Palazzo Balleani
Il Palazzo Balleani è un'antica dimora nobiliare della città di Jesi, nelle Marche. Sorge in Piazza Federico II, tra il Duomo e il complesso di San Floriano. Costituisce un esempio dello stile rococò locale. Storia e descrizioneIl palazzo venne eretto a partire da maggio 1720[1][2] su disegno dell'architetto romano Francesco Ferruzzi[1][2]. Il palazzo si sviluppa su due piani (di rappresentanza al primo piano, e nobiliare, al secondo piano) più mezzanino e presenta un'elegante facciata che dà sulla piazza, dagli spigoli arrotondati, e una seconda, minore, che si apre verso il sagrato del Duomo. Il fronte principale è incentrato su una caratteristica balconata rococò dalla fastosa ringhiera bombata in ferro battuto sorretta da quattro possenti telamoni. L'opera venne realizzata nel 1723 dal ravennate Giovanni Toschini[2]. Lo stesso taschini, nel 1727 realizza anche la statua della Madonna col Bambino posta in una nicchia al centro della facciata. Dal 1725 si iniziò a lavorare negli appartamenti. L'interno colpisce per la ricchezza delle sale dai soffitti con volte a specchio dai leggerissimi e raffinati stucchi dorati eseguiti da diversi artisti, tra cui i decoratori Giuseppe Confidati, Antonio Conti, Marco d'Ancona, Orazio Mattioli e il pittore Giovanni Lanci. Fra il 1725 e il 1732 Andrea e Giuseppe Ascani da Sant'Ippolito eseguirono le parti in pietra dei camini, scale e cornici delle finestre. Nel 1728 il pittore Checco Michelini decorò le porte. Dal 1732 si mise mano alla Cappellina di famiglia, il cui paliotto si deve a Giuseppe Ascani e la pala d'altare al pittore jesino Domenico Luigi Valeri. Nel 1845 il palazzo è oggetto di restauro e nel 1854 si intervenne anche alle pitture del secondo piano, dove viveva la famiglia, ad opera dei pittori Pirro Rota e Vincenzo Corazzini. Famiglia BalleaniI Balleani, o nel medioevo conosciuti come Baligani, si stabilirono a Jesi verso il XII secolo. Ebbero grande importanza nella politica locale delle lotte tra Guelfi e Ghibellini per il controllo della città. Tano Baligani di Filippuccio fu anche Signore di Jesi fra il 1320 e il 1328, anno in cui fu decapitato nella piazza, proprio di fronte al loro palazzo. Nel corso dei secoli si fusero con la famiglia Guglielmi e in seguito con i Baldeschi. Oggi i discendenti, ancora proprietari dell'edificio, sono i conti Baldeschi-Balleani, i quali conservano anche la villa di Fontedamo (appena fuori Jesi, verso Monsano). Codex ÆsinasIl Codex Æsinas, o Codice Esinate, è un manoscritto miscellaneo del IX secolo con numerose aggiunte del XV secolo, riscoperto nel 1902 a Jesi (da cui il nome) nella biblioteca del conte Aurelio Guglielmi-Balleani da Marco Vattasso (1869-1925)[3], prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, e poi studiato e in parte edito da Cesare Annibaldi[4], professore di latino e greco al Liceo Classico Vittorio Emanuele II di Jesi. È uno dei manoscritti più antichi giunti fino a noi del Bellum Troianum di Ditti Cretese e dell'Agricola di Tacito, del quale, negli ultimi fascicoli quattrocenteschi, contiene anche la Germania. Durante la seconda guerra mondiale, il codice venne sapientemente nascosto dai conti Baldeschi-Balleani in una cassa di legno dentro un ripostiglio delle cucine di questo palazzo. Infatti non fu mai trovato e per questo rimase a Jesi, sfuggendo alle mire dei nazisti[4]. Il codice venne venduto allo Stato italiano nel giugno del 1994. Oggi è conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Cod. Vitt. Em. 1631)[5]. Note
Bibliografia
Voci correlateAltri progetti
|