Nana SahibNana Sahib (nato Dhondu Pant; Bithoor, 1820 – 1859) è stato un rivoluzionario indiano, protagonista dei moti indiani del 1857. BiografiaNana Sahib era un figlio adottivo di Bajirao II, ultimo Peshwa di Bithoor che era stato detronizzato dagli inglesi, i quali gli avevano garantito una pensione in cambio dei suoi domini.[1] Alla morte di Bajirao II, l'erogazione della pensione venne sospesa, differentemente da quanto era stato stipulato. Nana Sahib quindi cercò invano di convincere gli inglesi a continuare a percepire l'importo, almeno parzialmente.[1] Dopo una negoziazione fallita a Lucknow con il commissario Henry Montgomery Lawrence, tornò a Kanpur, dove il 5 giugno 1857 diede inizio a una rivolta.[2] Nana Sahib capeggiò i rivoltosi a Delhi e a Kalyanpur, che attaccarono le residenze degli europei e degli indiani cristiani. Nella sua armata figuravano Tantia Topi e Subadhar Tika Singh. Suo fratello Baba Bhat assunse il controllo di Kanpur, giustiziando sommariamente i prigionieri.[3] Le vittime ammontarono a 900 cittadini inglesi.[4] Sconfitto dagli inglesi, Nana Sahib fuggì, finse di suicidarsi nel Gange e si rifugiò in Nepal, lasciando le redini dell'armata a Tantia Topi, che venne catturato e ucciso.[5] Nella cultura di massaNel romanzo di Jules Verne La casa a vapore (1879) Nana Sahib ricopre il ruolo di antagonista principale della storia. Viene dipinto in modo estremamente negativo, non rispondente alla realtà storica e venendo filtrato dagli occhi dei protagonisti inglesi. Nel romanzo, ambientato dieci anni dopo i moti indiani, Nana Sahib è ancora vivo e progetta in segreto una nuova insurrezione anti-britannica, portando nel contempo avanti una faida con uno dei protagonisti, il colonnello Edward Munro, reo di avergli ucciso la moglie durante la rivolta dei Sepoy. Rimane infine ucciso assieme a tutti i suoi seguaci nell'esplosione finale della casa a vapore che dà il titolo al romanzo.[6] NoteBibliografia
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