De planctu naturae
Il De planctu naturae è un'opera di Alano di Lilla. Prosimetro sul modello del De consolatione philosophiae di Severino Boezio in cui spicca la figura di Natura. ModelliOltre al De consolatione philosophiae, un altro modello è il Megacosmo e microcosmo di Bernardo Silvestre. StrutturaIl De planctu spicca per le sproporzioni interne: la prima delle tre parti comprende i due terzi dell’opera. La prima parte si apre con l’apparizione di Natura; nella seconda parte Natura dialoga con Alano su tutte le trasgressioni morali; alla fine, Alano si risveglia dal sogno. ContenutoOpera cosmologica di Alano in cui la Natura piange perché l'uomo, a causa dei suoi vizi, non può adempiere al compito assegnatogli da Dio, cioè quello di creare l’armonia del corpo, che il superiore intervento divino doterà di anima[1]. Alla fine si trasforma in un violento attacco all'omosessualità, considerata il peccato più grave e disarmonico dell’uomo[2]. Spicca la figura di Natura, che nel poema assume i tratti personificati di una figura materna e divina, e funge da mediatrice tra la perfezione delle idee celesti e la loro fluida realizzazione nel mondo terreno. La Natura appare nella sua funzione cosmica: assicura l’armonia universale, garantisce la continuità della creazione e regola il corso della generazione riproducendo gli archetipi eterni. FortunaSi ritiene che l'opera non abbia avuto immediata fortuna: G. Raynaud de Lage menziona 111 testimoni del De planctu, dei quali però solo 6 attribuiti al XIII sec., inoltre il De planctu non è mai citato dagli autori posteriori ad Alano, mentre molto citato è l'Anticlaudianus. Tuttavia, dal De planctu attingerà largamente Jean de Meung per la sua stesura del Roman de la Rose[3]. Note
BibliografiaEdizioni
Traduzioni
Studi
Voci correlateCollegamenti esterni
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