Nur Jahan
Nur Jahan (in persiano نور جهان, in hindī नर्स जहान; luce del mondo; nata Mehrunnissa Begum, in persiano مهر النسا, in hindī नर्स जहान; Sole fra le donne; Kandahar, 31 maggio 1577 – Lahore, 18 dicembre 1645) è stata una nobildonna persiana, imperatrice consorte dell'Impero Moghul come moglie principale di Jahangir e una delle donne più note e potenti nella storia dell'India. VitaOrigini familiariNata Mehr-un-Nissa (anche Mehrunnissa)[1], era l’ultima dei sette figli di Mirza Ghiyas Beg (?-1622) e di Asmat Begum[2] (?-1621), aristocratica famiglia persiana di funzionari, ufficiali e poeti. Il nonno paterno era il poeta Hejri (aka Khwaja Muhammad-Sharif) (?-1576/77) ministro del sovrano persiano Scià Tahmasp I (1514 - 1576); mentre, il nonno materno era Mirza Ala-ud-Daula Aqa Mulla, capo del clan Aqa Mulla[3], noto per il suo raffinato livello culturale. Mehrunnissa nacque nel 1577, pochi mesi dopo che la famiglia si trasferì definitivamente da Teheran a Kandahar, allora provincia del Hindustan[4], territorio governato dai Mughal. Dove Mihra Ghiyas Beg[5] fu a servizio, prima dell’imperatore Akbar (1542– 1605), come tesoriere della provincia di Kabul (c.1579-1605), poi dell’imperatore Jahangir (1569 -1627), suo futuro genero.
GiovinezzaMehrunnissa venne educata alle lingue, la musica e la danza[6]. Oltre a diversi sport d’élite come il polo, la scherma e il tiro con l’arco[7]. Era un'esperta calligrafa (in arabo e sanscrito) e appassionata “designer”. È documentato che abbia realizzato gioielli, profumi, abiti[6] e perfino alcuni edifici[8]. A diciassette anni, nel 1594 secondo lo storico Heinrich Blochmann[9][6], Mehrunnissa venne data in sposa a Sher Afhgan Khan (?-1607), un jagirdar dell'impero Mughal. Nel 1605 nacque la loro unica figlia Mihrunnissa Banu Begum, conosciuta anche come Ladli Begun. Nel 1607 rimasta vedova, Merhrunissa entrò a far parte del harem reale della regina Ruqaiya Sultan Begum (1542 - 1626), una delle matrigne di Jahangir e sua madre adottiva. La relazione fra le due era tanto stretta che si vociferava ci fosse fra loro un'intimità carnale. La sua permanenza nell'harem[10], le permise di immergersi in una realtà i cui meccanismi la portarono a diventare unica nel suo genere. È noto che in poco tempo ne divenne una leader[11], molto apprezzata dalle altre donne[12]. Nur JananSecondo il cronista di corte Mu’tamid Khan[13], nel maggio del 1611 “Nur Mahal (la luce del palazzo)” fu incoronata imperatrice consorte dell’imperatore Mughal Nur-ud-din Muhammad Salim, conosciuto semplicemente come Jahangir. Matrimonio che verrà ricordato da tutti gli storici come una grande storia d’amore[14] e di collaborazione[15]. Primo tra tutti, Jangir stesso nel 1614 sul suo manoscritto autobigrafico “Tuzuk-e-Jahangiri”, scrisse: «per due coppe di vino e una minestra ho lasciato il mio impero alla mia amata» e ancora «compagna sensibile, cacciatrice esperta, ottima consigliera e diplomatica».[12] Da subito, Nur Mahal ottenne dei diritti impensabili per le donne dell’epoca: aveva il controllo sulla zenana (i diversi quartieri femminili del palazzo reale)[10], accompagnava il sovrano nei suoi viaggi di caccia o d’affari, ordinava e organizzava ogni cosa relativa a Jahangir. Patrona delle arti e della cultura, fu un’icona di stile e raffinatezza[16], nota anche per la sua generosità verso i bisognosi e per la carità pubblica. Furono costruire in suo onore città, moschee e palazzi. I famosi giardini di Achabal in Kashmir furono ideati e progettati da lei stessa[6]. Dopo la sua nomina a “Nur Jahan (la luce del mondo)”, nel 1616, la co-reggenza divenne legale. Secondo il cronista di corte Muhammad Hadi, all’imperatrice venne dato un sigillo reale con cui firmare, potere decisionale sul "diwan al-malaki" (assemblea reale) e sull’esercito. E nel 1617, fu perfino coniata una moneta d’argento[17] che portava il suo nome. Tutto ciò accentuò sempre più il suo potere politico e decisionale sull’impero, cosa non gradita da molti illustri funzionari dell’epoca e neanche dai “mullah” religiosi. Il cronista reale Muhammad Hadi[12] annotò che non le fu mai dedicata alcuna “khodba” del venerdì, cosa fondamentale per ufficializzare una reggenza.
