Il luogo di culto originario fu costruito in epoca medievale: la più antica citazione della sua esistenza risale al 26 gennaio 1208, quando l'edificio fu menzionato in un documento quale filiale della pieve di Collecchio;[1] la capelle de Maliatico fu menzionata anche nel 1230 nel Capitulum seu Rotulus Decimarum della diocesi di Parma, tra le dipendenze della stessa pieve.[2]
La chiesetta fu eretta a parrocchiale nel 1564 e, verso la fine del XVI secolo, iniziarono i lavori di costruzione dell'edificio moderno, che fu ultimato solo nel XVIII secolo.[1]
Il 31 luglio del 1851 la struttura fu pesantemente danneggiata da un fulmine, che causò il crollo di un campanile, oltre che del presbiterio e dell'adiacente abitazione del campanaro; gli interventi di risistemazione furono avviati negli anni seguenti[3] e nel 1878 il campanile superstite fu sopraelevato e dotato di un grande orologio, donato dalla marchesa Teresa Araldi Trecchi.[1]
Tra il 1908 e il 1912 l'edificio fu interessato da altri importanti lavori, con la costruzione della sagrestia e della canonica e la realizzazione della nuova facciata neoromanica progettata dall'architetto Mario Soncini.[1]
Descrizione
La chiesa si sviluppa su un impianto a navata unica, con ingresso a ovest e presbiterio a est; sul lato settentrionale è affiancata dalla sagrestia e dalla canonica.[1]
La facciata a capanna, interamente intonacata e preceduta da un vialetto e una breve scalinata che accoglie una piccola lapide commemorativa dei caduti della seconda guerra mondiale,[4] è caratterizzata da una forte asimmetria per la presenza degli edifici addossati sulla sinistra. Il corpo principale è suddiviso verticalmente in tre parti, di cui la centrale rivestita con una decorazione a finto bugnato, ed è delimitato alle estremità da due paraste con analogo motivo; orizzontalmente si allunga a metà altezza una fascia marcapiano ad archetti pensili. Nel mezzo è collocato l'ampio portale d'ingresso, affiancato da due semicolonne con capitelli in pietra e sormontato da una lunetta ad arco a tutto sesto contenente un bassorilievo; più in alto si apre una bifora a tutto sesto scandita da colonnine corinzie; in sommità corre lungo gli spioventi del tetto una decorazione ad archetti pensili, mentre al centro si erge a coronamento del prospetto una croce in ferro.[1]
Il lato libero a sud è interamente rivestito in pietra a vista, mentre dal fianco opposto aggettano gli edifici accessori intonacati. Sul retro si erge su tre ordini, scanditi da fasce marcapiano, il campanile, anch'esso intonacato; la cella campanaria si affaccia sulle quattro fronti attraverso ampie monofore ad arco a tutto sesto, delimitate da specchiature rettangolari; in sommità i lati sono coronati da cuspidi, mentre nel mezzo si eleva una guglia piramidale in rame.[1]
All'interno la navata, coperta da una volta a botte lunettata dipinta, è scandita lateralmente da massicce paraste doriche. Il presbiterio, lievemente sopraelevato, è preceduto dall'arco trionfale, retto da paraste; l'ambiente, coronato da una volta a botte lunettata, accoglie l'altare maggiore ligneo a mensa, aggiunto intorno al 1990,[1] mentre sul fondo si staglia la pala raffigurante la Madonna col bambino, Santa Caterina e San Nicola di Bari. La chiesa conserva altre opere di pregio, tra cui un olio rappresentante San Sebastiano.[3]
Presso la chiesa di San Nicolò è ambientato il romanzo del 2007 di Luca FarinottiLo stadio più bello del mondo,[5] che narra le vicende degli sparuti abitanti della minuscola frazione inscenatesi, a cavallo degli anni settanta e ottanta del XX secolo, interamente tra gli spazi, minuziosamente rappresentati, di chiesa, canonica, vigneto del prete, cimitero e campi agricoli della Curia.[6][7]