Fabrizio CarloniFabrizio Carloni (Roma, 30 aprile 1953) è un giornalista e storico italiano. Vive e lavora a Napoli. BiografiaNato a Roma nel 1953 e residente a Napoli, dopo gli studi liceali si laurea In Scienze Politiche; dal 1979 collabora con il quotidiano Roma di Napoli. Dalla fine degli anni 1990 contribuisce alla pagina Banche e finanza de Il Denaro; dagli inizi degli anni Duemila collabora con i periodici Storia Militare, Nuova Storia Contemporanea e Storia & Battaglie. È nipote del sindacalista delle Acciaierie di Terni Maceo Carloni, ucciso il 4 maggio 1944 da elementi della Brigata Garibaldi "Antonio Gramsci" a Casteldilago. Attività giornalisticaPer il Roma, come opinionista, scrive in prima pagina sui temi della camorra, dell'islamismo, del parassitismo e dello sfruttamento dei minori. Per Il Denaro scrive dal 1997; i suoi articoli sul giornale finanziario hanno anticipato il decadimento del sistema bancario occidentale sin dal 2001. Suoi contributi sono stati pubblicati nella sezione Cultura dei quotidiani Il Secolo d'Italia e Il Tempo di Roma, La Sicilia di Catania e La Gazzetta del Mezzogiorno di Bari. Per I'M Magazine, diretto dalla figlia Ilaria, cura Opinioni su società e costume. Ricerca storicaI suoi studi hanno contribuito a riportare alla luce una delle prime stragi commesse da un esercito straniero nella Campagna d'Italia 1943-1945 (Vittoria, Sicilia, 10 luglio 1943; pubblicato su Nuova Storia Contemporanea n. 2 di marzo-aprile 2009)[1][2]. L'episodio ha trovato conferma definitiva grazie alla testimonianza rilasciatagli da Salvatore Alberto Mangano, nipote del podestà di Acate Giuseppe Mangano e del fratello di quest'ultimo, Ernesto, trucidati in quelle circostanze da militari statunitensi con il figlio di Giuseppe, Valerio, di 17 anni. In seguito, ha ricostruito l'uccisione dei Carabinieri del Posto Fisso di Passo di Piazza (Gela)[3] avvenuta ad opera di paracadutisti statunitensi della 82ª divisione aviotrasportata nel corso dell'Operazione Husky I[4][5]. La conferma, con l'intervista al carabiniere Antonio Cianci, nel frattempo rintracciato, è stata data con un suo intervento sul Corriere della Sera del 9 agosto 2010[6]. La versione definitiva della vicenda ha trovato sistemazione storica nel suo saggio Gela 1943 - Le verità nascoste dello sbarco americano in Sicilia, pubblicato da Mursia nel 2011. Il professor Francesco Perfetti curò la presentazione di quel lavoro. The Times di Londra, in occasione del settantesimo anniversario dello sbarco in Sicilia, il 12 luglio 2013, ha divulgato la notizia dell'apertura da parte della Procura Militare di Napoli di un fascicolo sulle stragi compiute dagli statunitensi in Sicilia[7]. Nell'intervento, firmato dal giornalista Philip Willan, il quotidiano ha citato Fabrizio Carloni come artefice della scoperta della fucilazione dei Carabinieri del Posto Fisso di Passo di Piazza[7], notizia ripresa dall'edizione pomeridiana del TG1 del 13 luglio[8]. In merito alla battaglia di Gela, ha ricostruito alcune pagine importanti dei combattimenti dimostrando, tra l'altro, l'assenza di truppe di colore nordamericane tra i reparti coinvolti nelle fasi iniziali dello sbarco; circostanza riferita, precedentemente, da molti testimoni civili e militari della battaglia e riportata da ufficiali italiani in relazioni di servizio.[9] Carloni ha anche smentito, materiale documentario alla mano, la tesi della distruzione, da parte statunitense, di una intera compagnia di carri armati (preda bellica francese)[10][11][12] del Regio Esercito; versione, quest'ultima, fino ad allora sostenuta da molte fonti, tra le quali il saggio di Alberto Santoni pubblicato dall'Ufficio Storico dello Stato maggiore dell'Esercito. OpereLibri
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