Figlio di Isabella Sorce e Paolo Giudici, insegnante e scrittore[1]. All'età di tre anni perde la madre. A dieci anni, lascia la Sicilia per seguire il padre. I frequenti cambiamenti di sede di quest'ultimo lo portano a proseguire i suoi studi a Piacenza, Pavia, Potenza e Roma. Consegue la laurea in lettere nel 1944[2].
Da studente, è vicino al Gruppo Universitario Fascista[3][4]. Durante la seconda guerra mondiale, alla quale non partecipa per le malferme condizioni di salute[2], scrive in Orizzonte, l'organo ufficiale della Xa MAS[4], e Fronte Unico, un settimanale fascista virulento[5] diretto da Vito Videtta, un membro della «Banda Koch»[6]. In un articolo di dicembre 1943, Giudici considera che il fascismo nega classi ed individui, rimanendo totalitario e corporativo[5]. Scrive anche per Libro e moschetto, il giornale del Gruppo Universitario Fascista[7]. In Universalità e nazionalità delle guerre, un articolo pubblicato in aprile 1943 in Libro e moschetto, scrive: «La guerra attuale è una guerra universale e nazionale ad un tempo, in cui si decidono - attraverso la nostra coscienza italiana - i valori e le sorti del mondo. La lotta è certo tra due secoli e due idee, ma appunto perché è lotta tra popoli, perché sono popoli che attuano e rappresentano le idee»[8]. Nel 1944, durante la Repubblica Sociale Italiana, dibatte con Roberto Farinacci sulle riforme nel giornale Repubblica fascista[9]. Scrive in Repubblica Sociale, una rassegna mensile diretta da Manlio Sargenti[10], un articolo intitolato Economia socializzata ed economia corporativa[G 1][11]. Lo stesso anno, scrive un libro sulla socializzazione delle imprese[G 2][12]. Nel 1946, è «vicepresidente del consiglio direttivo»[13][14] del nuovo Movimento Italiano di Unità Sociale, che riunisce l'élite fascista[15] e precorre, non solo di nome, il MSI[16][17]. Nel 1947, collabora[18] al Pensiero nazionale, una rassegna creata da Stanis Ruinas per riunire gli «ex fascisti di sinistra»[4].
Solo nel 1948 riesce a trovare un lavoro, insegnando in scuole di vario ordine e grado, quali l'avviamento, le scuole medie e i licei[2].
Il critico letterario Gino Raya nota la «sensitività»[19] di Giudici per gli scacchi: viaggia per partecipare ai tornei, polemizza sull'introduzione in Italia del sistema Elo[20] e scrive un articolo[G 3] sul gioco degli scacchi nella letteratura.
Muore nel 1985 dopo una breve malattia[21]. La sua biblioteca, costituita da oltre 20.000 volumi[2], si trova attualmente all'università del Salento[22].
Percorso accademico
Inizia la carriera universitaria come lettore d'italiano alla facoltà di lettere dell'università di Tolosa, nel periodo 1957-1962[23].
Il suo «prolifico»[26] interesse accademico è centrato su un gruppo di scrittori lionesi del '500 chiamato scuola lionese[27], in particolare su Louise Labé[G 4][G 5] e Maurice Scève[G 6][G 7], il possibile scopritore dell'eventuale tomba di Laura de Noves[G 8][28][29], sottolineando, forse esageratamente[30], l'influenza di Petrarca[G 9][31][32]. Nel 1958 pubblica un'edizione critica delle opere minori di Maurice Scève[G 10] e nel 1976 «la prima propria edizione critica»[G 11][33], ma considerata oggi parziale e invecchiata[34], dell'ultima poema di Scève, Microcosme. Nel 1981, pubblica un'edizione scientifica delle opere di Louise Labé[G 12], «solida» e «lussuriante»[35], ma considerata oggi incompleta[36][37]. Il suo lavoro di editore, spesso con note eccessive[38], e la sua ricerca di documenti sono apprezzati da molti specialisti che lodano la sua «densità di informazioni»[35][39], piuttosto che le sue analisi letterarie[40][41]. In riconoscimento della sua contribuzione[42] al rinnovo dell'interesse per questi poeti, Giudici ha ricevuto per il suo lavoro un prix d'honneur dell'Académie des Sciences, Belles-Lettres et Arts de Lyon[43].
