Gioventù Fascista

Gioventù Fascista
StatoItalia (bandiera) Italia
Linguaitaliano
PeriodicitàSettimanale (fondazione - 1932); decadale (1932 - giugno 1933); quindicinale (luglio 1933 - chiusura)
Fondazione23 marzo 1931
Chiusura1936
DirettoreCarlo Scorza (23 marzo 1931 - 27 dicembre 1931); Achille Starace (27 dicembre 1931 - chiusura).
 

Gioventù Fascista era una rivista per ragazzi pubblicata dal 1931 al 1936, durante l'Italia fascista di Benito Mussolini. Essa includeva storie e illustrazioni che esaltavano il regime fascista e ne promuovevano gli ideali. La maggior parte delle copertine della rivista includeva il fascio littorio e, a volte, anche una simbologia che rimandava all'Impero Romano; lo stile delle illustrazioni era molto influenzato dall'art deco.

Storia

La rivista fu fondata il 23 marzo 1931, in occasione del dodicesimo anniversario della fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento (precursori del Partito Nazionale Fascista); primo direttore fu Carlo Scorza, sostituito, a partire dal numero 40-41 del 27 dicembre 1931, da Achille Starace.

Durante la sua breve esistenza, fascisti noti come Filippo Tommaso Marinetti, Italo Balbo, Giovanni Giuriati, e Giuseppe Bottai hanno scritto per la rivista. Chiuse nel 1936.

Vennero pubblicati 177 numeri per un totale di 167 fascicoli (alcuni fascicoli erano numeri doppi):

  • 1931 - settimanale - 41 numeri - 40 fascicoli (doppio 40-41)
  • 1932 - decadale - 35 numeri - 33 fascicoli (doppi 8-9 e 14-15)
  • 1933 - decadale e poi quindicinale - 29 numeri - 28 fascicoli (doppio 14-15)
  • 1934 - quindicinale - 24 numeri - 22 fascicoli (doppi 10-11 e 16-17)
  • 1935 - quindicinale - 24 numeri - 22 fascicoli (doppi 8-9 e 14-15)
  • 1936 - quindicinale - 24 numeri - 22 fascicoli (doppi 162-163 e 168-169) (nel 1936 i numeri vennero conteggiati a partire dal primo del 1931 consecutivamente così che l'ultimo fu numerato come 177)

Le copertine delle annate 1931 e 1932 furono firmate da illustratori noti tra i quali Duilio Cambellotti, Cesare Gobbo, Mameli Barbara, Vittorio Pisani e Tato.

Collegamenti esterni