Monte di Pietà (Forlì)Il Sacro Monte della Pietà di Forlì è stato un istituto creato per fornire credito senza interesse e, in generale, per svolgere attività di sovvenzione alle persone indigenti (specialmente contadini). Fondato nel 1510, accompagnò la vita economica forlivese fino al XX secolo inoltrato. StoriaLa perdita dell'antico archivio storico, a seguito degli eventi bellici della seconda guerra mondiale e dei Consigli generali del primo Cinquecento della comunità di Forlì rendono difficile tracciare in modo completo ed esaustivo la storia del Pio istituto forlivese. I pochi documenti superstiti conservati presso l'Archivio di Stato di Forlì e presso la locale Biblioteca Comunale, permettono comunque di tracciare un breve e sommario profilo storico. La fondazioneNel 1487, a seguito della predicazione di fra Giovanni Novello da Siena, Girolamo Riario, marito di Caterina Sforza, Signore di Forlì, si dichiarò favorevole all'istituzione di un Monte di pietà ma non riuscì a ottenere il parere favorevole del Consiglio Generale della Città[1]. Si dovette attendere il 21 marzo del 1510 (equinozio di primavera), dopo la predicazione del francescano Orfeo Cancellieri da Bologna, affinché il Consiglio Generale della Città deliberasse la nascita del Pio Istituto. «In quel tempo pensando li Cittadini di sollevare la Povertà dalla continue miserie li 21 marzo fecero il Consiglio generale, ove fu concluso, che si erigesse il Monte della Pietà, e li 21 aprile cioè dell'anno 1510 furono fatti i Capitoli, & approvati in detto Consiglio, del quale fu eletto in Depositario, o Priore del Monte per un anno Pietro Paolo Agustini, e per Notaro Ser Bartolomeo Serughi.» «La data tradizionalmente tramandata, e ripetuta da diverse cronache posteriori, è il 21 marzo 1511, come riportato da una anonima cronaca del '500. Va tuttavia rilevato che in un Summarium del 1722 la data di fondazione risulta anticipata al 1510. Si tratta di un documento redatto a grande distanza di tempo dalla fondazione, ma la sua provenienza, interna alla amministrazione del Monte stesso, induce a un ragionevole dubbio. Purtroppo la duplice perdita dei volumi dei Consigli generali e segreti del Comune per gli anni in questione e di gran parte delle carte dell'antico archivio del Monte rende al momento impossibile dirimere la questione in maniera certa e decisiva.» Il recente ritrovamento di un documento manoscritto di provenienza interna[2] al Pio istituto forlivese consente di datare con certezza al 21 marzo 1510 la fondazione del Sacro Monte della Pietà di Forlì. ... ex libri Consiliorum dicte Civitatis de Anno 1505 usque ad a(nno) 1511 existen in Secretaria dicta Comunitatis tenoris se(guente) Die 21 Marty 1510 Congregato et cohadunato Consilio Generali in loco consueto ad sonum Campana parve, ut moris est in quo grid(-) interfuerunt Sexdecim Consiliary, et inter eos per omny (-) fuit obtentum infrascriptum partitum proponendum in (-) Ludo fiat Mons Pietatis. Dicto die Congregato et cohadunato Consilio generali in loco (-) solito ad sonum Campane grosse et parve, ut mo(-) premisso per Iisonem publicum in presenzia (-) defectu omnium Consiliorum deficientum in dicto Consilio(-) quidem Consilio interfuerunt quinquaginta unus Consilia (-) me Matheum Cancellarium infracriptum publice, et (-) fuir propositum in dicto Consilio, quale per Consili(-) fuerat obtentum pred-ta partita proponenda in p(-) quibus arengari pecty more solito super quibus exi(-) infrascripti Arengatore (-) omissis alys (-) et post solitas Arengas fuit factum infrascriptum (-) Deinde fuit dictum per me Cancellarium inf(-) placet quod Mons Pietatis fiat et ei dentur pro elemosyna, et pro p nti anno applicentum ille centum libre bo≈ quas habere debe=rent Confalonery pro P≈nti anno, et etian ille centum duecentarum bon≈ in ludi Litterary Scolarum, et totum Salarium unius Anni omnium Pif