Davaa BâmbasürėnDavaa Bâmbasürėn[1] (in mongolo: Даваагийн Бямбасүрэн; Ulan Bator, 1971) è una regista e sceneggiatrice mongola residente in Germania. I suoi film raccontano storie inserite nella vita tradizionale dei nomadi della Mongolia, i cui soggetti fungono anche da attori non professionisti, interpretando per lo più se stessi, posizionando questi film nella tradizione del docu-fiction.[2] BiografiaDopo gli studi in diritto internazionale a Ulan Bator, si è trasferita a Monaco di Baviera nel 2000 per frequentarvi l'Università di Cinema e Televisione (HFF).[3] Come parte della sua tesi di laurea all'HFF, nel 2003 ha esordito dirigendo assieme col documentarista italiano e compagno di corso Luigi Falorni La storia del cammello che piange,[3][4] un film che ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui una candidatura all'Oscar al miglior documentario, ed è stato distribuito in più di 60 Paesi, incassando oltre 9 milioni di dollari a livello globale.[5][6][7] Nel 2022, Rotten Tomatoes l'ha inserito tra i 160 migliori film della storia del cinema diretti da donne.[7] Ad esso, Davaa ha fatto seguire nel 2005 un altro documentario, Il cane giallo della Mongolia,[2][8] anch'esso apprezzato dalla critica.[9] Il film segue una famiglia nomade dei monti Altai e sull'effetto che ha su di loro il ritrovamento di un cane randagio.[3][2] Dopo diversi altri documentari, nel 2020 ha scritto e diretto il suo primo film interamente di finzione,[9] Die Adern der Welt (lett. "Le vene del mondo"), su di un bambino il cui stile di vita nomade tradizionale è minacciato dagli interessi di un'azienda mineraria verso la terra in cui vive con la sua famiglia.[5] Come già La storia del cammello che piange e Il cane giallo della Mongolia, il film è stato scelto per rappresentare la Mongolia ai premi Oscar.[9] Filmografia
Riconoscimenti
Note
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