Palazzo Marazzi (già Vimercati, Griffoni Sant'Angelo, Scotti)
Il palazzo Marazzi, già Vimercati, Griffoni Sant'Angelo, Scotti, è una dimora storica privata di Crema. StoriaSono scarne le informazioni relative alle origini di questo complesso. La prima notizia certa risale all'anno 1422, precisamente al testamento di Giovanni Tommaso Vimercati rogato dal notaio Vincenzo Martinengo, il quale lasciava in eredità i suoi averi agli eremitani di Sant'Agostino affinché vi costruissero il proprio convento[1]. Sembra che la donazione ad una istituzione religiosa fosse dovuta alla volontà di espiare le colpe del nonno Latino e del padre Giovanni per quanto avevano illecitamente guadagnato con la pratica dell'usura[1][2]. Il testamento Vimercati, tuttavia, era gravato di così tanti vincoli e legati da catturare l'attenzione del fisco che provvide ad incamerare l'eredità perché considerata proveniente da attività illecite[2]; fu per la volontà di Filippo Maria Visconti che con donazione ducale i beni furono ceduti agli eremitani[2]; ma i padri domenicani ne ostacolarono l'insediamento perché considerato troppo vicino al loro monastero, cosicché gli agostiniani scelsero un altro luogo nella Vicinia dei Terni[2]. Da qui e per alcuni decenni ci sono lacune documentali: nel 1526 vi dimorava la famiglia Griffoni Sant'Angelo, per cui è verosimile che gli agostiniani, non potendo godere dell'immobile, lo vendettero a questa famiglia[3]. Nel 1619 Leonarda Griffoni Sant'Angelo sposò il conte Ferdinando Scotti e la dimora passò alla casata piacentina alla quale vi rimase fino al conte Paolo deceduto nel 1774[4]. Successivamente nel 1815 il complesso veniva classificato come «osteria» di proprietà di Giacomo Gervasoni, con accesso dalla Contrada di Porta Ombriano (via XX Settembre[4]). Subentrò, quindi, Pietro Antonio Rampazzini che trasformò la dimora nell'«Albergo del Pozzo Nuovo» e divenne capolinea del servizio di trasporto pubblico fondato dallo stesso Rampazzini: si trattava di un servizio di trasporto giornaliero di persone verso e da Milano utilizzando velociferi, tipi di diligenze molto leggere[4]. Nel 1853[4], oppure nel 1863[5], subentrò quale proprietario dell'albergo e dell'azienda Vincenzo Folcioni; la ditta Vincenzo Folcioni & C. successore a P. A. Rampazzini effettuava due corse giornaliere Milano-Crema e ritorno sempre in coincidenza colla Ferrovia Milano-Treviglio[6]; con l'apertura della tratta ferroviaria Cremona-Treviglio l'attività di trasporto fu chiusa[4]. Folcioni morì nel 1883 e lo stabile passò alla famiglia Genzini a cui rimase fino al 1917 quando Carolina Luchini vedova Genzini vendette il palazzo al conte Fortunato Marazzi che ripristinò l'originaria destinazione residenziale[7] e ai cui discendenti rimane proprietario. Personalità legate al palazzoTra le personalità che dimorarono nello stabile che si distinsero in qualche campo si segnalano:
Ospiti illustriQuando il palazzo aveva la funzione di albergo ospitò il 10 aprile 1862 Giuseppe Garibaldi e i figli Ricciotti e Menotti. John Addington Symonds soggiornò nell'albergo e nel suo volume Sketches in Italy pubblicò un capitolo intitolato Crema and the Crucifix nel quale parlò anche del «museo» di Vincenzo Folcioni, manifestando scetticismo, tuttavia, sull'altisonanza dei nomi delle opere ivi conservate[11]. Il conte Mario Marazzi accolse il 17 maggio 1924 il principe Umberto II di Savoia, giunto a Crema per inaugurare il monumento voluto dal generale Fortunato (deceduto nel 1921[5].
CaratteristicheL'edificio si presenta esternamente molto sobrio e privo di una vera e propria facciata. Il lato prospiciente Via Marazzi presenta semplici aperture non incorniciate; solo due porte-finestre hanno elementi più elaborati, si tratta di ringhiere in ferro battuto. Secondo il Perolini l'ingresso che si apre lungo questa via era un tempo secondario[4]. Quello principale in passato sarebbe stato l'ingresso che dà su un vicolo ancora lastricato a rizzata con trottatoie che sbuca in Via XX Settembre; in fondo a questa viuzza un tempo denominata Cantoncello dei Conti Scotti[12], dal nome degli antichi proprietari, si presenta alla vista un apparato murario in mattoni a vista con apertura al piano terra una porta balconata con i segni di un restringimento al secondo e una terza semplice apertura. In alto termina con un accenno di cornicione[13]. Dai due ingressi si accede in un cortile perfettamente rettangolare e ciottolato; i due lati lunghi sono porticati con cinque archi a tutto sesto[5]; quello settentrionale, inoltre, ha un soffitto travato[14]. Le finestre al primo piano sono frutto di un riassetto ottocentesco[13] o di inizio Novecento[5]; quelle dei lati lunghi sono bifore lievemente arcuate, quelle dei lati corti sono aperture con architrave. Lungo il lato occidentale corre un balcone che si protende per un brevissimo tratto anche sui lati lunghi: alcuni mensoloni in pietra lo sorreggono, mentre la balaustra presenta colonnine e semicolonnine[5]. A conferire un'atmosfera molto particolare all'ambiente è la diffusa presenza di piante rampicanti[5]. Lo scalone con balaustra e gradoni in pietra serena sale con due rampe al piano superiore: qui è andata perduta la decorazione commissionata da Vincenzo Folcioni a Luigi Manini e realizzata nel 1866[15]; termina con un ballatoio loggiato in fondo al quale una lapide ricorda la visita del principe Umberto II[14]. Alcune sale presentano ancora soffitti di epoca quattrocentesca; una di questa, in particolare, conserva le tipiche tavolette lignee in uso all'epoca[14].
Il busto dedicato a Fortunato MarazziIn principio di Via Lucini è collocato un busto con effigie dedicato al conte Fortunato Marazzi: fu inaugurato nel 1922, ad un anno dalla scomparsa del generale, opera dello scultore Enrico Girbafranti. È accompagnato dalla seguente epigrafe: «FORTUNATO MARAZZI Nella dedica si cita, in particolare, la città di Gorizia: l'8 agosto 1916, infatti, a capo del VI Corpo d'armata, autorizzato dal generale Luigi Cappello, Fortunato Marazzi tentò l'irruzione sulla sinistra dell'Isonzo riuscendo dopo due ore di combattimenti a riconquistare la città occupata dagli austriaci[16]. Note
Bibliografia
Voci correlateAltri progetti
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