Pudore

Il pudore, o anche la pudicizia, è un'attitudine dell'individuo dettata da un sentimento di riserbo, discrezione e intimità, che evita di ostentare o esprimere ciò che può contrastare con la morale o i codici sociali.[1] È legato alla relazione con l'altro, regolata da regole di comportamento vigenti in una determinata società[2] e, nel caso della civiltà occidentale, ciò attiene prevalentemente al corpo ed alla sessualità[3].

Pudore, statua in marmo di una donna parzialmente drappeggiata, ad opera di Jean-Louis Jaley (1875)

Si differenzia dalla decenza, che obbedisce a codici di condotta esteriori[4], perché il pudore - limitando l'esibizione del corpo o la dimostrazione di emozioni - determina una reazione interiore al soggetto, quando percepisce che il limite è attraversato[5].

Etimologia

Il termine pudore discende dal latino pudor (derivato di pudere, "aver vergogna"), che esprimeva sentimenti di riserbo, ma anche di disagio o avversione, nei confronti di atti, parole, allusioni, comportamenti[6]. In tale accezione, appare simile all'impiego del sintagma greco aidôs, che univa il sentimento dell'onore[7], della modestia, del timore, del ritegno e del rispetto in un unico termine[8]; anche a Roma, infatti, il pudore "fa parte dell'identità civica"[9] e, insieme con la fides e la pietas, può essere espresso sia da uomini che da donne[10].

Nell'accezione che riguardava il genere femminile, il latino conosceva anche il sintagma pudicitia, rappresentato da un'apposita divinità (con la cui effigie nel 270 a.C. vennero coniate monete), titolare di templi nell'Urbe. Anche in questa declinazione, comunque, il bene tutelato era più ampio della mera sfera sessuale, estendendosi alla "difesa della dignità femminile"[11], sia pure con riferimento alla sola matrona che, proprio in quanto tale, era "fisicamente intangibile"[12].

In un determinato utilizzo per metonimia, pure presente in tempi moderni, si possono rinvenire ancora tracce dell'antico utilizzo avulso dal riferimento corporeo[13].

Nella morale religiosa

Pudicizia, scultura di Antonio Corradini (1752)

"La nudità dell'uomo e della donna può divenire la metafora visibile sia del loro incontro sia della loro vergogna"[14], per cui il racconto della Genesi sulla nudità di Adamo ed Eva (§ 3, 7) venne fatto oggetto, anche sotto questo profilo, delle riflessioni di sant'Agostino sull'origine del peccato originale.

Se «Stendhal diceva che "la pudicizia è la madre dell'anima" e se C. L. Musatti ha detto che l'amore trova nel pudore la via migliore per proteggersi e isolarsi»[6], è però vero che il dominio manifesto di desideri e piaceri, come resistenza allo svelamento e all'oggettivazione del corpo, rivela le "pulsioni autentiche in cui si incarna l'uomo". In questo senso, se ne può far risalire una precettistica religiosa che è asseritamente volta a prevenire comportamenti antisociali[15].

Nell'antropologia

Lucien Lévy-Bruhl ha per primo contestato la natura costante ed invariabile del pudore, collegandolo alle varie civilizzazioni succedutesi nella storia umana[16]. Successivamente, a partire dalle società melanesiane, Margaret Mead ha, anche sotto questo profilo, dimostrato che le differenze tra i sessi non sono solo biologiche, ma anche istituzionalizzate dalle società[17].

La rilevanza antropologica del pudore ne fa emergere anche le varie manifestazioni e deformazioni [18], nonché i nodi psicopatologici. Eppure, per Maurice Merleau-Ponty, "la stessa ragione che ci impedisce di ridurre l'esistenza a corpo o alla sessualità ci impedisce anche di ridurre la sessualità all'esistenza", visto che "il pudore, il desiderio, l'amore sono incomprensibili se si tratta l'uomo solo come un fascio d'istinti"[19].