Saggi sulla cultura fascista
Giudici è stato soggetto a critiche per la sua relazione con il fascismo[44]. In Memorie e pensieri di un cattedratico[G 13], considera il fatto di menzionare le sue relazioni con il fascismo come cosa falsa e vile confusione della cultura con la politica[45]. Aggiunge che «Fascismo-antifascismo [è] un'antitesi stantia e superata [e] il significato e il valore della parola fascismo [è] tra i più controversi. Di questi ismi contemporanei, anzi, io ho sempre estremamente diffidato»[46]. Benché lo storico Carlo Vallauri noti che Giudici non si è mai identificato con il MSI[47], un'affinità, che alcuni considerano come l'espressione di un «non conformismo»[48] di «nuova destra»[49][50], traspare dalle sue prese di posizione sul movimento studentesco o sulla cultura del fascismo.
In L'avvento dell'asinocrazia[G 14] e Contestatori alla sbarra[G 15], Giudici critica il movimento studentesco. Le sue posizioni sono state considerate dallo storico Carlo Vallauri come «le tesi più nette e organiche di rifiuto alla comprensione di tutto il fenomeno esploso in Italia dal '67 in poi»[51]. L'espressione avvento dell'asinocrazia era stata prima usata nel 1968 da Giovanni Sartori in un articolo del Corriere della Sera per caratterizzare il movimento studentesco come un «trionfo degli asini»[52]. In La scuola inutile[G 16], inizialmente intitolato Asini allo spiedo per il pasto del barone, Giudici critica non solo gli studenti «contestatori», ma anche la classe politica, che giudica «imbelle»[53].
Alla fine degli anni '70, Giudici contribuisce nel Secolo d'Italia, il giornale del MSI, a un dibattito sulla cultura del periodo fascista[54]. Scrive: «Scartata l'idea, insostenibile, di un'incultura o anticultura fascista, il quesito si pone in questi termini: Il fascismo fu solo rispettoso della cultura o fu produttore di cultura esso stesso»[G 17][55]. Queste considerazioni sono sviluppate nel 1982 in Ricerche sulla cultura dell'era fascista.[G 18] e in Riflessioni sulla cultura del periodo fascista[G 19], pubblicato postumo dall'Istituto di studi corporativi di Gaetano Rasi, un punto di riferimento di studi e di strategia della politica economica del MSI[56][57][58], dove Giudici integra[59] delle analisi di Robert Michels sul sincretismo di Mussolini[60].
In quest'ultimo libro, Giudici condanna l'antisemitismo fascista[61]. Lo storico Gianni Scipione Rossi nota che Giudici «non nega né minimizza. Si limita a mettere in rilievo la "riluttanza" dell'antisemitismo mussoliniano»[62].
^Replica alle accuse di incultura o anticultura rivolte al fascismo in Comitato nazionale per il centenario della nascita di Benito Mussolini, 1986 ISBN 9788875181000.
^Ricerche sulla cultura dell'era fascista, 1982 OCLC 715944559.
^ Michela Sacco Messineo, La polvere e la memoria. Due scrittori siciliani: Paolo Giudici e Paolo Emiliani Giudici., Università degli studi di Palermo, Facoltà di lettere e filosofia, 2003. OCLC 57547422
^abcdSecondo Rosetta Bonomo citata in Erika Diliberto, Il ricordo dello scrittore Enzo Giudici, in Castello Incantato, 15 settembre 2010. URL consultato il 24 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 24 marzo 2012).
^abc Paolo Buchignani, Fascisti rossi: da Salò al PCI, la storia sconosciuta di una migrazione politica: 1943-53, Mondadori, 1998, pp. 26–27, ISBN978-88-04-45144-0.
^ab Amedeo Osti Guerazzi, "La repubblica necessaria": il fascismo repubblicano a Roma, 1943-1944, FrancoAngeli, 2004, pp. 49–51, ISBN978-88-464-5650-2.
«Enzo Giudici, sempre su "Fronte Unico", ribadiva che il fascismo negava classi ed individui, rimanendo totalitario e corporativo.»
