Un centro antiviolenza, abbreviato in CAV[1], è una struttura in cui vengono accolte le donne che subiscono o che sono minacciate da qualsiasi forma di violenza. Offre diversi servizi alle vittime di violenza domestica, violenza sessuale, violenza economica, stalking: accoglienza telefonica, colloqui personali, ospitalità nelle cosiddette case rifugio, assistendo così le vittime ed eventualmente i figli minori coinvolti nel percorso di uscita dalla violenza.
In Europa già tra il XVI e il XVII secolo esistevano rifugi per donne[2][3][4][5]. Negli anni settanta e ottanta del Novecento, sull'onda delle mobilitazioni femministe e grazie alle analisi sviluppate dal movimento femminista, la violenza domestica iniziò ad emergere come fenomeno strutturale, si iniziò a nominarla e a cercare di definirne i contorni nella sua complessità.
Da allora si iniziarono a creare strutture per aiutare e sostenere donne e minori nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza. La questione della violenza di genere si iniziò a presentare alle istituzioni come un vero e proprio problema sociale. Le donne, non solo in Italia, ma in tutti paesi[6], anche con la riforma del diritto di famiglia, hanno iniziato un percorso di liberazione.
Parlare di violenza di genere non è stato più un tabù di cui vergognarsi e rompere il silenzio per molte donne è diventata realtà quotidiana. Anche i centri antiviolenza hanno contribuito a rompere il silenzio delle donne esistente da migliaia di anni. Il primo rifugio "moderno", mutuando la pratica del self-help, è stato "Haven House" fondato nel 1964 in California da donne dei gruppi Al-Anon (gruppi per familiari e amici di alcolisti anonimi)[7].
Uno dei primi rifugi fu fondato da Erin Pizzey e dalla sua associazione Women's Aid di Chiswick a Londra nel 1971[8]. La violenza domestica e i maltrattamenti in Gran Bretagna e nel mondo erano un problema non visibile e sommerso.
In Italia
Il primo centro antiviolenza in Italia è stato fondato nel 1990 dal Gruppo di lavoro e ricerca sulla violenza alle donne, un'associazione di donne creata a Bologna, alla quale partecipó oltre Grazia Negrini[9] un gruppo di donne femministe di differente esperienze.
Nel 1991, quando i centri erano ancora pochi e alle prime armi nell'accoglienza si è costruita la Rete nazionale dei centri antiviolenza. Una rete informale, costruita sugli scambi, un'esperienza che man mano cresceva e con essa aumentava la voglia di fare politica[10][11].
Negli anni sono stati organizzati due convegni importanti a Marina di Ravenna, tanti seminari e incontri a livello nazionale[12].
Una svolta notevole è avvenuta il 21 gennaio 2006, quando è stata siglata a Roma, da parte di 56 centri antiviolenza autonomi, la Carta dei centri antiviolenza[13], al fine di dotarsi di valori comuni sulla base dei quali orientare il proprio operato.
La Carta si riferisce ad alcuni dei principi che identificano l'identità e la metodologia dei centri, tra i quali: il considerare la violenza maschile alle donne come un fenomeno che ha radici nella disparità di potere tra i sessi; che i centri sono costituiti e gestiti solo da donne; che viene garantito alle donne anonimato e sicurezza[14].
Tuttavia ancora oggi, per quanto riguarda la situazione in Italia la materia non è mai stata regolamentata da una normativa nazionale, esistono invece molte leggi regionali che si sono occupate di sostenere i centri antiviolenza.
Con l'entrata in vigore della Convenzione di Istanbul e l'adozione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2017-2020), il Dipartimento per le pari opportunità ha messo in atto politiche in contrasto alla violenza contro le donne che sostengono parzialmente i centri antiviolenza come aiuto concreto alle donne che subiscono violenza.
Nel 2017 nasce un progetto di monitoraggio dei centri antiviolenza, finanziato dal Piano di azione nazionale contro la violenza di genere del Dipartimento per le pari opportunità. Tale progetto, chiamato "ViVa – Monitoraggio, Valutazione e Analisi degli interventi di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne", pubblica diversi studi, tra cui uno studio del 2017 che ha analizzato la performance di 82 centri antiviolenza dei 366 attivi sul territorio nazionale. Risulta dalla ricerca su 335 centri che essi abbiano accolto complessivamente 49.021 donne, 156 donne per centro in media, e che il 58,2% del personale sia costituito da operatrici volontarie.[18][19]
I centri svolgono diverse attività a cominciare dal primo ascolto telefonico, anonimo e gratuito, spesso disponibile 24 ore su 24. Dopo il primo contatto le donne possono decidere di avviare un percorso di uscita dalla violenza, avvalersi di consulenze legali, informazioni e aiuto nella ricerca lavoro e ricerca casa. In alcuni centri si sono formati specifici gruppi di auto mutuo aiuto[21].
In caso di emergenza i centri offrono delle "case rifugio" o nelle "case di semiautonomia", luoghi sicuri dove le donne coi loro figli possono ricostruirsi una vita autonoma, garantendo un posto sicuro[20].
Molto spesso le associazioni che gestiscono i centri si occupano anche di formazione, promozione, sensibilizzazione e prevenzione, raccolta ed elaborazione dati, orientamento ed accompagnamento al lavoro, raccolta materiale bibliografico e documentario sui temi della violenza[21] .