Note

  1. ^ Pudicizia, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. ^ E. LITTRÉ, Dictionnaire de la langue française, Paris, 1863, s. v.
  3. ^ "Il pudore si oppone sempre allo svelamento di una regione del corpo come a quello di un sentimento, che deve restare nel segreto, nei territori interni": Bruno Callieri, Pudore, in Universo del Corpo (2000)
  4. ^ Nel "rispetto di un certo galateo linguistico, di una retorica (...) dell’onesta dissimulazione" vede "un codice preciso del comportamento cortigiano" Chiara Lastraioli, Ingegneria del dialogo nel «Ragionamento delle corti» di Pietro Aretino, Studi italiani. A.9 (N.1), 1997, p. 13.
  5. ^ A. REY, «Pudeur», Dictionnaire culturel en langue française, ID. dir., Paris, 2005, p. 2225.
  6. ^ a b Bruno Callieri, Pudore, in Universo del Corpo (2000).
  7. ^ Il collegamento tra i due valori è rimasto nella massima di Alfred de Vigny «l'onore è il pudore virile. La vergogna di sottrarsi ad esso è inaccettabile per noi» (in Servitù e grandezza della vita militare).
  8. ^ Gaëlle Deschodt, La pudeur, un bilan, «Hypothèses», 2010/1, n. 13, pp. 95 - 105, Éditions de la Sorbonne, ISSN 1298-6216
  9. ^ P. CORDIER, Nudités romaines: un problème d’histoire et d’anthropologie, Paris, 2005, p. 10, 19.
  10. ^ Almeno fino all'impero: nella Consolazione a Helvia Seneca evoca il pudore come la virtù femminile per eccellenza.
  11. ^ Espressa con locuzioni diverse, ma sostanzialmente coincidenti (matronale decus verecundiae; Val. Max. 2.1.5.; pudicitiae reverentia: Ianuar. Nepot. 10.4.).
  12. ^ Cosimo Cascione, Breviter su D. 25.2.2 (Gai. Ad Ed. Praet. Tit. de re Iud.), Fundamina, Vol. 20, Issue 1 (2014), pp. 134-138.
  13. ^ Claudio Tommasi, Il pudore della ricchezza. Usura, lusso e filantropia nei Paesi Bassi durante il primo Seicento, Filosofia politica, fascicolo 3, dicembre 2003, p. 382 (doi: 10.1416/10082; ISSN 0394-7297).
  14. ^ Bruno Callieri, Pudore, in Universo del Corpo (2000)
  15. ^ Sugli "indumenti come il niqab o il burqa che, secondo i casi, si ritengono indispensabili a tutelare pudicizia e modestia delle donne", v. Tecla Mazzarese, Fundamental Rights and (the Failure) of Their Protection between Challenges of (Inter)National Constitutionalism and Disorder of Legal Sources, 17 Diritto & Questioni Pubbliche 110 (2017), Vol. 17, Issue 1 (2017), pp. 110-142.
  16. ^ L. LEVY-BRUHL, La Morale et la science des moeurs, Paris, 1903.
  17. ^ M. MEAD, Sex and Temperament in Three Primitive Societies, New York, 1935
  18. ^ G. de Vincentiis, B. Callieri, Psicologia e psicopatologia del pudore, Roma, Il Pensiero Scientifico, 1974.
  19. ^ M. Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception, Paris, Gallimard, 1945, p. 194 e p. 198.

Bibliografia

  • J. de Vaissière, La pudeur instinctive, Paris, Éditions du Cerf, 1935.
  • M. Scheler, La pudeur [1933], Paris, Aubier, 1952.
  • M. IACUB, Par le Trou de la serrure. Une histoire de la pudeur publique (XIXe-XXIe siècle), Paris, 2008
  • D. Vasse, Pudeur, in Dictionnaire de spiritualité ascétique et mystique, sous la direction de A. Rayez, A. Derville, A. Solignac, 12° vol., Paris, Beauchesne, 1987.

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