farorum, ponat fabam albam, quadraginta novem albas, et duas nigras Ego Oratius Marcianesius Notarius, et Secret.s dicte Comunitatis ut supra extraxi, et signavi. I capitoli«Per governo del quale furono ordinati alcuni Capitoli confirmati da Leone X l'Anno settimo del suo Pontificato, che in progresso d'anni sono stati in alcuni Capi mutati, secondo , che ha portato la condutione de tempi.» I Capitoli del Monte[collegamento interrotto] furono approvati il 21 aprile dello stesso anno e nel 1519 un Breve[collegamento interrotto] di Papa Leone X, ratificò gli statuti. «E perché siamo in decreti di questo Pubblico, l'anno seguente fu fatta d'ordine dell'istesso Consiglio la riforma dello Statuto: e nel medesimo tempo si fece avanti il Magistrato un'adunanza de gli huomini de gli Hospitali per far l' elettione de gli huomini del santo Monte della Pietà.» Nel corso del primo secolo di vita del Pio istituto i Capitoli vengono aggiornati in un paio di occasioni per adeguarli alle mutate condizioni sia economiche della città sia alle esigenze "delli poveri bisognosi". Ma la semplice trascrizione manoscritta dei Capitoli evidentemente si presta a fraintendimenti e in varie occasioni se ne lamenta la perdita e la scomparsa. «... havuta informazione da persone mature, e degne di fede delli Capitolo antichi di esso Monte, i quali da molti anni in quà furono perduti, ne mai (con tutta diligenza usata) si sono potuto ritrovare ... havemo fatti, compilati, ordinati, e stabiliti i presenti Capitoli» Così, nel 1604 i Capitoli vengono "dati alle stampe" al fine di regolamentare con maggior rigore la gestione e l'attività creditizia dell'istituto credizio. «Perché nell'avvenire non accada più che li Capitoli del santo Monte della Pietà di Forlì si smarriscano ò cancellino com'è occorso altre volte con la lunghezza de' Tempi … haveremo pensato darli alla Stampa.» I nuovi Capitoli a stampa prevedono anche un apposito articolato che tuteli la conservazione delle norme gestionali e ne garantisca l'autenticità. «Acciòcche i presenti Capitoli s'habbiano da conservare s'ordina che se ne facciano tre copie autentiche, e collationate, delle quali una ne stia nell'Archivio della Comunità, una se ne dia l Priore del Monte, il quale sia tenuto successivamente per istromento pubblico consegnarla al suo successore, e la terza si conserva nella cassetta dei brevi della Comunità delle Monache del Corpo di Cristo» La prima edizione a stampa dei Capitoli presenta un'antiporta riccamente figurata (incisione per opera di "Tiburtius Corona sculpore") da un arco sorretto da erme nude e ornato da festoni di frutta. In questa cornice l'immagine del Cristo coronato di spine in un'aureola di lampi di luce, sorretto da due angeli e con i polsi ancora legati, sorge da un sepolcro di marmo decorato con un volto al centro del basamento. Al di sopra del Cristo un cartiglio con la scritta Capitoli del Santo Monte della Pietà di Forlì sormontata dal volto alato di un angelo. Le dotazioniAl fine di dotare il Monte di mezzi finanziari adeguati, nel 1514 la Comunità concesse all'istituto i proventi della possessione di Belfiore, che venne definitivamente ceduta nel 1525. «Così rimase nuovamente con molta quiete la Città di Forlì, attendendosi più agevolmente alle cose del buon governo, onde per utile comune fu dal Pubblico donato al santo Monte della Pietà un Podere non lungi al Castello di Belfiore, di che n' appare il rogo di Ser Bernardino d Menghi sotto il 9 di maggio» Nel 1514, dopo un avvio favorevole del Monte, la Città di Forlì decise di costruire una sede adeguata alle funzioni socio-caritatevoli dell'istituzione, sulle rovine dell'antico Palazzo della famiglia Orsi, distrutto su ordine di Caterina Sforza il 2 maggio del 1488 a seguito dell'uccisione del marito. Nell'aprile del 1514 furono gettate le fondazioni del nuovo edificio, presumibilmente su progetto