Choga Mami
Choga Mami è un sito archeologico del Neolitico, situato nei pressi della città di Mandali, in Iraq. Il sito è stato datato al periodo di Samarra, 6000 anni circa prima di Cristo. DescrizioneChoga Mami è il più grande tell della regione di Mandali, in un'area che avrebbe visto un intenso traffico durante il periodo protostorico della Mesopotamia. Gli archeologi David e Joan Oates descrivono il sito come un "basso tumulo di circa 200 metri di lunghezza e 2-5 metri di altezza" e "fortemente eroso, con gli ultimi livelli conservati che risalgono al 4800 a.C."[1] Gli scavi condotti da Joan Oates, hanno rinvenuto alla fine degli anni 1960, un grande villaggio del periodo di Samarra, la cui occupazione è durata diversi secoli durante il VI millennio. Nel punto più alto del tell, un altro livello di occupazione indica la presenza di un villaggio nel periodo transitorio fra i periodi Samarra e Ubaid[2][3]. Gli edifici del villaggio erano rettangolari e costruiti in mattoni di fango, ivi inclusa una torre di guardia presente all'ingresso dell'insediamento. L'irrigazione sosteneva la produzione del bestiame (bovini, ovini e caprini) e dei prodotti agricoli (grano, orzo e lino). Si coltivavano anche lenticchie e "piselli a seme grande", mentre i pistacchi venivano raccolti nella vicina campagna[4]. Un aspetto importante del sito è dunque la testimonianza che esso fornisce sui rapporti cronologici tra le culture della Mesopotamia settentrionale e della Bassa Mesopotamia, almeno nell'area di Mandali, e sui collegamenti con l'Iran. L'introduzione dell'irrigazione, di nuovi tipi di cereali, di stili ceramici stranieri e di bestiame domestico si collocano tutti nel periodo di occupazione di Choga Mami, una manifestazione tardiva del periodo di Samarra nelle terre basse della Mesopotamia. ScaviChoga Mami è stato inizialmente scavato da un gruppo di archeologi, guidati da Joan e David Oates. La prima stagione della campagna di scavi prese inizio il 2 dicembre 1967 e si protrasse fino al 26 febbraio 1968[5]. Durante lo scavo, il team di archeologi ha trovato stanze in mattoni di fango, tutte di dimensioni simili e allineate con cura, alcune con tracce di fuoco. All'interno delle case, ceramiche dipinte, utensili e molte piccole figure di argilla. VasellameI manufatti di ceramica sopravvissuti rinvenuti a Choga Mami sono stati costruiti con gli stessi materiali e con lo stesso aspetto complessivo di quelli della più vasta Cultura di Samarra[6]. Molti dei reperti mostrano un ampio uso di immagini di animali, una caratteristica distintiva del periodo[7] Tra i manufatti di argilla che sono stati scavati a Choga Mami, sono stati recuperati sia vasi dipinti che non dipinti, perline e figurine. Mentre le figurine di terracotta raffiguranti uomini e donne in piedi sono le più comuni[8], altre figurine assomigliano a quelle del successivo periodo Ubaid, rinvenute nell'Iraq meridionale e sono in qualche modo simili a quelle rinvenute a Tell es-Sawwan[9]. Poche, fra la statuette di terracotta, sono state trovate intatte, a causa del materiale che le compone. La maggior parte di queste statuette rimane frammentaria[9]. Canali d'irrigazioneI canali di irrigazione di Choga Mami sono tra i più antichi canali artificiali conosciuti. Rappresentano la prima attestazione certa dello sviluppo della cultura di Samarra verso la coltivazione irrigua[10], un elemento chiave per lo sviluppo dell'economia in quest'area piuttosto arida. L'addomesticamento di piante e animali[4] a Choga Mami è stato possibile grazie ai canali di irrigazione costruiti dall'uomo che correvano lungo il lato settentrionale del villaggio e di un grande canale risalente alla fine del periodo di Samarra che si trovava sul lato sud-occidentale del sito[11][12]. I canali di Choga Mami sono principalmente piccoli calanchi risalenti all'incirca al 6000 a.C.; è stato poi rinvenuto un altro canale molto più largo (circa 10 metri), scavato verso la fine del VI millennio a.C.[13] L'acqua proveniva dal fiume Gangir, a nord-est del sito, con un supplemento dovuto a corsi d'acqua stagionali[3]. Note
Bibliografia
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