Professore presso l'ateneo di Pavia prima e in quello di Roma poi, autore di oltre 300 pubblicazioni scientifiche, dal 1926 al 1959 compì numerosi viaggi di esplorazione e ricerca in tutti i continenti[1], e in particolare nell'Africa nord-orientale. Il materiale qui raccolto, che per la quantità dovette essere trasferito in 122 colli[2], fa oggi parte della collezione del Museo civico di zoologia di Roma.
Sotto la sua direzione, che interessò il periodo dal 1935 al 1958, l'attività sistematica faunistica dell'Istituto di zoologia del primo ateneo capitolino registrò un'importante ripresa[3].
Zavattari si segnalò anche, in particolare tra gli anni venti e Trenta del Novecento, per le sue teorie sul razzismo biologico. Nel 1928, infatti, durante l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università degli Studi di Pavia, si espresse per una rigida separazione tra «razza dominante e razza dominata»[4]. Un decennio più tardi fu tra i dieci sottoscrittori del Manifesto degli scienziati razzisti, il cui testo, esteso da Guido Landra, ma ideato ed emendato da Mussolini, si configurò come atto prodromico alle Leggi razziali fasciste[5]. Scrisse al riguardo numerosi articoli sul periodico La difesa della razza, diretto da Telesio Interlandi[6].
^E. Signori, La “conquista fascista” dell'Università. Libertà d'insegnamento e autonomia nell'Ateneo pavese dalla riforma Gentile alle leggi razziali, in «Il politico», LXII (1997), n. 3, p. 468.
C. Conci - R. Poggi, Iconography of Italian Entomologists, with essential biographical dated, in «Memorie della Società entomologica Italiana», vol. LXXV, 1996, pp. 159–382.
A. Vigna Taglianti, Storia dell'entomologia romana, in «Atti del XII Congresso nazionale italiano di entomologia» (Roma, 5-9.11.1980), vol. I, Roma 1983.