dell'urbinate Girolamo Genga (ma non si hanno documenti che ne attestino l'opera): per il progetto, infatti, ricorrono anche i nomi di Michelangelo e di Bramante[3]. «E perché in questi giorni era arrivata à un segno la perfida avidità de gli Ebrei , che facevano fino pagare diciotto per cento insolentiti dal vedere necessitate le persone à ricorrere ad essi, fu pensato riparare à questi disordini: onde per opera d'un buon Religioso s'accordarono molti Cittadini di prestar denari al Sacro Monte della Pietà, per sovvenire con quelli alli bisognosi, ricevendo sopra li pegni solamente cinque per cento, il che eseguito fu di sollievo grandissimo.» La gestioneNei Capitoli del "Sacro Monte della Pietà della Città di Forlì" si stabiliva che un cittadino facoltoso e nobile ricevesse il titolo di Priore del Monte e rendesse conto dell'amministrazione ai revisori eletti dalla comunità. La gestione del Monte fu affidata a un consiglio composto all'inizio da cinque Curatori, aumentati successivamente a ventiquattro scelti tutti fra i componenti laici delle sei Congregazioni di Carità e delle Compagnie dei "Battuti" della città. Il consiglio era presieduto dal Conservatore del Comune. «Et alla sopraintendenza furono creati ventiquattro curatori eletti in Vita dal Consiglio huomini delle sei Confraternite delle città; successivamente dalle medesime Confraternita, in caso di vancanza rinovati per surrogazione. ... Sopra il Monte, et Capo à tutti i Ministri s'ellegge fuori del numero dè ventiquattro un Gintilhuomo quale richiede l'importanza del Ministero: l'elettione di cui si fa nanzi a Mons.e Vesi da detti Curatori con l'intervento del Magistrato, dell'Avvoc.°, et Sindico della Communità, et del Guardiano de frati Minori osservanti, che tutti votano: et da medesimi s'eleggono gli altri soprascritti ufficiali d'una scielta, che viene a tal'effetto data dalle dette Confraternite. L'ufficio del Priore dura tre anni, et da gli elettori può essere confirmato per altri tre, ma non più oltre, e così ancho degli Inferiori. Et finito l'uficio si rende conto a Revisori deputati da ventiquattro. Il Magistrato ogni due mesi, almeno una volta, visita il Monte per vedere, intendere, et informarsi come passano i negozi.» Per quasi due secoli l'attività del Monte di Pietà forlivese è in costante incremento tanto che il patrimonio si accresce di numerose rendite e possessioni. «Il Monte della pietà co'l masarolo può valere intorno a quarantamila lire, senza casamenti e boteche, che ha su'l borgo di Schiavania, vicino alla piazza, e senza una gran possessione donatagli già dalla communità. Il Monte presta a' particolari sopra pegni. Il masarolo rieve da gli essecutori i pegni che vengono tolti per debiti, publici per lo più e presta sopra di quelli. Può girare il Monte co'l masarolo da un cinque mila scudi, il restante sta fermo in pegni. Delle elemosina, che si risquote a ragione di cinque per cento, non se ne mette niente a capitale, ma si distribuisce in salarii d'ufficiali e in altre spese per lo ministrero di esso Monte, in maritatre donzelle, povere, e in altre elemosine. Ha d'entrata, della possessione e di fitti e di boteghe, un anno per l'altro più di trecento scudi. Ha la cura particolare di questo loco un cittadino sotto nome di priore, il quale ogni tre anni s'elegge dal vescovo, dal magistrato della città, dal sindico della communità, da'l guardiano de' Zoccolanti e da ventiquattro huomini sopra intendenti del Monte, che sono criati in vita da le sei compagnie de' Battuti; e, finito l'ufficio, rende conto all'amministrazione a' detti sopraintendenti, che chiamano curatori. Gli altri ufficiali sono eletti dalle medesime compagnie di battuti per ruotolo e rendono ubidienza al priore. Quando il vescovo interviene all'elettione del priore, si riducono al vescovado tutti, e quando per l'absentia sua v'interviene il vicario, s'elegge