Luigi Albera
Luigi Albera (Milano, 1910 – Horlivka, 26 gennaio 1943) è stato un militare italiano insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale. BiografiaNacque a Milano nel 1910, figlio di Pietro e Margherita Lanzi.[2] Dopo aver conseguito la laurea in architettura al Politecnico di Milano, nel luglio 1932 fu arruolato nel Regio Esercito ed ammesso a frequentare la Scuola allievi ufficiali di complemento di Bra, da cui uscì con il grado sottotenente della specialità alpini nel novembre dello stesso anno.[3] Assegnato al 1º Reggimento artiglieria da montagna fu posto in congedo nel novembre 1934.[3] Richiamato in servizio attivo con il grado di tenente il 10 giugno 1940, presso il 2º Reggimento artiglieria da montagna, prese parte alle operazioni di guerra alla frontiera alpina occidentale contro la Francia col gruppo "Val Camonica" fino alla firma dell'armistizio di Villa Incisa.[3] Dal 12 novembre del 1940 fu trasferito in Albania con il gruppo "Bergamo" e sul fronte greco-albanese, come ufficiale osservatore del gruppo, si distinse in azione tanto da essere proposto per una medaglia d'argento al valor militare.[3] Promosso capitano dal l° gennaio 1942 ed assegnatogli il reparto comando del reggimento, partiva per l'Unione Sovietica sette mesi dopo, il 27 luglio, in forza alla 2ª Divisione alpina "Tridentina" assegnata all'ARMIR.[3] Cadde in combattimento il 26 gennaio 1943 a Nikitovka, nel corso della seconda battaglia difensiva del Don, colpito da una raffica di mitra.[3] Fu successivamente insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria. Onorificenze«Ufficiale di alte qualità già duramente provato in precedenti campagne, durante un lungo, rischioso e logorante ripiegamento si prodigava in ogni guisa per il reparto, noncurante la fatica, le privazioni, il pericolo ovunque insidiante. Durante la marcia in giornata decisiva per la sorte della colonna, vista la minaccia portata sul fianco da forze nemiche munite di numerose armi automatiche, intuendo che una sezione fucilieri spiegata per neutralizzarle, inferiore per numero ed armamento, stava per essere sopraffatta, si slanciava spontaneamente nel combattimento con un pugno di volontari da lui raccolti; rianimava i combattenti già esausti e, primo tra i primi, trascinava tutti a disperato contrattacco. Noncurante della violenta reazione avversaria che assottigliava ancora il suo sparuto drappello, costringeva il nemico a desistere dall’intento, gli cagionava gravi perdite, lo inseguiva arditamente allo scoperto, non gli dava tregua finché non lo sloggiava dall’ultima postazione e, nell’attimo in cui coglieva già la vittoria e liberava la via all’avanzata della colonna, una ultima raffica di moschetto mitragliatore lo fulminava. Degno esempio delle più luminose ed eroiche tradizioni del soldato d’Italia. Nikitowka (Russia), 26 gennaio 1943.[4]»
— Decreto del Capo Provvisorio dello Stato 30 luglio 1947.[5][6] Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
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