L'Acerba«Le fabule me fur sempre nemiche.»
L'Acerba è un poema di Cecco d'Ascoli composto di 4.865 endecasillabi in sestine (che l'autore chiama "mosse"). I critici letterari hanno attribuito al titolo dell'opera molti significati, ma dopo l'edizione critica a cura di Marco Albertazzi è evidente che il termine Acerba, riduzione del titolo completo di acerba etas, "acerba vita", ha inteso riferirsi alle questioni inerenti alla vita mondana, che è appunto acerba rispetto a quella matura raggiungibile soltanto dopo la morte. ContenutoIl titolo, secondo il critico Gianfranco Contini, può riferirsi all'asprezza e difficoltà della materia e della scrittura oppure all'adolescenza mentale ancora acerba, cui Cecco si rivolge per indirizzarla al sapere scientifico. Per altri, invece, il titolo fa riferimento ad "acervus", cioè cumulo, coacervo di vari argomenti, oppure "cerva", come simbolo di scienza. L'Acerba è un vasto riepilogo delle scienze fisiche e morali. L'autore dimostra passione per la scienza e si rivela polemico verso la poesia. Suo bersaglio preferito è la Divina Commedia di Dante vista come la negazione della "scienza vera", riepilogata da lui nell'Acerba, che è stata definita da Gianfranco Contini l'"Anti Commedia": "qui non se canta al modo delle rane, qui non se canta al modo del poeta che finge imaginando cose vane; ma qui resplende e luce onne natura che a chi intende fa la mente lieta. Qui non se gira per la selva oscura; qui non veggio Paulo né Francesca. ...Lasso le ciance e torno sul vero: le fabule me fur sempre nimiche". Alla base delle convinzioni e delle conoscenze fisiche e naturali professate da Cecco, oltre al pensiero filosofico scientifico di Aristotele e quello di Tommaso d'Aquino, c'è la conoscenza del pensiero dei filosofi arabi all'epoca dominanti. Sulla base delle loro teorie discute delle questioni scientifiche più dibattute nella società in cui viveva: per esempio, dell'ordine dei cieli, della terra, delle eclissi, della natura dei fenomeni atmosferici, delle Virtù o delle scienze occulte. Il poema rimase incompiuto, perché Cecco fu condannato ad essere bruciato sul rogo nel 1327 a causa delle sue opinioni scientifiche e teologiche giudicate eretiche. Struttura dell'operaL'opera è suddivisa in quattro libri (oltre a un breve frammento del quinto), suddivisi in capitoli di lunghezza variabile. Ugualmente disomogenea è anche l'ampiezza di ciascun libro, che varia dai 9 capitoli del libro I, ai 19 del libro II, ai 18 del libro III, e ai 12 del libro IV. Con il chiaro intento di marcare la differenza tra il suo poema e la Commedia dantesca, Cecco organizza i capitoli per sestine, composte in sostanza da due coppie di terzine di endecasillabi con uno schema metrico che ricorda molto da vicino quello della terza rima incatenata utilizzata da Dante, ma ogni sestina è isolata dalle altre: «Oltre non segue più la nostra luce E come ogni canto della Commedia è chiuso da un endecasillabo finale, così ogni capitolo dell'Acerba si conclude con una coppia di endecasillabi a rima baciata: «L'altri animali di vertude nudi O tu che mostri il terzo in una forma Edizioni
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