Ildebrando II AldobrandeschiIldebrando II Aldobrandeschi (IX secolo – 900 circa) è stato un nobile italiano, primo conte della dinastia degli Aldobrandeschi.[1][2][3] BiografiaEsponente di una famiglia della media aristocrazia lucchese del IX secolo, era figlio di Eriprando, vassallo imperiale; suo fratello maggiore Geremia fu vescovo di Lucca dall'852, e sono documentati almeno altri due fratelli, Eriprando II e Ademari, anch'essi vassalli imperiali.[3][4] Fu il primo membro della famiglia a possedere il titolo di conte, come testimoniato dal suo intervento a un placito del dicembre 857 presieduto dal padre e dal vescovo Giovanni.[2][5] Ildebrando esercitò la sua funzione comitale su un vasto territorio della Tuscia meridionale, presumibilmente i territori di Populonia, Roselle e Sovana, distretti residui delle iudiciariae di matrice longobarda, nei cosiddetti fines Maritimenses.[6] Prese parte a un placito dell'871 in cui assistette il vescovo nell'opera di recupero dei beni ecclesiastici perduti, figurando al fianco dei vescovi Oschiso di Pistoia e Platone di Pisa, del marchese Adalberto I e il vescovo eletto di Firenze Andrea.[7] Ildebrando segnò definitivamente il passaggio della famiglia «dalla media aristocrazia lucchese ai vertici dell'élite toscana (e italica)».[2] Dall'analisi delle sue transizioni e acquisizioni emerge un impegno costante nell'accrescere il proprio patrimonio, concentrando i suoi beni in due aree, quella a nord della città di Lucca, e quella di competenza comitale nei distretti maremmani.[3][8] Il suo progressivo scollamento dall'area di influenza lucchese è probabilmente la causa del diradarsi della sua presenza nelle fonti di fine secolo.[8] È possibile datare la sua morte tra il febbraio 899 e il giugno 901.[8] Nella letteratura e nella cronachistica medievaleIldebrando II risulta menzionato anche in alcuni testi letterari e cronache del X secolo che lo pongono al centro delle lotte tra i pretendenti alla corona d'Italia, sostenendo Guido II di Spoleto contro Berengario.[9] Nonostante sia sempre citato come personaggio secondario, è ricordato come un conte molto potente, posto sempre in rapporto di parità e mai in subordine con gli altri signori della Tuscia e del centro Italia.[9] Nelle Gesta Berengarii Imperatoris di un anonimo autore intento a celebrare Berengario, il conte Ildeprandus appare a capo dei Thyrreni (i toscani) in sostegno di Guido nella battaglia della Trebbia dell'889; alla visione dei propri compagni in fuga, il conte li esorta a farsi coraggio e affrontare il nemico, gridando: «Perstate, sodales; / quid fugitis? Spectate, virum si pellere ferro / forte queam! Similes artus creatrix / huic dedid, ac similis sustentat viscera sanguis.»[10] (Liber II, 245–249).[11][12] Ingaggiato uno scontro individuale con Berengario, Ildebrando lo ferisce scagliandogli una lancia che lo colpisce al femore, costringendolo alla fuga.[9] Secondo il glossatore del manoscritto, a ferire Berengario fu invece Alberico di Spoleto e non Ildebrando.[11] Negli Annales Fuldenses si legge di come dopo la discesa in Italia di Arnolfo di Carinzia e la conquista di Bergamo (894), i grandi di Tuscia («primores itaque marchenses»), consci dell'ormai fine di Guido di Spoleto, si recassero dal nuovo re «praesumptuosese inbeneficiari ultra modum iactantes»[13], finendo per essere imprigionati; tra di loro figura anche Hildibrandus.[14] Liutprando di Cremona racconta invece nella sua Antapodosis di come Adalberto, marchese di Tuscia, e «Ildeprandus, praepotens comes» («potentissimo conte»)[15], si ribellarono a Lamberto II di Spoleto mettendo insieme un grande esercito e recandosi a Pavia.[16] Avvertito dell'arrivo dei toscani quando questi stavano attraversando il monte Bardone, Lamberto preferì attaccarli di sorpresa durante la notte, riuscendo a infliggere loro una grave sconfitta: Ildebrando sopravvisse e si dette alla fuga, abbandonando Adalberto, come scrive Liutprando, nascosto dentro una stalla.[16] Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
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