Nato da Giuseppa Giampaoli, di benestante famiglia lucchese e da Edoardo, professore, viene avviato alla pittura dallo zio Cesare[1], apprezzato autore di dipinti a tema bellico; si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove segue il corso di nudo tenuto dal concittadino Giovanni Fattori[2], amico dello zio e frequenta gli altri più noti esponenti del movimento macchiaioloTelemaco Signorini e Silvestro Lega.
Espone per la prima volta nel 1892 alla Promotrice di Torino con Strada di collina presso Livorno e Pascolo in Campo al Melo presso Livorno, ma senza dare continuità al suo talento, a causa di un carattere eccessivamente esuberante e della sua predilezione per un tenore di vita agiato, fino a una crisi economica familiare che lo spinge al trasferimento a Marsiglia, dove lavora come conduttore di tram a cavalli.
Dopo pochi mesi torna in Italia tra Livorno, ospite del fratello Adolfo, Lucca, Fossa d'Abate e Firenze, dove è ospite dell'amico Plinio Nomellini e si dedica in modo dispersivo alla pittura, ritraendo in particolare nature morte (risalgono a questo periodo Ricci e boccale, Aringhe, Sinfonia rossa, Sigaro e arance), paesaggi (Pini a Quercianella, Piazza a Livorno) e soggetti (La caccia al cervo a San Rossore, Autoritratto), dove è evidente l'influenza del maestro Giovanni Fattori e, quindi, la matrice macchiaiola del suo tratto.
Nel 1925 si tiene a Milano la sua prima mostra personale, che ottiene un notevole successo, con l'apprezzamento dell'affermato pittore Carlo Carrà[4] e, pertanto, la notorietà del pubblico e della critica, che paragona la sua arte ai noti esponenti impressionisti dell'epoca che, di fatto, Bartolena ignora.
Nel 1926 partecipa alla Mostra del Paesaggio di Bologna, nel 1927 all'esibizione del Circolo di Cultura di Bologna e tiene altre personali a Livorno, presso la Bottega d'Arte e a Milano.
Partecipa nel 1929 e 1930 alle mostre della Galleria Micheli di Milano, nel 1931 alla prima Quadriennale di Roma e nel 1932 alla Biennale di Venezia, senza però abbandonarsi al richiamo di una pittura più vicina ai fini commerciali che espressivi.
Muore in povertà e solitudine il 16 febbraio 1942, nell'ospedale di Firenze.[5]
Gli è dedicato un busto realizzato dallo scultore livornese Giulio Guiggi e posto nel giardino di Villa Fabbricotti a Livorno[6]. Tra i suoi allievi si ricorda Augusto Volpini.[7]
Definito da molti critici postmacchiaiolo[8], Bartolena deriva dal maestro e macchiaioloGiovanni Fattori, con i suoi insegnamenti volti a valorizzare l'individualismo più che la riproduzione di altri stili, la volontà di potersi esprimere completamente e liberamente, manifestando con sincerità la propria personalità umana e artistica[9].
La predilezione per i temi naturali (fiori, animali, paesaggi selvaggi, marine) viene resa con una grande intensità e lucentezza di colore, elaborato direttamente sulla tavola e utilizzato in ampie gamme, toni caldi e con una visione semplice e schietta, esaltando il lato emotivo della realtà e quindi avvicinandolo alla corrente espressionista.
Opere principali
Natura morta (1890-1910), olio su tela, collezione privata presso Palazzo della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra[10];