Confetti al pepeConfetti al pepe (Dragées au poivre) è un film del 1963 diretto da Jacques Baratier. Il film è una parodia dei generi cinematografici di tendenza emergenti in quel periodo: cinema-verità, cinema-alienazione, cinema-inchiesta, cinema-rivista, cinema-musical. Si possono scorgere precisi riferimenti, come sul cinema intellettuale alla Marienbad, sul cinema musicale alla West Side Story, sul cinema neorealista e su quello borghese, sulla incomunicabilità alla Antonioni e sull'avventura romantica tipo Legione straniera.[1] TramaUn gruppo di giovani cinefili che frequentano una scuola di cinematografia parigina vengono indirizzati dall'insegnante verso un nuovissimo tipo di fare cinema, ovvero il cosiddetto cinema-verità, un modo di rapportarsi alla settima arte in modo aggressivo e insistente, riprendendo con le loro Arriflex la vita quotidiana in tutto e per tutto e da qualsivoglia angolazione che non rispetti gli attuali canoni. ProduzioneGirato a Parigi in cinque settimane. «La base del film è la satira del cinema-vérité... C'è una banda di giovani, gli zooms, scatenati per Parigi con la rabbia; e l'ordine del maestro, di filmare tutto, filmare comunque, perché il cinema-vérité è la vita, è l'arte, è l'assoluto!!!» DistribuzioneÈ stato presentato in concorso al 24º Festival di Venezia il 4 settembre 1963, riscuotendo grande successo[3], e distribuito nelle sale nel gennaio 1964 col divieto ai minori di 18 anni, ma quasi immediatamente abbassato ai 14. Critica«[...] L'impeto della féèrie salva il film anche dove è più andante o addirittura di dubbio gusto; la composizione di questo cinema frizzante è riuscita, lo "champagne" non è tutto di prima qualità, ma i tappi saltano.» «Confetti al pepe è quello che si dice un puro divertimento. [...] Presa in giro, parodia, non satira, che è cosa diversa e più alta. Tuttavia il film, nonostante la frantumazione in sketch, tenuti insieme da un vago filo conduttore, ha una sua gustosa evidenza, almeno in alcuni tratti; citiamo, particolarmente, l'intervista in presa diretta con la finta sgualdrina [...]» Note
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