Nur Janan JuntaLa manovra politica più audace di Nur Jahan fu la “junta”[18], ossia l’assunzione dei suoi familiare nelle posizioni più delicate dell’impero, tra il 1611 al 1627. Tra i fedelissimi più prossimi alla moglie, Jahangir assunse[6]:
Nur Jahan cercò di garantire alla sua famiglia un futuro di rilievo nell’impero Mughal, combinando i matrimoni di sua figlia Ladli Begum[19] con il principe Shahryar (1605-1628) e di sua nipote Arjumand Banu Begum[19] (futura Mumtaz Mahal) con il Prince Khurram (futuro Shah Jahan). La preferenza di Nur Jahan per il principe Shahryar, come marito di sua figlia e come futuro imperatore[20], fu la causa di pesanti dissapori[21] tra Jahangir e suo figlio Shah Jahan. EsilioAlla morte di Jahangir nel 1627, l’odio[22] che diversi membri della famiglia reale covavano contro Nur Jahan esplose inesorabilmente. Asaf Khan e Shah Jahan si allearono, uccidendo Sharyar ed esiliando[21][16] a vita Nur Jahan e Ladli Begum, nel palazzo di Lahore. Secondo lo storico Lal Ruby, è possibile che Shah Jahan si fosse appellato alla “fitna”[23] per riuscire ad avere l’approvazione del diwan al-malaki contro Nur Jahan e che ciò sia evidente nelle dichiarazioni presenti nel Shahjahannama ("Le Cronologie di Shah Jahan") del XVII secolo. Nur Jahan morì nel 1645, dopo diciotto anni di vita molto ritirata[16]; venne sepolta vicino al marito, nel suo mausoleo di Lahore. L’epigrafe sulla sua lapide dice: ” Sulla tomba di questo povero sconosciuto, giammai lampada né rosa. Né ala di farfalla venga bruciata ne canto d’usignolo udito”[24] TitoliNel manoscritto ” Iqbal Nama”, il cronista di corte Mu’tamid Khan annotò i seguenti titoli:
Fonti storicheSecondo lo storico Lal Ruby[25], la figura di Nur Jahan è stata volutamente screditata e distorta nel tempo ed a ciò ha contribuito in primis il manoscritto “Shahjahannama (le Cronologie di Shah Jahan) del XVII secolo, scritto dallo storico Inayat Khan per volere di Shah Jahan; in altri testi dello stesso periodo, l’imperatrice viene definita una "manipolatrice ambiziosa, che governava al posto di un imperatore dipendente dalle droghe e dall’alcool"[26][27] Nel 1615 Sir Thomas Roe[28], ambasciatore di re Giacomo I d'Inghilterra (1566 - 1625), definì Nur Jahan “la dea dell'empietà pagana”[29], dopo averla vista in azione nelle imprese di Gujaart e Malwa[30]. Mentre della relazione tra i due reggenti, asseri’: “ella lo comanda e lo adula a suo piacimento”[2]. Nel XIX secolo e durante il periodo coloniale, poi, si sottolinearono solo gli aspetti amorosi ed erotici della coppia reale, ommettendo del tutto il potere di Nur Jahan come sovrana[30]. Cultura popolareLa leggendaria storia d’amore, tra Nur Jahan e Jangir, è ancora vivissima nell’immaginario collettivo dei moderni paesi dell’antico Hindustan: Afghanistan, Pakistan, India e Bangladesh[4]. Sono stati realizzati centinaia di libri, film, serie tv[31]. Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
|