Figlio del pittore Salvatore e di Margherita Pighina, nacque probabilmente a Velate, discendente della nobile famiglia Bianchi che lì risiedeva. Contemporaneo di Pietro Antonio Magatti, figura di rilievo nell'arte varesina, risentì dell'importanza del suo conterraneo maggiormente conosciuto.
Affidò la sua formazione inizialmente al padre, con il quale collaborò nelle prime opere ad affresco, quali il ciclo della Madonna delle Grazie a Busto Arsizio. Crebbe nel fermento culturale che percorse Velate nel XVII secolo, sede di molti degli artisti che in quegli anni lavorarono sul progetto voluto da Giovanni Battista Aguggiari che diede vita al Sacro Monte di Varese. Collaborò frequantemente nelle sue imprese di affrescatore con i quadraturisti Giacomo Antonio e Antonio Francesco Giovannini da Varese, autori delle elaborate e fantasiose architetture caratteristiche del cosiddetto barocchetto lombardo. Al loro fianco eseguì le campagne decorative più ambiziose, quali l'abside di Sant'Antonio Abate a Lugano, di San Martino (Varese) e soprattutto l'opera più imponente, nella Chiesa di San Cristoforo (Vercelli)[1].
martirio di San Vittore: la condanna, il martirio, la decapitazione e il ritrovamento del corpo, figure allegoriche delle virtù nei pennacchi: Fede, Speranza, Carità e Fortezza,Basilica di San Vittore (Verbania)
Note
^ab Paolo Triolo, Gli interventi decorativi settecenteschi nella chiesa di San Cristoforo di Vercelli, in Bollettino della Parrocchia di San Cristoforo, 2003.
Mina Gregori (a cura di), Pittura tra Ticino e Olona. Varese e la Lombardia nord-occidentale, Milano, Amilcare Pizzi per Cariplo, 1992.
Paolo Triolo, Gli interventi decorativi settecenteschi nella chiesa di San Cristoforo di Vercelli, in Bollettino della Parrocchia di San Cristoforo, 2003.