in palazzo nelle stanze del magistrato.» I contenziosiDalla fine del Seicento e nel corso dei primi vent'anni del Settecento si apre un aspro contenzioso fra il Vescovo e il Priore e i Conservatori del Monte della Pietà di Forlì incentrato sul controllo gestionale del Pio Istituto da parte dell'autorità ecclesiastica. «... essendo ricorso dal Nostro Magistrato li Signori Priore e Curatori del Nostro Santo Monte della Pietà con ricercare il nostro pubblico di protezione, et assistenza in alcune pendenze, che ha il medesimo con il Seminario di questa Città, si propone il quid agendum. E per tre Arenghe uniformi passate secondo la disposizione della Legge fu fatto il seguente partito, e risoluzione, cioè chi piace delle SS.re VV.e Ill.me che gli infrascritti Sig.ri siano eletti i portatori a' portarsi da Mos.re Ill.mo Vesc.vo per trattare, e comporre le (con)tensioni del Seminario contro del Nostro S. Monte della Pietà dia la Fava bianca, e chi sente altrimenti la dia nera Ottenne Fave bianche tutte» I vari tentativi di risolvere "bonariamente" la vertenza non sortiscono effetti significativi e in occasione delle periodiche visite vescovili viene più volte minacciata l'asportazione forzata dei libri contabili e gestionali, quindi dell'intero patrimonio archivistico, dalla sede dell'istituto alla sede vescovile. La stessa Municipalità deve intervenire nella vertenza producendo atti e memorie che attestino e testimonino l'autonomia e la laicità dell'istituto al fine di preservare l'integrità dell'archivio stesso da rischi di smembramento. «In ordine alla contribuzione di sc. 50 l'anno pretesa da Seminario contro del nostro S. Monte per la quale Mon.re Vescovo dappo minacciate le Censure contro de Sig.ri Curatori et Ufficiali del detto S. Monte s'avanzò all'atto dell'esecuzione non solo contro del medesimo S. Monte, ma contro ancora li beni propri delli Sir.re Priore, e Sottopriore non ostante l'Appellazione interposta al Sig.re Cardinale Legato ...» Il Vescovo cittadino giunge anche a minacciare la scomunica del Priore e dei Conservatori e l'esautorazione da ogni funzione dei rappresentanti religiosi del Consiglio del Monte di Pietà. Il 14 febbraio 1722 i ventiquattro curatori del Monte di Pietà deliberano di presentare la causa alla Sacra Congregazione del Concilio di Roma. «... detta avvocazione di Causa al Tribunale della Legazione Mons.re Vescovo col motivo della visita intimò agli Sig.ri Curatori, et ad altri Ufficiali del Santo Monte sotto pena delle Censure e a far trasportare al Palazzo Vescovale li libri de Consigli con tutti li altri libri, e scritture concernente l'amministrazione di due Priorati, il che essendo stato riconosciuto per una novità mai più tentata da Vescovi e che non haveva quella facoltà contro un luogo mero laicale Patronato di questa Comunità» La vicenda giudiziaria non produrrà nessun risultato concreto per gli interessi ecclesiastici. Fra Settecento e OttocentoIl 3 marzo 1797, con l'arrivo delle truppe napoleoniche, il Monte fu "spoliato" per ordine del generale Augerau. Nel 1809 il Monte fu aggregato alla "Congregazione di carità" continuando a operare prevalentemente offrendo sussidi al Ricovero di mendicità e altri istituti di beneficenza forlivesi. Fra la fine del Settecento e per tutto l'Ottocento il Monte di Pietà di Forlì andrà progressivamente perdendo le antiche funzioni creditizie assumendo sempre più carattere di ente assistenziale e verrà accorpato ad altri istituti analoghi. «I metodi sovresposti di amministrazione ebbero fine al 1796 per cui il Consiglio e Magistrati Municipali tenevano riguardo all'Ospitale assoluto dominio; e rispetto al S. Monte ed agli altri Istituti sumenzionati ingerenza di Amministrazione, e direzione. Ne perdettero tali diritti e prerogative successivamente, avvegnanchè nel 1800, si costituì un Amministrazione Generale denominata Comitato di