Irving BabbittIrving Babbitt (Dayton, 2 agosto 1865 – Cambridge, 15 luglio 1933) è stato un critico letterario, giornalista e docente statunitense, fondatore del movimento filosofico e letterario noto come "Nuovo umanesimo"[1][2]. BiografiaIrving Babbitt nacque a Dayton, nell'Ohio, il 2 agosto 1865,[1]figlio del medico Edwin Dwight e di Augusta Darling, che morì quando lui aveva undici anni.[3] Fu il leader, assieme a Paul Elmer More, del movimento filosofico e letterario noto come "Nuovo umanesimo" o "Neo-umanesimo",[1][2]che ebbe una certa influenza sugli studenti americani negli anni intorno alla prima guerra mondiale.[4] Importante fu l'impegno di Babbitt per rinnovare e ringiovanire la cultura, contro ogni accademismo chiuso e arido e a favore di una letteratura che fosse portatrice anche di grandi idee.[4] Babbitt studiò all'Università di Harvard e alla Sorbona di Parigi e insegnò letteratura francese e comparata ad Harvard dal 1894 fino alla sua morte.[1][2] Insegnante vigoroso, docente e saggista brillante, Babbitt non apprezzava sia il romanticismo sia le sue diramazioni, il realismo e il naturalismo;[1] invece, ha sostenuto le virtù classiche di moderazione, la moralità, l'autocontrollo, la ragione disciplinata, separate dall'ideologia politica e materialistica contemporanea e focalizzati su valori conservatori universali.[5] Tra i suoi primi allievi e seguaci si possono menzionare Thomas Stearns Eliot e George Santayana, che però in un secondo tempo si allontanarono parzialmente dal suo pensiero; il suo maggiore avversario era Henry Louis Mencken,[1] e ricevette critiche anche da Ernest Hemingway, Edmund Wilson, Sinclair Lewis.[3] Uno dei motivi per cui Babbitt non ha ottenuto ancora una grande fama è che le sue dottrine fondamentali erano controcorrente rispetto a quelle intellettuali contemporanee.[3] Ad esempio, nell'estetica, Babbitt sostenne che le varie dottrine dell'arte per l'arte sono cieche al fine ultimo dell'arte e quindi le grandi opere della creatività non sono tali in virtù della loro intuitiva coerenza, ma in virtù della qualità morale dell'esperienza che trasmettono.[3]Molte delle idee di Benedetto Croce corrispondono o corrono parallele a quelle di Babbitt, soprattutto le idee riguardanti l'estetica.[3] Babbitt dimostrò con i suoi scritti di possedere un'acuta penetrazione e una fervida passione ed estese le sue opinioni oltre la critica letteraria:[4] La letteratura e l'American College (Literature and the American College, 1908), nel quale criticò la vocazione nell'istruzione e auspicò un ritorno allo studio e alla diffusione delle letterature classiche; Il nuovo Laocoonte (The New Laokoön, 1910), incentrato sulle influenze non benefiche nelle arti a causa dal romanticismo e le debolezze delle concezioni moderne artistiche; I maestri della moderna critica francese (The Masters of Modern French Criticism, 1912); Rousseau e il Romanticismo (Rousseau and Romanticism, 1919), basato sulle critiche delle conseguenze del pensiero di Jean-Jacques Rousseau presenti nel XX secolo; Democrazia e Leadership (Democracy and Leadership, 1924), in cui analizzò problemi sociali e politici; Essere creativi (On Being Creative, 1932), dove paragonò il concetto romantico di spontaneità contrario alle teorie classiche dell'imitazione, furono le sue opere principali.[1][2] Il moralismo di Babbitt si rivelò una miscela di principi etici e religiosi, ispirati dalla tradizione ellenica, come dal confucianesimo e dal buddhismo.[4] Inoltre in Babbitt era presente una scarsa considerazione per l'arte moderna, e questo fatto limitò i suoi rapporti con la letteratura come fenomeno vivo e attuale.[4] Ha sposato una sua ex studentessa, Dora May Drew, nel 1900, con la quale ebbe due figli. Nel 1926 fu nominato membro corrispondente dell'Istituto di Francia.[5] Nel 1930 fu eletto all'American Academy of Arts and Sciences e nel 1932 ricevette una laurea ad honorem dal Bowdoin College.[5] Opere
Note
Bibliografia
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