Omicidio di Paolo Rossi
L'omicidio di Paolo Rossi, studente diciannovenne, avvenne il 27 aprile 1966 all'interno dell'Università La Sapienza di Roma, come conseguenza di un pestaggio ad opera di studenti di estrema destra. È il primo morto per mano fascista nel secondo dopoguerra.[1] StoriaNato nel 1947, Paolo Rossi, studente candidato al Parlamentino Universitario dell'Università "La Sapienza" nelle file dell'Unione goliardica italiana, schierata politicamente a sinistra, era uno studente universitario, cattolico, iscritto alla Gioventù Socialista e scout dell'ASCI. Mentre Rossi distribuiva volantini di propaganda all'interno della città universitaria, fu coinvolto con i suoi compagni in un tafferuglio sulle scale della facoltà di Lettere provocato da studenti di Primula Goliardica, che protestavano per presunti brogli elettorali.[2][3] Paolo Rossi, secondo quanto emerse dal processo, cadde dalle scale da un'altezza di cinque metri in seguito ai postumi del pugno ricevuto in precedenza durante gli scontri con estremisti di destra. Portato subito in ospedale in stato di coma per un forte trauma al cranio morì nella notte, appena diciannovenne. Il responsabile della caduta di Rossi non fu mai identificato.[4] Il 30 luglio 1968 si arrivò alla sentenza di “omicidio preterintenzionale contro ignoti”: si riconosceva che era stato commesso un “delitto” anche se restavano sconosciuti gli autori.[5] Come ricorderà il padre in un lungo articolo del 1976 per una rivista degli Scout: «[…]. Quella mattina sulla scalinata della Facoltà di Lettere la lotta era politica e Paolo non voleva accettare la provocazione della violenza perché era convinto che la violenza non avesse nulla a che fare con i problemi dell’uomo. L’ultima fotografia di quella mattina dove si vede Paolo, la quarta, sembra anche questa scattata dal destino per fissare un attimo, con tutto il significato della volontà di Paolo. […] La foto coglie Paolo che da dietro abbraccia uno della sua parte per trattenerlo: questi ha i pugni alzati e Paolo lo cinge sotto le braccia per trattenerlo e lo blocca al torace. […] Paolo malgrado il colpo o i colpi ricevuti, tentava ancora di trattenere i suoi dall'avvitamento nella violenza che, accettata, riusciva a porre tutti fuori dell’obbiettivo umano e politico della crescita e della conquista democratica. È stato questo il significato della sua vita e della sua morte? […]» Nella cultura di massaAntonello Venditti, nella canzone Giulio Cesare, quando parla di Paolo Rossi non si riferisce al famoso calciatore ma, come confermato dal cantautore, al Paolo Rossi studente.[6] Note
Bibliografia
|