O clap your hands
O clap your hands è un mottetto di Ralph Vaughan Williams. Nel 1920 compose l'anthem, un'ambientazione sui versi del Salmo 47, per un coro in quattro parti, organo, ottoni e percussioni. In seguito realizzò anche versioni per orchestra e organo. Il mottetto è stato registrato spesso. StoriaVaughan Williams era un agnostico ma componeva tuttavia musica da chiesa anglicana.[1] Diceva: "Non c'è motivo per cui un ateo non possa scrivere una buona messa".[2] Apprezzava la musica di Thomas Tallis, William Byrd e altri compositori del XVI secolo su testi inglesi.[2] La prima guerra mondiale, per la quale si era offerto volontario per prestare servizio militare,[2] gli lasciò una profonda impressione.[3] Dal 1919 fu insegnante di composizione al Royal College of Music. Scrisse l'anthem O clap your hands, un'ambientazione di versi selezionati del Salmo 47, nel 1920. Fu pubblicato a Londra da Stainer & Bell lo stesso anno.[4] È stato spesso registrato.[5] Una sequenza ricorrente dell'inno, eseguito dal coro del King's College di Cambridge e dalla English Chamber Orchestra, diretti da David Willcocks, fu usata per la canzone "Revolution 9" dei Beatles.[6] Testo e musicaVaughan Williams scelse i versetti 1,2,5–8 (nella numerazione della versione della Bibbia di re Giacomo) del Salmo 47,[2] un salmo che chiama ad esaltare Dio come re di "tutta la terra" con mani, voci e strumenti.[2] L'originale ebraico menziona lo shofar, che è chiamato tromba in inglese.[7] Ambientò il testo in un movimento in si bemolle maggiore, annotato come Allegro. Lo scrisse per un coro in quattro parti, organo, ottoni e percussioni, ma realizzò anche una versione per orchestra e una versione per organo.[4] La musica inizia con fanfare degli ottoni. Una prima sezione esultante è seguita da una sezione centrale introspettiva.[4] La conclusione è un culmine trionfante, ripetendo le parole "Canta lodi al nostro re, canta lodi".[2] Richard R. Terry, che aveva diretto la prima esecuzione della Messa in sol minore del compositore nella Cattedrale di Westminster, gli scrisse: "Sono abbastanza sincero quando dico che [questo] è il lavoro che tutti si aspettavano da tempo. Nel tuo linguaggio individuale e moderno hai davvero catturato il vecchio spirito liturgico e l'atmosfera".[2] Note
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