^ Mario Avagliano, Generazione ribelle: diari e lettere dal 1943-1945, Einaudi, p. 125, ISBN88-06-18308-7.
^ Luigi Ganapini, La repubblica delle camicie nere, Garzanti, 1999, p. 248, ISBN978-88-11-69309-3.
^ Renzo De Felice, Mussolini: L'alleato, vol. 1, Einaudi, 1965, p. 881.
^ Franco Catalano, Una difficile democrazia: Italia 1943-1948, vol. 1, G. D'Anna, 1980, OCLC491337294.
«Il Farinacci svalutava la socializzazione nei riguardi della vecchia Carta del lavoro, ed avrebbe voluto rimandare al dopoguerra la realizzazione della riforma (tesi criticata da E. Giudici, Perché bisogno ora di socializzazione in Repubblica fascista cit.) che, secondo lui, non era molto importante né necessaria.»
^ Roberto Bonini, La Repubblica sociale italiana e la socializzazione delle imprese: dopo il Codice civile del 1942, G. Giappichelli, 1993, p. 14.
«Il Sargenti [...] fu anche direttore responsabile di Repubblica Sociale - Rassegna mensile di problemi politici sociali economici e giuridici, che uscì a Milano fra il 1944 ed il 1945.»
^ Sonia Michelacci, Il comunismo gerarchico: l'integralismo fascista della corporazione proprietaria e della Volksgemeinschaft, Edizioni di Ar, 2003, p. 53.
^La Repubblica sociale italiana e la socializzazione delle imprese: dopo il Codice civile del 1942, p. 392
«Nell'atto notarile di costituzione ufficiale del MIUS (notaio Tito Staderini, 23 dicembre 1946, repertorio 6916, racc. n. 3557, registrato a Roma, Ufficio Atti pubblici, 24 dicembre 1946) [...] Il Consiglio direttivo fu formato da Giorgio Vicinelli, presidente, Enzo Giudici, vicepresidente [...] L'episodio fu ricordato dallo stesso Giorgio Almirante in "Il Tempo" dell'8 novembre 1986 e nel "Secolo d'Italia" del 22 maggio 1988.»
^Italia contemporanea, n. 238-241, Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, 2005, p. 271.
^ Ottavio D'Agostino, Furore nero. Il tormento di un «orfano» di Mussolini dalla Repubblica Sociale alla democrazia, Edizioni Arterigere, 2008, p. 181, ISBN978-88-89666-32-6.
^ Alessandro Silj, Malpaese: criminalità, corruzione e politica nell'Italia della prima Repubblica, 1943-1994, Donzelli Editore, 1994, p. 73, ISBN978-88-7989-074-8.
^Movimento sociale italiano, su archivionline.senato.it, Senato Italiano. URL consultato il 2 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 4 settembre 2011).
^ Carlo Amabile, 1947, su sites.google.com, Senti le rane che cantono. URL consultato il 2 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2014).
«Il Giudici affrontava persino dei viaggi per partecipare ai tornei scacchistici. Un suo studio sul Gioco degli scacchi nella letteratura (1983) è una sorta di riflesso di un'ampia ala della sua ricchissima biblioteca, dedicata, appunto, agli scacchi.»
^ Mario Leoncini, Enzo Giudici, in Enciclopedia degli scacchi in Italia. URL consultato il 5 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 23 luglio 2011).
«Si oppose all'introduzione del punteggio Elo in Italia in una serie di articoli che finirono con lo sfociare in aperta polemica. Sull'argomento pubblicò anche l'opuscolo "Il sistema ELO in Italia nel gioco degli scacchi" (supplemento alla rivista "Due Alfieri, dicembre 1979).»
^ Giovanni Ferreti, In memoria di Enzo Giudici (PDF), in Università di Macerata. Annali della facolta di lettere e di filosofia, Editrice Antenore, 1984, p. 7. URL consultato il 13 giugno 2011.
«Fondo Enzo Giudici: storia e letteratura francese, italianistica, verismo, scacchi.»
^abcd Antonio Possenti, Ricordo di Enzo Giudici, in Enzo Giudici (a cura di), Il tema della fortuna nella letteratura francese e italiana del Rinascimento, L.S. Olschki, 1990.
