Peter Wessel ZapffePeter Wessel Zapffe (Tromsø, 18 dicembre 1899 – Asker, 12 ottobre 1990) è stato uno scrittore e filosofo norvegese. Si fece conoscere per la sua visione pessimistica e fatalista dell'esistenza umana, nonché antinatalistica e nichilista.[1] Le sue idee fondamentali riguardo al problema dell'esistenza sono riportate nel saggio esistenzialista L'ultimo messia (Den sidste Messias 1933), che altro non è che una versione più breve del suo ben più conosciuto trattato filosofico Sul tragico (Om det tragiske 1941). Chiamò la sua scuola di pensiero biosofia. Le sue idee sono la base di partenza del saggio La cospirazione contro la razza umana di Thomas Ligotti, il quale dedica l'opera proprio in memoria del filosofo. Al contrario di Ligotti, Zapffe si autodefiniva "nichilista ma non pessimista".[2] BiografiaZappfe fu un appassionato scalatore e un prolifico autore di brevi racconti umoristici sull'alpinismo e altre avventure, mostrando un precoce interesse per l'ambientalismo; un monumento a lui dedicato è presente sulla vetta del monte Snøhetta. Nel 1928 partecipò alla spedizione di Roald Amundsen in soccorso del dirigibile Italia del comandante Umberto Nobile. Pensiero e citazioni«Secondo la mia concezione della vita, ho scelto di non portare al mondo figli. Una moneta è esaminata, e solo dopo un attento esame data a un mendicante, mentre un bambino è gettato nella brutalità cosmica senza esitazione.» Nella sua opera Zapffe sostiene che gli uomini nati con sovrasviluppata capacità di comprensione e di autocoscienza non si sposano con il disegno della natura. L'umano affaccendarsi per una giustificazione su questioni come la vita e la morte non possono trovare una risposta soddisfacente, perciò l'umanità ha un bisogno che la natura non può soddisfare. La tragedia, seguendo il ragionamento, è che l'uomo impiega tutto il tempo cercando di non essere umano. Quindi l'essere umano, è esso stesso un paradosso. Zapffe descrisse quattro meccanismi principali di difesa usati dal genere umano per evitare il paradosso suddetto:
Zapffe considerava l'uomo un paradosso biologico, avendo egli raggiunto una "eccedenza di coscienza"[3] che gli ha imposto più di quanto lui potesse sopportare e gli ha instillato la consapevolezza di dover morire. L'uomo, secondo Zapffe, analizza il passato e si crea aspettative di giustizia e significato dal futuro, nutre bisogni e desideri che non può soddisfare e l'unica cosa che gli consente di continuare a esistere in quanto specie è il confronto con la realtà ma esso lo costringe a sviluppare meccanismi di difesa, che possono essere osservati sia individualmente che socialmente, nei modelli di comportamento umano. Per Zapffe, l'umanità dovrebbe interrompere questo autoinganno e la conseguenza naturale sarebbe che si astenesse dalla procreazione, causando in tale modo la sua stessa estinzione.[4][5][6] «Ogni nuova generazione chiede – Qual è il senso della vita? Una via più efficace di porre la questione potrebbe essere – Perché l'uomo abbisogna di un senso della vita?» «L'uomo è un animale tragico. Non a causa della sua piccolezza, ma perché è sin troppo dotato. L'uomo ha desideri e aspirazioni spirituali che la realtà non può soddisfare. Abbiamo aspettazioni di un mondo giusto e morale. L'uomo esige un senso in un mondo senza senso.» «Il seme di una sconfitta metafisica o religiosa è in tutti noi. Tuttavia, per l'indagatore onesto, che non cerca rifugio in qualche fede o fantasia, non ci sarà mai una risposta.» «Veniamo da un inconcepibile nulla. Stiamo per un po' in qualcosa che ci sembra parimenti inconcepibile, solo per svanire ancora in un inconcepibile nulla.» «Sono fatti immediati quelli a cui dobbiamo metterci in relazione. Oscurità e luce, inizio e fine.» «La morte è una terribile provocazione. Sembra pressoché ovunque, presentando una severa ma efficace misura sia per i valori morali e i fondamenti etici.» «La morte è il più certo ed il più incerto evento che ci sia.» «L'umanità dovrebbe porre fine alla sua esistenza di sua volontà.» «Non sono più tanto preoccupato dal pensiero della mia morte. In sintesi, Peter Wessel Zapffe, non si è originato prima del 1899. Gli fu risparmiata la partecipazione immediata agli orrori degli anni precedenti, e non gli mancherà ciò che attende l'umanità alla fine della sua vertiginosa follia.» «Se si guarda la vita e la morte come processi naturali, l'orrore metafisico svanisce, e si ottiene la "pace della mente".» Diverse citazioni sono presenti nel documentario To be a Human Being – the philosopher Peter Wessel Zapffe in his 90th year (1989-90). «La coscienza è un ostacolo esistenziale, come ogni pessimista ben sa; un errore della natura cieca che, secondo Zapffe, ha condotto l'umanità in un buco nero della logica. Per continuare a vivere, dobbiamo far finta di non essere quello che siamo: esseri contradditori la cui continua esistenza non fa altro che peggiorare le nostre sofferenze di mutanti che incarnano la logica contorta del paradosso. Per correggere tale errore dovremmo desistere dal procreare. Cosa potrebbe esserci di più assennato e più urgente, dal punto di vista esistenziale, di un autoinflitto oblio? [...] Tutte le civiltà scompaiono. Tutte le specie si estinguono. L'universo stesso ha una data di scadenza. Gli esseri umani non saranno certo il primo fenomeno a tirare le cuoia. Ma potremmo essere i primi ad accelerare la nostra dipartita, tagliando corto prima che i cadaveri comincino ad ammassarsi.» OpereNon esistono traduzioni dirette in italiano ma solo in inglese
Note
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