Leoni neri
I Leoni neri (Tikura Anbessa[1]) furono un movimento di resistenza[2] antifascista[3] formatosi alla fine della guerra d'Etiopia (1935-1936) per combattere contro l'occupazione italiana dell'Etiopia.[4][5][6] Pur avendo vita breve e un impatto marginale sulla resistenza etiope, i Leoni neri cercarono di unire i patrioti etiopi[7] compiendo "eloquenti tentativi di dare alla lotta una direzione ideologica e politica coerente".[8] Fra le azioni dei Leoni neri si ricorda l'eccidio di Lechemti,[9] dove trovarono la morte 12 italiani, tra cui l'aviatore dannunziano Antonio Locatelli. StoriaIl movimento dei Leoni neri venne fondato nell'Etiopia occidentale dai cadetti della scuola militare di Oletta e giovani studenti etiopi che avevano frequentato le università all'estero, guidati dal veterinario chirurgo Alamawarq Bayyana, il quale aveva studiato nel Regno Unito.[5] Tra i membri del movimento, che avevano criticato l'imperatore Hailé Selassié per aver abbandonato il proprio paese, vi furono i colonnello Belay Hayla-Ab (già ufficiale presso l'accademia di Oletta), Abebe Aregai ed Yilma Deressa[10] L'organizzazione si era data un decalogo, in cui fra l'altro veniva affermata la supremazia della sfera politica su quella militare, condannava i maltrattamenti dei contadini e dei prigionieri di guerra, sollecitava a preferire la morte piuttosto che la cattura da parte del nemico e prevedeva l'assoluta fedeltà all'imperatore fino alla fine.[5] I Leoni neri convinsero il ras Immirù Hailé Selassié ad entrare nel movimento e a guidare una forza di resistenza verso Addis Abeba. Tuttavia, anche a causa degli ostacoli degli oromo, questo tentativo si trasformò in tragedia: Immirù scese a Gore per cercare rinforzi, ma venne fermato sulla riva settentrionale del fiume Gojeb il 19 dicembre 1936 dagli italiani, a cui dovette arrendersi. Poco dopo l'organizzazione dei Leoni neri collassò e molti dei suoi membri vennero imprigionati, uccisi o deportati successivamente all'attentato di Graziani.[11] Alamawarq Bayyana venne imprigionato nel carcere di Addis Abeba, dove venne destinato all'infermeria.[12] Yilma Deressa venne deportato a Ponza, in Italia, insieme al ras Immirù.[13] Nonostante l'amnistia inizialmente concessa dopo l'eccidio di Lechemti, George Herouy e Kifle Nasibu vennero uccisi.[13] Note
Bibliografia
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