Giuseppe Pizzorno
Giuseppe Pizzorno (Cagliari, 14 agosto 1891 – Roma, 1980) è stato un generale italiano che si è distinto in numerose battaglie, sia nella prima sia nella seconda guerra mondiale ricoprendo, al termine della sua carriera, la carica di Capo di stato maggiore dell'Esercito Italiano. BiografiaNacque a Cagliari nel 1891, figlio di Enrico e di Clotilde Benvenuto. Arruolatosi nel Regio Esercito iniziò a frequentare la Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena da cui uscì con il grado di sottotenente assegnato all'arma di fanteria. Appena ventenne, nel 1911, partecipò alla guerra italo-turca combattendo in Libia.[1] All'atto dell'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, prestava servizio come comandante di una compagnia della Brigata "Sassari" guadagnandosi subito una medaglia d'argento al valor militare.[1] Nel corso del conflitto fu ferito gravemente due volte, la prima volta a Monte Moschiagh nel 1917 e una seconda volta a Col d'Echele, nel corso della prima delle battaglie dei Tre Monti nel gennaio 1918. Nel corso del conflitto Giuseppe Pizzorno e i suoi quattro fratelli si ritrovarono a combattere in prima linea e oltre a Giuseppe Pizzorno anche alcuni dei suoi fratelli furono feriti, ma al termine del conflitto i cinque fratelli Pizzorno tornarono tutti salvi a casa.[1] Dopo la Grande Guerra venne dapprima destinato in Somalia, in forza al Regio corpo truppe coloniali, al comando di formazioni Dubat.[1] Prese poi parte alla guerra d'Etiopia, e alle successive grandi operazioni di polizia coloniale guadagnandosi la Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia, conferitagli nel giugno del 1939[2] e un'altra medaglia d'argento al valor militare. Nel secondo conflitto mondiale operò ancora in Africa Orientale con il grado di colonnello quale capo di gabinetto del governo dell'Amhara e successivamente quale Capo di stato maggiore nello scacchiere Nord.[1] Ancora una volta ferito, venne decorato ancora tre volte,[1] cadendo alla fine prigioniero insieme al Duca Amedeo d'Aosta[1] nell'ultima eroica resistenza nella seconda battaglia dell'Amba Alagi. Dopo due anni di prigionia in Egitto fece ritorno in Italia ricoprendo al termine del conflitto importanti incarichi anche internazionali a Washington e in Europa,[1] ricevendo nel 1949 la Croce di Ufficiale dell'Ordine militare d'Italia,[2] concludendo la sua carriera ricoprendo tra il 1952 e il 1954 la carica di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Nel corso della sua carriera è stato comandante della Brigata "Sassari" e dell'Accademia militare di Modena ed è stato insignito di cinque medaglie d’argento e altrettante di bronzo al valor militare e numerose onorificenze italiane e straniere.[3] Onorificenze— Regio Decreto 16 giugno 1939.[2]
— Decreto del Presidente della Repubblica 1 dicembre 1949.[2]
«Con intelligenza e coraggio, conduceva la propria compagnia all'assalto della posizione nemica. Ferito, non appena medicato, riprendeva il comando del proprio reparto, finché colpito nuovamente, per la grande perdita di sangue era costretto a lasciare il posto di combattimento. Prima di lasciarlo, incitava però ancora i propri dipendenti a perseverare saldi nella lotta. Asiago, 27 giugno 1916.»
«Comandante di una colonna d'assalto di prima ondata, alla testa dei suoi uomini si slanciava con sicuro intuito tattico contro una posizione fortemente trincerata ed eccitando l'entusiasmo dei dipendenti, li trascinava avanti con bell'impeto. Conquistato l'obiettivo prontamente si accingeva ad organizzare la difesa, quando venne ferito al collo da una pallottola di mitragliatrice avversaria. Col d'Echele (Asiago), 28 gennaio 1918.»
«Capo di S.M. di una colonna operante, durante una cruenta battaglia, si recava più volte in prima linea per assumere informazioni recare ordini verbali urgenti ed importanti, rendersi conto del funzionamento dei vari servizi. Assumeva poi il comando di un distaccamento celere lanciato all'inseguimento del nemico. Sosteneva vittoriosamente due scontri con forti nuclei avversari, durante i quali era a tutti di alto esempio per sprezzo del pericolo e sereno ardimento. Già distintosi in precedenti fatti d'arme. Dagnerrei-Mererale, 15-28 ottobre 1935; Gorrahei, 5-6 novembre 1935; Birgot-Hamanlei, 24-25 aprile 1936; Giggiga, 5-11 maggio 1936.»
«Cassala, 4 luglio 1940; M. Sciusceib, 5-6 novembre 1940; Cheren, 3-5 febbraio e 6-27 marzo 1941; Ad Téclasan, 28-31 marzo 1941; Dessiè, 26 aprile 1941.»
— Decreto Luogotenenziale 5 giugno 1946.[4] «Durante uno dei più cruenti bombardamenti su Asmara, mentre ancora gli aerei avversari spezzonavano e mitragliavano successivamente le vie della città, incurante del pericolo e confermando il valore dimostrato sui campi di battaglia, si portava immediatamente sui luoghi più bersagliati intervenendo di persona per far liberare dal fuoco e dalle macerie morti e feriti. A.O., 28 febbraio 1941.»
— Regio Decreto 8 agosto 1920.
«Partecipava all'eroica difesa dell'Amba Alagi, esponendosi con esemplare fermezza e coraggio non comune al micidiale fuoco nemico per assolvere importanti compiti. Amba Alagi, maggio 1941.»
— Regio Decreto 8 agosto 1920. — Regio Decreto 20 aprile 1937.[5]
— Regio Decreto 19 maggio 1938.[6]
— Regio Decreto 5 luglio 1928.[7]
— Decreto del Presidente della Repubblica 12 dicembre 1952[8]
Note
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