Fakhr al-Dīn al-RāzīFakhr al-Dīn al-Rāzī (in arabo فخر الدين الرازي?, in persiano فخر الدين رازی; Rey, 1150 – Herat, 1210) è stato un filosofo e teologo persiano. È conosciuto anche con l'appellativo di "Figlio del Predicatore" (in arabo Ibn al-Khatìb) in quanto suo padre, l'imam Ḍiyāʾ al-Dīn al-Makkī, fu un eminente oratore e giurista esperto dei principi fondamentali della giurisprudenza e della religione (Usul al-fiqh). Fakhr al-Dīn si distinse come uno dei più brillanti scienziati dell'Asia centrale al suo tempo, guadagnandosi il titolo di "signore dei sapienti" (Sayyid al-hukamà).[1] BiografiaFakhr al-Dīn al-Rāzī studiò medicina, giurisprudenza, filosofia e religione. Oltre a sua padre, tra i suoi maestri figuravano Kamāl al-Dīn al-Simnānī, il filosofo Majd al-Dīn al-Jīlī, che gli aveva insegnato la dottrina ortodosso-shafitica, e il qadi Ali Abu Muhi al-Din. Presto Fakhr al-Dīn acquisì una tale fama da attrarre molteplici discepoli, tra cui anche principi e sultani.[1] Inizialmente divenne predicatore come suo padre nella nativa Rey, ma a seguito di alcuni suoi studi alchimistici rivelatisi fallimentari[1] si recò nella Transoxiana, dove il sultano di Ghazni Ghiyath al-Din Ghuri gli concesse di permanere nel Khorasan e di insegnare al Palazzo reale di Herat. Fakhr al-Dīn dovette tuttavia rinunziare presto all'incarico per via dell'inimicizia che si era creata con la corrente eterodossa dei karramiti, in particolare con il qadi Abd al-Magd, perciò tornò nella nativa Rey, dove godette della protezione del sultano di Corasmia Ala al-Din Tekish.[2] Viaggiò a Bamiyan e nuovamente a Herat, raccogliendo attorno a sé eminenti discepoli come Ibn Arabi, Zayn al-Dīn al-Kaššī, Qutb al-Din al Misri e Shihāb al-Dīn al-Nisaburi.[2] Il pensieroFakhr al-Dīn al-Rāzī fu un eminente asharita che cercò di armonizzare la teologia islamica (kalām) con la filosofia, in particolare quella di Avicenna. Le sue opere spaziano dalla letteratura araba alla storia e alla medicina, tuttavia sono particolarmente ricordati i suoi commenti al Corano e le sue dissertazioni teologiche, anche quelle relative ad altre religioni diverse dall'Islam, come ad esempio Iʿtiqādāt firaq al-Muslimīn wa-l-mushrikīn ("I credi delle sette musulmane e non musulmane"), Muḥaṣṣal, Al-maṭālib al-ʿāliya e Kitāb al-arbaʿīn.[3] In Al-tafsīr al-kabīr (o Mafātīḥ al-ghayb) egli mette in discussione Gesù e l'eventualità di nascere senza un padre e rifiuta il credo della trinità cercando di dimostrare come sia solo un profeta, e non figlio di Dio.[3] In campo filosofico, al-Razi sviluppò una propria versione della cosmologia, basata sulla teoria dell'emanatismo di Avicenna e su una serie di idee sufi. Riteneva che Dio controllasse l'universo attraverso la sua sfera ultima, definita il Trono, fonte di altre anime cosmiche. Secondo al-Razi, il cosmo materiale è costituito dalle sfere superiore e inferiore, formate a koro volta dalle sfere di terra, acqua, aria e fuoco annidate l'una nell'altra.[4] Le sue opere riscontrarono un'ottima accoglienza da parte dei mutakallim, dei peripatetici e dei tradizionalisti dei secoli XIII-XIV. D'altro canto, venne duramente criticato da Ibn Taymiyya e da Abu Hayyan al-Gharnati per le sue opinioni eterodosse.[4] Opere
Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
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