Pubblica Beneficenza in cui si concentrarono tutti li stabilimenti tanto d'istituzione Comunitativa quanto Ecclesiastica, il quale Comitato durò fino all'anno 1817. ... Nel 1818 seguì lo scorporo degli Stabilimenti Ecclesiastici dagli altri di pertinenza Comunitativa, mediante verbale di Monsignor Vescovo ed un Delegato del Magistrato, nel quale Verbale lo stesso Monsignor Vescovo riconosce il diritto del Municipio l'Amministrazione e governo degli Istituti sopramentovati. ...» Il patrimonio archivistico del Monte di Pietà di Forlì subirà vari trasferimenti con perdite consistenti di documenti storici. «.. durante il Regno che fu detto Italico, erano amministrati da un Congregazione chiamata di Carità ... Col ripristinarsi del Governo pontificio nel 1815, risorsero sei distinte Amministrazioni» e fra queste anche il Monte di Pietà, «che li reggeva e li resse fino al 1859 per mezzo di una Congregazione eletta dal Consiglio municipale, la quale denominavasi Congregazione dei Pii Istituti Comunali. Venuto il nuovo Governo, cessarono queste varie amministrazioni e, nominata la Congregazione di Carità secondo il decreto 19 agosto 1859 del Governatore provvisorio delle Romagne[4], si trovarono al finir di quell'anno in essa concentrate le diverse opere pie ... (che) assunse l'ufficio il 31 ottobre 1859 ... Nel dicembre 1865, senza che vi fosse alcun obbligo preciso nella legge allora imperante 3 agosto 1862, la Congregazione pubblicò una relazione a stampa sulle opere pie da essa amministrate dal 1860 a tutto il 1864, dando notizie sulla natura e sullo scopo di ciascun istituto e sulla loro situazione economica al 31 dicembre 1859» L'OttocentoAll'inizio dell'Ottocento il Monte della Pietà di Forlì subisce una serie di trasformazioni amministrative e il suo Archivio viene più volte trasferito e di nuovo smembrato e, già all'epoca risultava difettoso e incompleto. Stessa sorte subiscono anche altri archivi fra cui quello della Comunità di Forlì che conserva gli atti dei Consigli generali e segreti contenenti le deliberazioni riguardanti tutta la vita amministrativa cittadina compreso l'istituto del Monte di Pietà. Il 16 gennaio del 1804 la Municipalità di Forlì nomina una Commissione, di cui non si conoscono i componenti, incaricandola di assumere l'impiego di riordinare libri e carte dell'Archivio della Comunità e del Sacro Numero dei Novanta Pacifici. Da questo catalogo risultano mancare i volumi dei Consigli generali e segreti che appartenevano agli anni 1515, 1516, 1517 e 1695. Da un abbozzo di indice, probabilmente compilato dal computista comunale Domenico Valpondi che tenne l'ufficio dal 1834 al 1863, risultano poi mancare anche altri volumi dei Consigli generali e segreti, e sono quelli degli anni 1505-1511, 1544-45, 1548, 1550, 1552, 1553, 1570-71, 1585-86, 1647, 1718, 1740-41 oltre agli Statuti di Forlì del 1359. Nel 1861, nell'inventario degli Archivi delle Province dell'Emilia-Romagna, alla voce Congregazione di Carità si legge che «... chi voglia giovarsi degli antichi documenti di tali fondazioni, non può farlo sì agevolmente; perché, mentre l'archivio è ben custodito nella sua parte moderna, nella parte più antica, per contrario, offre l'aspetto di una dimentica congeria di carte; tanto che a mala pena vi potremmo prender notizia dell'esistenza di alcuni libri attinenti allo spedale maggiore ed al Monte di Pietà, che risalgono alla metà del secolo XVI». Nel 1892 viene nuovamente inventariato l'Archivio della Comunità constatandone la frammentazione di diverse serie e la perdita di molte librerie e archivi (sono venuti a mancare parecchi volumi) rispetto a un precedente Catalogo del 1804 (fra questi gli archivi delle congregazioni religiose e alle compagnie laicali). Gli atti amministrativi relativi ai primi anni di gestione del Monte della Pietà di Forlì risultano quindi già dispersi sia all'inizio