Il nome del taxon deriva dal grecoλαμπρός (lamprós) = splendente, fulgido, riferito anche ad un metallo, a causa dei riflessi metallici delle ali di alcune specie appartenenti a questo genere.[3][5]
Il capo è ricoperto di scaglie piliformi, che tuttavia appaiono meno fitte rispetto a quanto osservabile in generale negli Adeloidea.[4][6][13]
Le antenne non sono molto lunghe, potendo misurare al massimo 0,33-0,6 volte la lunghezza della costa dell'ala anteriore; sono di regola moniliformi, mai clavate, con lo scapo talvolta provvisto di pecten ed il flagello filiforme.[4][6]
Gli occhi, sono relativamente piccoli e glabri o con cornea ricoperta da esili microsetae.[4] Gli ocelli sono assenti, come pure i chaetosemata.[6]
Le ali sono lanceolate (la lunghezza è circa il triplo della larghezza), con colorazione variabile dal biancastro traslucido al marroncino, in alcuni casi con riflessi metallici, e spesso con macchie e geometrie varie. Il tornus non è individuabile. I microtrichi sono di solito presenti su tutta l'ala anteriore.[4] Il termen è convesso e manca una macchia discale. Rs4 termina sulla costa, mentre 1A+2A è biforcata solo alla base.[4][6]
L'ala posteriore presenta un apice arrotondato, ed è lievemente più corta dell'anteriore.[6][14]
L'accoppiamento alare è di tipo frenato (con frenulum più robusto nel maschio), mentre è presente l'apparato di connessione tra ala anteriore e metatorace; si può inoltre osservare un ponte precoxale.[4][6][14][15][16][17]
Nell'apparato genitale maschile, si osservano i pectinifer sulle valve di molte specie, con sviluppo e struttura variabili, talvolta ridotti a semplici spine, oppure totalmente assenti.[4][6] L'uncus si trova fuso assieme al tegumen con varie soluzioni, tra cui uno o due lobi terminali. Il tegumen appare costituito da una stretta fascia dorsale, mentre il vinculum è solitamente ben sviluppato, a forma di "V" o di "Y". La juxta si mostra sotto forma di uno sclerite sagittato ben definito. L'edeago è costituito da una struttura tubulare alquanto allungata, facilmente distinguibile.[4]
Nel genitale femminile, l'ovopositore è ben sviluppato e perforante, al fine di permettere l'inserimento delle uova all'interno dei tessutifogliari della pianta ospite.[6][8][14][15] Si può osservare inoltre un paio di signa stellati sul corpus bursae (in alcuni casi ridotti o assenti), oltre che un caratteristico bordo posteriore arrotondato sul settimo tergite.[4][6][14][18]
Uovo
L'uovo si mostra biancastro e di forma alquanto variabile, ma di regola è ovoidale, con dimensioni comprese tra 0,3 e 0,5 mm di lunghezza, e con un diamentro di 0,2-0,3 mm. Il chorion appare liscio e provvisto di un reticolo micropilare ridotto.[4]
Larva
La larva può essere bianca, verdastra oppure rossiccia, di solito cilindrica o sub-cilindrica, e con una lunghezza compresa tra 6 e 22 mm.[4]
Capo
Il capo è prognato, con frontoclipeo breve, e di colorazione da chiara a molto scura. Solitamente si osservano sei paia di stemmata, che tuttavia si riducono a tre paia nelle sole forme meramente apode.[4][6][15][19]
Zampe e pseudozampe
Le zampe sono di solito presenti e ben sviluppate; il pretarso rivela spesso una robusta seta squamiforme disposta sulla base laterale dell'unghia; le pseudozampe possono essere vestigiali, con uncini talvolta assenti, almeno nei primi stadi di sviluppo, ma spesso presenti sui segmenti addominali da III a VI, e disposti su doppie file. In ogni caso gli uncini sono sempre assenti nel decimo segmento addominale.[4][6][15][19]
Nel capo, il vertice è spesso dotato di un rostro frontale molto evidente. Le ali si estendono fin sul V-VII segmento addominale e di regola i segmenti addominali da II a VII sono mobili in ambo i sessi.[20] Sui segmenti addominali da II a VIII è inoltre osservabile una singola fila di spine tergali. Il cremaster è di solito rappresentato da una coppia di robuste spine, o tubercoli dorsali, disposte sul decimo segmento addominale, in alcune specie accompagnate da altre due spine in posizione ventrale.[4]
Le uova vengono inserite nei tessuti della pianta nutrice, tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate; la giovane larva è minatrice e, come nei Cecidosidae, non costruisce un fodero; essa si accresce inizialmente alle spese del seme in formazione ma, a seconda della specie in questione, possono invece essere attaccati i piccioli, le gemme, le foglie, i ricettacoli fiorali, oppure i frutti della pianta ospite.[4][6]
Durante la seconda parte dell'estate, la larva di terza età abbandona le strutture vegetali occupate in precedenza, per iniziare a tessere un hibernaculum, ossia una struttura all'interno della quale si appresta a trascorrere l'inverno tra gli strati superficiali del terreno, oppure al riparo in una fessura, sempre alla base della pianta nutrice; all'inizio della primavera successiva, la larva emerge dal proprio riparo, risale lungo il fusto, per poi andare a perforare le nuove gemme, provocando danni anche severi alla fioritura. Eccezionalmente, come nel caso di Lampronia fuscatella, il bruco si alimenta all'interno dello stesso cecidio (altrimenti detto "galla") di cui provoca la formazione. L'impupamento può avvenire sia all'interno delle mine, come pure in un bozzolo sericeo, sito all'esterno alla pianta.[4][6]
Di regola le specie sono univoltine, con la larva che rappresenta lo stadio svernante.[4][6][21]
Alimentazione
Fa seguito un elenco parziale delle specie vegetali che possono essere attaccate da questi bruchi:[4][6][19][22]
La designazione della specie tipo fu effettuata da Curtis, 1837, Br. Ent.6: 639.[26] Tuttavia, "Tinea rupellaFab." rappresenta un errore di attribuzione.[25]
Lampronia luzella (Hübner, 1817) - Samml. Eur. Schmett.8: tav. 64: fig. 430 (Europa settentrionale, centrale e orientale; presente in Italia settentrionale e meridionale)
Si segnala inoltre che tre delle specie nordamericane, e segnatamente L. aenescens, L. humilis e L. sublustris, sono state attribuite da Davis al genere TanysaccusDavis, 1978,[30][31] da altri Autori considerato un sottogenere.[12]
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