Enzo Espa (Nuoro, 3 marzo1919 – Sassari, 14 dicembre2014) è stato un glottologo ed etnologoitaliano, che divenne soprattutto noto come autore del Dizionario Sardo Italiano dei parlanti la lingua logudorese, un volume di 1430 pagine[1], e di una raccolta in due volumi dei detti e proverbi sardi[2] di testi sulla tradizione sarda, che registra circa 6.500 espressioni[3][4].
A lungo corrispondente de La Nuova Sardegna, la sua ricerca si focalizzò soprattutto sulle tradizioni agricole e pastorali sarde, indagando il patrimonio culturale legato ai riti e alle manifestazioni della vita in Sardegna: dai proverbi ai canti a ballo, dai muttos ai duru duru, dalla medicina popolare alle maledizioni e benedizioni[5] e ha fatto emergere il senso e il valore originale della comunità sarda[6].
Promotore dell’importanza dell’oralità, conoscitore e studioso della cultura e della lingua sarda, analizzò l'arcaicità di certi testi popolari della lingua logudorese (duinas, tertzinas, quartinas, muttos, undighinas, ottavas e treighinas)[7], di cui si riscontrano corrispondenze in alcune rare aree più conservative del continente europeo[8]. Tenne conferenze-lezione sul canto e sulla poesia nella scansione del vivere del popolo sardo e nella funzione del conservare e tramandare la storia e la cultura della sua terra[9][10].
Conoscitore del grande universo dei migranti, fu referente scientifico del Circolo Culturale Sardo di Biella: a "Su Nuraghe" di Biella sono custodite alcune opere che egli donò quale prima dotazione per l’allora costituenda biblioteca[11].
Biografia
Nato a Nuoro, si laureò in lettere alla Sapienza di Roma, con Natalino Sapegno, discutendo una tesi sugli scrittori realistici dei primi secoli. Rientrato in Sardegna, dal 1954 visse a Sassari, dove fu docente di lettere presso l'Istituto Magistrale.
Nel 1985 il Presidente della Repubblica Sandro Pertini gli conferì diploma di benemerenza (con medaglia d'oro) per la Scuola, la Cultura e l'Arte[13].
Con il suo lavoro di ricerca, portato avanti fin dal periodo degli studi liceali attraverso informatori locali, raccolse dati per un archivio che arricchì le basi di studio su cultura e tradizioni della Sardegna, in particolare dell'area Logudorese[5]. Nella Premessa al Dizionario di Espa, lo storico Giulio Paulis afferma che ”Espa non teme confronti: pochi hanno investigato e conoscono intimamente la cultura sarda come lui e sono in grado di associare una conoscenza di questo tipo a una completa padronanza della lingua."
Espa divenne noto anche per i suoi studi sull'Archivio pittorico della città di Sassari[14][15][16].
Riferimenti
Il suo lavoro sulla lingua sarda e paleosarda è citato in diverse pubblicazioni a tema etnologico e linguistico come in Tharros Felix, in cui sono riportate le sue analisi sui lemmi e sulle usanze[17] o nell'Archivio per l'antropologia che cita i suoi studi su pastori e pastorizia[18] o nell'Antologia delle tradizioni popolari in Sardegna per la sua valorizzazione delle poesie, proverbi, filastrocche e detti sardi[19] o riguardo alle trasformazioni del linguaggio[20].
In Manuale di linguistica Sarda si parla dell'opera di Espa soprattutto in relazione al lavoro di riscoperta delle tradizioni popolari sarde, nonché del suo lavoro sulle unità linguistiche lessicali: in quella che il Eduardo Blasco Ferrer definisce una lusinghiera dotazione fraseologica, si evidenzia che per l'unità lessicale jòcu (gioco) Espa raccoglie ben 150 forme espressive[21]. Alina Zvonareva, negli atti del Congreso Internacional de Lingüística y de Filología Románicas cita il Dizionario di Espa a proposito degli arcaismi nella lingua sarda[22]
L'autore è citato nel Dizionario enciclopedico della letteratura di Sardegna[23][24].
^ Córdoba Rodríguez, Félix, 4.2.1, in Lexicografía de las lenguas románicas I perspectiva histórica, de Gruyter Mouton, 2014, ISBN3-11-039377-8, OCLC891189756.
^ Attilio Mastino, Pier Giorgio Spanu e Alessandro Usai (Archaeologist), Tharros felix, Carocci, 2011, p. 388, ISBN978-88-430-5751-1.
^ Società italiana di antropologia, etnologia e psicologia comparata, Archivio per l'antropologia e l'etnologia, Società italiana di antropologia e etnologia., 1983. URL consultato il 22 luglio 2017.