Miracolo mariano di San CiriacoCon il nome di miracolo mariano di San Ciriaco si intende un evento riportato nel Regesto dei Miracoli di San Ciriaco[1], un registro tenuto dai parroci del Duomo di San Ciriaco di Ancona dal 1706[1], secondo il quale il 25 giugno 1796, presso il Duomo stesso, gli occhi di un quadro della Madonna avrebbero iniziato a muoversi. L'eventoIl dipinto, venerato dai marinai e chiamato Regina di tutti i Santi o di San Ciriaco, fu donato nel 1615 al Duomo da un marinaio veneziano, tal Bortolo, per ringraziare la Madonna, dopo che il figlio era scampato a una tempesta.[2] Nel 1796 le armate francesi di Napoleone Bonaparte, dopo aver invaso gli Stati del nord Italia, continuarono la loro discesa a sud verso lo Stato pontificio con l'intenzione di occupare tutti i territori conquistati, saccheggiando le chiese e depredandone i beni.[3] Il generale aveva inoltre firmato l'armistizio che prevedeva la resa e la cessione delle città di Bologna, Ferrara e Ancona, con la possibilità di confiscare tutti i beni della Chiesa. Il Regesto, nella sua sintesi dei fatti notevoli, narra che gli anconetani, impauriti dalla notizia delle scorribande francesi, si fossero rifugiati nel Duomo a pregare affinché alla loro città, in quell'epoca sede del principale porto pontificio, fosse risparmiata l'invasione francese. Proprio il giorno in cui le truppe napoleoniche si apprestavano a entrare in città, tra la folla intenta a pregare per scongiurare la temuta occupazione francese, una donna, tale Francesca Marotti[4], avrebbe visto muoversi gli occhi della Madonna raffigurata nel dipinto di San Ciriaco.[3] La notizia si diffuse rapidamente e furono presto segnalati nuovi casi simili: il fenomeno sarebbe continuato per circa sei mesi.[3] Incaricato di accertare prudentemente i fatti, il vescovo, Vincenzo Ranuzzi, riconobbe alla fine la manifestazione come autentica e il 6 luglio iniziò il processo di riconoscimento canonico del miracolo, conclusosi il 25 novembre del 1796. Fra i testimoni il grande architetto filonapoleonico Giuseppe Valadier. La Madonna del Duomo, "Regina di Tutti i Santi", venne acclamata Patrona di Ancona. A Roma, la Congregazione dei Riti concesse l'Ufficio liturgico e la Messa propri.[5] Il 10 febbraio 1797 Napoleone raggiunse Ancona e proclamò la Repubblica Anconitana, che nel 1798 venne annessa alla Prima Repubblica Romana[6]. Fu suggerito agli occupanti francesi di bruciare l'immagine e di punire come impostori coloro che avevano diffuso la voce del miracolo, in particolare i Canonici del Duomo. I giacobini anconetani, temendo però le reazioni del popolo, devotissimo all'immagine, consegnarono di nascosto il quadro a Napoleone: questi, preso in mano il quadro, sarebbe impallidito, ordinando di tenerlo coperto[3] e restituendo alla Vergine tutti gli ori che le aveva tolto, meno la collana di perle.[7] Il quadro fu quindi riportato nella Cattedrale e tenuto coperto solo alcuni giorni alla settimana. Stendhal, funzionario di Napoleone, nel suo taccuino di viaggio [8], al paragrafo Ancona, 19 ottobre 1811, lascia questa nota: «Ieri 18, sono andato a San Ciriaco, ma non credevo di trovarci la famosa vergine che aprì gli occhi all’arrivo dei Francesi, il che vuol dire che avrebbe voluto vederli cacciati» [9] L'immagine della Regina di tutti i Santi è uno dei simboli della fede degli anconetani. Nella notte tra il 16 e il 17 dicembre 1936 il quadro fu rubato; venne ritrovato avvolto in un giornale anticlericale il 24 gennaio 1937 ad Albano Laziale e riportato trionfalmente ad Ancona il 31 gennaio 1937.[2] Altri prodigi avvenuti, secondo la tradizione, nelle Marche
Anche in altre località marchigiane è stato tramandato il racconto di fatti analoghi, alcuni dei quali furono sottoposti a indagine ecclesiastica. Tra questi: Sant'Angelo in Vado, Urbania, Mercatello, Sant'Agata Feltria, San Liberato di San Ginesio, Gubbio (che faceva parte della Marca), Montalboddo, Apiro, Pergola e alcuni paesi dell'Umbria. A Cingoli, secondo le cronache, per difendere un'immagine mariana conservata nella Chiesa degli Agostiniani di Santa Lucia, chiusa dai francesi, alcuni popolani non esitarono a farsi bastonare e imprigionare. Altro miracolo avvenuto è quello della Madonna delle Grazie, a Fabriano, avvenuto il 13 luglio 1796 e ripetutosi più volte nell'arco della giornata. ControversieBasandosi su fonti coeve[16][17][18], e più recenti[19][20][21], Rino Cammilleri, nel libro "Gli occhi di Maria, ha descritto il presunto miracolo, e gli altri avvenuti nello stesso anno nello Stato Pontificio, citando date, luoghi e testimonianze. Nello stesso testo Vittorio Messori ha fornito una possibile interpretazione di questa serie di prodigi, estendendo il discorso ad altre manifestazioni mariane e ai possibili collegamenti con altri eventi storici: ne emerge una "teologia della storia", ricca di rilievi e coincidenze sorprendenti.[22] In merito agli eventi, lo storico Massimo Cattaneo ha notato «una significativa contiguità temporale tra l'arrivo delle notizie sui "miracoli" in un determinato luogo e il loro inizio nello stesso immediatamente dopo» così da dar vita a «un movimento di diffusione per suggestione-emulazione che raggiunse la maggior parte dei centri del territorio pontificio», e in primis Roma, un fenomeno che «per durata – si protrasse almeno fino al febbraio del 1797 –, ampiezza dell'area geografica interessata, quantità e tipologia dei testimoni, appartenenti a tutti i ceti sociali ed i livelli culturali, emerge per dimensioni nella storia dell'Europa cristiana, pur così ricca di episodi di tale natura»[23]. I fenomeni furono interpretati come un segno divino contro la dominazione francese, reputata irreligiosa.[24] Viceversa, i filofrancesi ritenevano l'accaduto privo di ogni fondamento: in un opuscolo, un rappresentante "giacobino" della municipalità di Como attaccava «l'arte dei Preti più amici dell'interesse, che della Religione» aggiungendo che era però «ben difficile d'ingannare i Filosofi, e gli Uomini niente superstiziosi»[25]. Anche tra i cattolici ci fu chi espresse dei dubbi. Monaldo Leopardi, padre del poeta Giacomo, riteneva che il fenomeno di Ancona fosse un'illusione ottica e che vi giocassero un ruolo la paura per l'arrivo dei francesi e la superstizione[23]. Anche a Como, nella chiesa di San Donnino, sarebbe avvenuto un caso analogo nel luglio del 1796[26]. Il canonico comasco Giulio Cesare Gattoni giudicava che i prodigi osservati ad Ancona, a Roma e nella sua città mancassero «di tutti que' caratteri che sogliono avere quando la Maestà divina vuol comunicarsi agli uomini per annonziare la verità, o confermarla». Gattoni, versato anche nelle scienze naturali, andò a fare un sopralluogo nella chiesa comasca, dove sembrava si fossero mossi gli occhi di una statua e ritenne di aver trovato un punto dal quale si poteva, «già ben riscaldata l'immaginazione», provare un'illusione ottica[26]. Note
Bibliografia
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