Leptocharias smithii

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Carcarino
Il disegno dello squalo ad opera
dei due biologi scopritori, 1838
Stato di conservazione
Vulnerabile
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseChondrichthyes
SottoclasseElasmobranchii
OrdineCarcharhiniformes
FamigliaLeptochariidae
Gray, 1851
GenereLeptocharias
Müller & Henle, 1838
SpecieL. smithii
Nomenclatura binomiale
Leptocharias smithii
Müller & Henle, 1839
Sinonimi

Mustelus osborni, Triaenodon smithii

Nomi comuni

Squalo segugio dai barbigli, Palombo atlantico, Palombo barbuto

Areale

Il carcarino[1] (Leptocharias smithii Müller & Henle, 1839) conosciuto anche come squalo segugio dai barbigli[2] o palombo atlantico o palombo barbuto, è l'unica specie appartenente al genere Leptocharias, che a sua volta è l'unico della famiglia Leptochariidae.

Distribuzione e habitat

Se ne trovano nell'Oceano Atlantico orientale, dalla Mauritania fino alla Namibia[3].
Abitano le acque con profondità compresa tra i 10 ed i 75 metri[3], ma preferiscono raggiungere al massimo i 60 metri[4]. Abitano le zone della piattaforma continentale, in modo particolare le foci di grani fiumi ed i fondali fangosi. Preferiscono acque con salinità compresa tra 35 e 36 ppt e concentrazione di ossigeno compresa tra 3 e 4 ppm[3].

Descrizione

Il maschio raggiunge lunghezze di 77 cm, la femmina di 82[3]. Sono caratterizzati da dimorfismo sessuale per quanto riguarda i denti: il maschio ha una zanna anteriore molto allargata[3]. Assomigliano alle specie del genere Mustelus, ma le loro narici sono caratterizzati da lembi che si dipartono in barbigli distinti[5].

Riproduzione

Il metodo di riproduzione è la viviparità[6]. Mettono al mondo al massimo 7 cuccioli per volta[3]. Il tempo minimo di raddoppio della popolazione è di 14 anni[3].

Alimentazione

Si nutre principalmente di piccoli organismi litorali e dei fondali come crostacei, piccoli pesci ossei, spugne e polpi[3].

Pesca

Questi squali sono oggetto di pesca per l'alimentazione umana: utilizzati freschi, affumicati, salati ed essiccati. Inoltre la loro pelle è utilizzata per la produzione di cuoio[3].

Note

  1. ^ Mipaaf - Decreto ministeriale n°19105 del 22 settembre 2017 - Denominazioni in lingua italiana delle specie ittiche di interesse commerciale, su politicheagricole.it. URL consultato il 20 maggio 2018.
  2. ^ Antonio Nonnis, Leptocharias smithii, su squali.com. URL consultato il 20 maggio 2018 (archiviato dall'url originale il 20 maggio 2018).
  3. ^ a b c d e f g h i Compagno, L.J.V. 1984 FAO species catalogue. Vol. 4. Sharks of the world. An annotated and illustrated catalogue of shark species known to date. Part 2 - Carcharhiniformes. FAO Fish. Synop. 125(4/2):251-655.
  4. ^ Maigret, J. and B. Ly 1986 Les poissons de mer de Mauritanie. Science Nat., Compiègne. 213 p.
  5. ^ Bass, A.J., P.C. Heemstra and L.J.V. Compagno 1986 Carcharhinidae. p. 67-87. In M.M. Smith and P.C. Heemstra (eds.) Smiths' sea fishes. Springer-Verlag, Berlin.
  6. ^ Dulvy, N.K. and J.D. Reynolds 1997 Evolutionary transitions among egg-laying, live-bearing and maternal inputs in sharks and rays. Proc. R. Soc. Lond., Ser. B: Biol. Sci. 264:1309-1315.

Bibliografia

Altri progetti

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