^ab Attilio Moroni, Scritti rettorali. Le relazioni per l'inaugurazione dell'anno accademico (1977-1985) e altri scritti, Alfabetica Edizioni, 2006, pp. 36, 58, 60, 85, ISBN978-88-902509-0-3.
«La production lyonnaise de Labé, Scève ou Pontus de Tyard [...] avait attiré au cours des années 80 l'attention de critiques très prolifiques tels que Enzo Giudici, Antonio Possenti, ou Guido Saba.»
^(FR) Diego Scarca, Les rapports entre la critique italienne et la littérature française de la Renaissance dans ces dix dernières années (1976-1986), in Réforme, Humanisme, Renaissance, vol. 24, 1987, p. 8.
«Enzo Giudici [...] avait fait de l'“école” lyonnaise du XVIème siècle l'objet privilégié de ses recherches pendant toute sa carrière.»
«Il se fit ouvrir la tombe et découvrit, dit-on, une médaille représentant une femme se déchirant le sein, ainsi qu'un "Sonetto" attribué à Pétrarque, enfermés dans une boîte de plomb, déposée dans le caveau.»
«La critique, elle aussi, a pris à coeur ce sujet jusqu'à nos jours insistant souvent sur la question de l'(improbable) authenticité historique de ce tombeau ou sur la part jouée par Scève dans cette affaire.»
^(FR) Jacques Rossiaud, Qui êtes-vous, Louise Labé?, in L'histoire, giugno 2006. URL consultato il 4 giugno 2011.
«Cette thèse accorde beaucoup à l'italianisme (qui aurait submergé les moeurs et la pensée lyonnaise — ce qui se discute) [...] Elle fut entretenue naguère par Dorothy O'Connor puis Enzo Giudici.»
«Il démontre avec quels brio et originalité Louise Labé, Pernette du Guillet et Maurice Scève, entre autres, s'inspirent de la poésie du quatrocento, c'est-à dire de Pétrarque et de Tullia d'Aragona, pour ne citer qu'eux.»
^(FR) Jean Balsamo, Jean-Paul Barbier-Mueller, Michel Jenneret, Les poètes français de la Renaissance et Pétrarque, Droz, 2004, p. 187, ISBN978-2-600-00947-8.
«La plupart [des échos de Pétrarque] ont été relevés par Enzo Giudici dans les copieuses notes de son édition critique.»
^(EN) Raymond C. LaCharité, A Critical Bibliography of French Literature: the 16th Century, vol. 2, Syracuse University Press, 1985, pp. 298-300.
^(FR) Histoire littéraire, su pensee-classique.ens-lyon.fr, Institut d'Histoire de la Pensée Classique. URL consultato il 12 giugno 2011.
«Elle donne assez correctement le texte de l'édition originale de 1562, mais son annotation, quoique volumineuse, est très partielle et reste loin du texte»
^ab(FR) G.A. Pérouse, Louise Labé. Oeuvres complètes., in Bulletin de l'Association d'étude sur l'humanisme, la réforme et la renaissance, vol. 16, 1983, pp. 80-81. URL consultato l'11 giugno 2011.
«Tous ceux qui enseignent la littérature du XVIème siècle déploraient depuis longtemps le manque d'une solide édition de Louise Labé. La voici [...] Quant aux notes érudites et aux données bibliographiques, leur appareil est opulent. Mais il serait étrange de s'en plaindre, vu leur utilité, et fort injuste, car leur cette luxuriance est engendrée par la passion "perfectionniste [...] Le travail d'Enzo Giudici est extraordinairement fouillé et sa bibliographie pourra notamment servir d'«état présent» des études scéviennes en 1978 (regrettons que cette richesse soit trop dispersée dans la luxuriance des notes)."»
^(FR) Béatrice Alonso, Éliane Viennot, Louise Labé 2005: études, Université de Saint-Etienne, 2004, p. 257, ISBN978-2-86272-348-8.
^A Critical Bibliography of French Literature: the 16th Century, p. 359
«Exceedingly foornotish»
^(FR) H. Weber, Enzo Giudici, Louise Labé, in Bulletin de l'Association d'étude sur l'humanisme, la réforme et la renaissance, vol. 16, pp. 76–80. URL consultato il 2 giugno 2011.