dell'Ottocento sia nella seconda metà del secolo. Per iniziativa del Conte Albicini, Gonfaloniere della città e l'adesione sia del Cardinale Legato, del patriziato forlivese e della borghesia cittadina, viene fondata (la prima in Romagna) la Cassa dei Risparmi di Forlì con Rescritto Pontificio di Papa Gregorio XVI del 3 giugno 1839, che avrà inizialmente sede nello stesso palazzo del Monte di Pietà. L'11 agosto 1839 ebbe luogo l'apertura al pubblico in Corso Garibaldi nel Palazzo che fu sede dell'ex Monte di Pietà. Il Novecento: l'epilogoCon la nascita dei primi istituti di credito privati, perdono progressivamente significato i vecchi Monti di Pietà, sorte alla quale non sfuggirà neanche il Pio istituto forlivese. Già agli inizi del Novecento, dopo secolari contese, spoliazioni e dispersioni, dell'archivio storico del Monte di pietà di Forlì restano pochi indizi documentari, attestati da un'esauriente relazione del 1934 sulle Congregazioni di carità in cui si trovano elencati i documenti più importanti; fra questi sono citati:
Di questo importante patrimonio documentario e archivistico non resta più traccia in quanto " ... a causa di un incendio verificatosi nei locali ove le carte erano conservate (piani superiori del Monte dei Pegni, via Saffi 2/A), locali occupati nell'inverno del 1944-45 dalle truppe alleate ..." è andato irrimediabilmente distrutto a seguito degli eventi bellici della seconda guerra mondiale. Alcuni atti cinquecenteschi del Consiglio della Città sono conservati nell'Archivio di Stato di Forlì e, una decina di carte sparse e solo alcune copie degli antichi Statuti sono rintracciabili nella Biblioteca Comunale. Gli eventi della seconda guerra mondiale privano quindi la storia di Forlì di un importante tassello, quello relativo alla storia del credito caritatevole cittadino con la perdita definitiva del patrimonio storico documentario dell'archivio del Monte di Pietà. L'antica sede del Monte si trova in uno splendido edificio ubicato nell'attuale corso Garibaldi ai civici 47-49, oggi oggetto di restauro a cura della Fondazione della Cassa di Risparmio di Forlì. Documentazione superstitePresso l'Archivio di Stato di Forlì la documentazione relativa al Monte di Pietà è rintracciabile nei seguenti fondi:
1. Consigli Generali e Segreti (5 gennaio 1491 - 17 febbraio 1504) cc. 80 2. manca il volume - probabilmente relativo agli anni 1504 (parte), 1505, 1506,1507, 1508, 1509, 1510, 1511 e parte del 1512 3 Consigli Generali e Segreti (10 luglio 1512 - 28 gennaio 1515) cc 80 4. manca il volume 5. manca il volume - il vuoto archivistico comprende gli anni dal 1515 al maggio 1544 3 bis - 6. Consigli Generali e Segreti (8 maggio 1544 - 13 aprile 1545) cc 95 4 - 7. Consigli Generali e Segreti (1º luglio 1518 - 13 settembre 1520) cc 184 5 - 8. Consigli Generali e Segreti (11 novembre 1533 - 5 novembre 1535) cc 111 6 - 9. Consigli Generali e Segreti (6 novembre 1532 - 20 ottobre 1545) cc 92 7 - 10. Consigli Generali e Segreti (1º novembre 1533 - 23 novembre 1534) cc 118 8 - 11. Consigli Generali e Segreti (25 settembre 1534 - 13 luglio 1535) cc 174 25 - 32. Consigli Generali e Segreti (3 novembre 1557 - 31 dicembre 1557) cc 135 (Capitoli del Monte c. 124/134) Infine, nel cenno storico dell'inventario degli Enti Comunali di Assistenza si trova la seguente nota «Purtroppo le carte del periodo "Congregazione di Carità" sono andate distrutte, salvo poche eccezioni che si possono notare nell'inventario che segue, a causa di un incendio verificatosi nei locali ove le carte erano conservate (piani superiori del Monte dei Pegni, via Saffi 2/A), locali occupati nell'inverno del 1944-45 dalle truppe alleate.» Presso la Biblioteca Comunale di Forlì e nel fondo Piancastelli, relativamente al Monte di Pietà di Forlì si trovano i seguenti documenti:
Note
Bibliografia
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