a calmare il popolo, che era venuto furioso davanti a casa sua per chiedergli di marciare contro il Senato, gli fu ripristinata la carica di pretore, anche se Catone votò contro la proposta.[4] Fu eletto pretore nel 60 a.C., anno in cui promulgò una lex Caecilia de vectigalibus che avrebbe abolito i portoria, cioè le gabelle dall'Italia, nonostante l'opposizione del Senato, che non voleva fosse Metello Nepote a proporre la legge.[5] In seguito divenne console nel 57 a.C. e si oppose a Publio Clodio Pulcro insieme a Cicerone, con cui nel frattempo si era riappacificato. Attraverso la sua influenza e a quella del console collega Publio Cornelio Lentulo Spintere Cicerone venne riabilitato e poté tornare a Roma. Nel 56 a.C. venne nominato governatore della Spagna Citeriore e si stabilì a La Coruña, dove i Vaccei avevano sconfitto suo padre. Note
Bibliografia
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