^(EN) Marie-Rose Logan, Enzo Giudici. Louise Labé. Essai, in Renaissance Quarterly, vol. 35, 1982, pp. 649–651. URL consultato il 2 giugno 2011.
«Giudici's literary analyses of Labé's text are, however, somewhat disappointing. His search for hypothetical sources tends at time to obscure rather than to enlighten the presentation of the material.»
^(EN) Russel Ganim, Renaissance resonance: lyric modality in La Ceppède's Théorèmes, Rodopi, 1998, p. 16, ISBN978-90-420-0484-9.
«Giudici's assertion that all blasons endeavour to "bring together the secret essence" of the object addressed remains vague , ignoring considerations of style, structure and the role of the poet. Giudici, whose work on the blason has proven invaluable, nevertheless has difficulty deriving a new formula from its definition.»
^ François Rigolot, Reinier Leushuis, Zahi Anbra Zalloua, Esprit généreux, esprit pantagruélicque: essays by his students in honor of François Rigolot, Droz, 2008, p. 123, ISBN978-2-600-01198-3.
«When Enzo Giudici in 1965 called Louise Labé's Débat de Folie et d'Amour one of the most original works of the sixteenth century, he did more than just give much needed recognition to La Belle Cordière, to whose works he devoted such numerous erudite studies.»
^abMémoires de l'Académie des Sciences, Belles-Lettres et Arts de Lyon, Académie des Sciences, Belles-Lettres et Arts de Lyon, 1985, p. 38.
«Le prix d'honneur de l'Académie (primevère d'argent] a été attribué, pour l'ensemble de ses travaux sur la Renaissance à Lyon, au Professeur Enzo Giudici, distingué spécialiste italien.»
«Certo quest'accusa di fascismo non è stata fatta e non poteva esser fatta ufficialmente; ma dietro le quinte, nei colloqui di corridoio, è stata profusa a piene mani.»
«Solo pietà (o disprezzo?) sento per quell'infelice (e non mi abbassero a farne il nome) che dentro e fuori la Facoltà ha mescolato la cultura alla politica e mi ha vilmente e falsamente accusato di fascismo, e del più «nero» fascismo.»
«Anche se si non si è mai identificato con il MSI, uno studioso insigne come Enzo Giudici lascia una traccia considerevole nei suoi saggi sul tema "cultura e fascismo", nonché nella critica radicale ai fenomeni innescati dal '68.»
^ Gianfranco De Turris, I non-conformisti degli anni settanta: la cultura di destra di fronte alla contestazione, Ares, 2003, p. 141, ISBN978-88-8155-259-7.
^ Mario Bozzi Sentieri, Dal neofascismo alla nuova destra: le riviste, 1944-1994, Nuove idee, 2007, p. 73, ISBN978-88-7557-222-8.
^ Gennaro Malgieri, La memoria della destra, Pantheon, 2003, p. 193, ISBN978-88-7434-039-2.
^ Carlo Vallauri, I partiti italiani tra declino e riforma, vol. 3, Bulzoni, 1986, p. 1334. ISBN non esistente
«The Institute of Corporative Studies [...]published the journal Rivista di studi corporativi [which] regularly referenced literature and authors of the Fascist period and addressed the question of differences that would obtain between the corporative structure of the Fascist state and the anticipated state of the future.»
«L'Isc aveva lo scopo di promuovere e coordinare gli studi corporativi [...] L'Isc prestava inoltre attività di consulenza per il gruppo parlamentare del Msi.»
^Riflessioni sulla cultura del periodo fascista, p. 285
^ Emiliano Pepe, Massi e il socialismo nazionale (PDF), Università degli studi del Molise, 2008, p. 141. URL consultato il 14 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 27 agosto 2011).
^Riflessioni sulla cultura del periodo fascista, p. 112
«L'antisemitismo fascista è condannabile non già perché sia condannabile persecuzione di un determinato popolo o di una determinata razza come gli Ebrei, ma perché condannabile è la persecuzione di qualsiasi razza e di qualsiasi popolo.»