Valéry descrive un piccolo cimitero, posto in vicinanza del mare, dove le tombe, di colore bianco, risplendono fra i cipressi sotto la luce del sole che ricava incanti dalla vicina superficie del mare. Alla descrizione visiva, il poeta intercala riflessioni e pensieri sulla vita e sull'essere assoluto (rappresentato dal Sole), l'essere relativo all'uomo (il mare) e il non essere (il cimitero)[2][3]. I termini filosofici trovano, in questa poesia, un profondo senso poetico in quanto pensieri e ragionamenti sono riassorbiti di continuo nel fascino della contemplazione da cui sono nati[4].
Il cimitero del titolo è identificato col cimitero di Sète, la città natale di Paul Valéry: un cimitero destinato in passato alla sepoltura di marinai o viandanti, intitolato inizialmente a Saint-Charles (San Carlo) e ribattezzato nel 1945 «Cimetière marin» a cagione del poemetto di Valéry[5].
Paul Valéry, Le cimetière marin, Paris: Émile-Paul Frères, 1920
Paul Valéry, «Le cimetière marin». In: Paul Valéry, Charmes: ou poèmes, Paris: Edition de la Nouvelle Revue Française, 1922
Paul Valéry, Il cimitero marino; traduzione metrica di Lionello Fiumi, Paris: Cahiers de "Dante", 1935
traduzione di Alvaro Valentini; testo originale a fronte, Lanciano: Ed. di Nuvole, 1952 Il poemetto di Paul Valéry è pubblicato assieme a Il meriggio di un fauno di Stéphane Mallarmé tradotto ugualmente da Alvaro Valentini. Edizione di 300 esemplari numerati. L'edizione tête-bêche è a cura di Alessandro Caretta
traduzione di Mario Tutino; prefazione di Alessandro Parronchi, Milano: All'insegna del pesce d'oro, 1962 (1000 copie numerate); poi Torino: Einaudi ("Collezione di poesia" n. 27), 1966 ISBN 88-06-02816-2
traduzione di Giuseppe Centore, Caserta: Quaderni di Artepresente, 1984
traduzione di Mara Teresa Giaveri, Milano: Il Saggiatore, 1984
traduzione di Maurizio Meschia ; introduzione di Andrea Pasquino, Bergamo: Le cinque vie, 1989
con testo francese a fronte a cura di Raul Capra, Novara: Interlinea, 2016, ISBN 978-88-6857-088-0
Note
^«Μή, φίλα ψυχά, βίον ἀθάνατον / σπεῦδε, τὰν δ' ἔμπρακτον ἄντλει μαχανάν», in italiano: «Dunque non agognare, o mia dolce anima, / Vita immortal, ma ciò che è dato esercita» (Pindarus, Le odi e i frammenti; traduzione, con prolegomeni e commento di Giuseppe Fraccaroli, Milano: Istituto Editoriale Italiano, 1914, Vol. II, p. 63)
^Gustave Cohen, Essai d'explication du Cimetière marin, Paris: Gallimard, 1933
^Daniel Lefèvre, Paul Valéry, Le Cimetière marin: thèmes et structure (pdfArchiviato il 18 aprile 2017 in Internet Archive.)
^(FR) Philippe Landru, Le cimetière marin de Sète, su Cimetières de France et d'ailleurs, 21 novembre 2010. URL consultato il 17 aprile 2017.
Bibliografia
Mario Bonfantini, «Poesie (di Valéry)|Poésies», in Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature, VII (Pat-Q), Milano, Bompiani, 2005, pp. 7271-72, ISSN 1825-7887 (WC · ACNP).