I centri antiviolenza si sono organizzati costituendo una rete nazionale che organizza 80 associazioni (nel 2017) in un'unica grande organizzazione denominata DiRe, donne in rete contro la violenza[22].
Anche a livello territoriale si sono costituite reti per favorire il coordinamento di tutti gli enti che sono coinvolte in accoglienza di donne che subiscono violenza, i centri antiviolenza, le forze dell'ordine, i pronto soccorsi, i servizi sociali ed altri enti competenti sul tema[13][21].
I rapporti con gli enti pubblici in Italia
Solo a partire dagli ultimi dieci anni le istituzioni pubbliche (Regioni, Province, Comuni, Aziende Sanitarie, etc.) si sono attivate predisponendo leggi regionali in sostegno ai centri antiviolenza, offrendo le strutture alle associazioni, portando avanti delle convenzioni per poter gestire i Centri e, in alcune realtà, condividendo obiettivi e strategie di lavoro comuni.
Gli enti pubblici spesso collaborano con le Reti territoriali come partner, spesso attivano progetti e talvolta sono parte attiva nel promuovere iniziative contro la violenza (ad esempio contribuendo ai percorsi formativi per operatrici/operatori dei servizi pubblici, finalizzati alla costruzione di un network locale contro la violenza sulle donne).
In molte città sono nati dei tavoli interisitiuzionali, promossi dai centri antiviolenza che coinvolgono enti pubblici (come ad esempio i comuni), tesi a elaborare protocolli operativi e progetti coordinati di rete per aiutare le donne a uscire dalla violenza.
In alcune città (p.e. Venezia, Forlì) gli stessi Comuni gestiscono i centi antiviolenza, mentre il modello prevalente è quello di gestione del centro da parte di associazione di donne, impegnate politicamente nella lotta contro la violenza di genere.
Il 16 maggio 2013 è stato sottoscritto un Protocollo di intesa ANCI - D.i.Re. con l'obiettivo di "collaborare per promuovere e sviluppare azioni, progetti o iniziative finalizzate alla prevenzione e al contrasto della violenza maschile contro le donne, attuando azioni di sensibilizzazione ed informazione sulla violenza di genere"[23]. A seguito di tale protocollo sono state prodotte delle Linee guida per i servizi sociali[24].
Associazioni rilevanti
A livello mondiale esiste la rete Global Network of Women's Shelter (GNWS)[25], nata nel 2008 a Edmonton (Canada) durante il primo convegno mondiale dei centri di donne contro la violenza.
A livello europeo esiste invece l'associazione Women Against Violence Europe (WAVE)[26], che riunisce oltre 5000 centri antiviolenza di donne di 46 paesi dell'Europa (compresi paesi dell'Est europea), organizzate a sua volta in federazioni nazionali.
Il 29 settembre 2008 è nata a Roma D.i.Re[27], associazione nazionale dei centri antiviolenza, che riunisce 80 centri di tutta l'Italia, tutte gestite da enti di sole donne.[28]
Note
^ Lorenza Razzi, I centri antiviolenza (abstract), in Rivista AIAF, n. 3, Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minori, 2016. URL consultato il 6 gennaio 2025.
^Grida piano i vicini di sentono, Erin Pizzey, Roma Limenetimena, 1977.
^ Sherril Cohen, "Convertite e malmaritate. Donne "irregolari" e ordini religiosi nella Firenze rinascimentale", in "Memoria. Rivista di storia delle donne", n. 5, 1982, pp. 46-63.
^(EN) Jo Freeman, "The revolution for women in law and public policy", in "Women, a feminist perspective", 5ª ed., Mountain View, California, Mayfield Publishing Company, 1995 [1975], pp. 365-404. URL consultato il 6 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 18 novembre 2016).
^Legge23 aprile 2009, n. 38, in materia di "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonchè in tema di atti persecutori."
^abCentri antiviolenza, case rifugio, semi-autonomia sono i tre tipi di strutture disciplinati dalla Legge Regionale del 19 marzo 2014, n. 4 Regione Lazio, "Centri antiviolenza, case rifugio, semi-autonomia", su socialelazio.it. URL consultato il 5 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 4 maggio 2017).
Associazione Nondasola, Cosa c'entra l'amore?: ragazzi, ragazze e la prevenzione della violenza sulle donne, Roma, Carocci, 2014, ISBN978-88-430-7349-8.
Associazione Nondasola, Dal silenzio alla parola: la violenza sofferta e il desiderio di fermarla, Milano, Angeli, 2012, ISBN978-88-568-3891-6.
(EN) Sherrill Cohen, The evolution of women's asylums since 1500: from refuges for ex-prostitutes to shelters for battered women, New York, Oxford University Press, 1992, ISBN0-19-505164-5.
Dalla violenza all'empowerment: manuale breve per operatrici e operatori dei centri antiviolenza e dei servizi pubblici, Pristina, RTM, 2014.
Bona Gavazzi (a cura di), Rompere il silenzio: l'esperienza del Centro aiuto donne maltrattate, Milano, Franco Angeli, 2005, ISBN88-464-6270-X.
Ilaria Boiano, Femminismo e processo penale : come può cambiare il discorso giuridico sulla violenza maschile contro le donne, Roma, Ediesse, 2015, ISBN978-88-230-1963-8.
Elena De Concini (a cura di), I Centri si raccontano: Il lavoro e le esperienze delle Case delle donne e dei Centri antiviolenza dell'Emilia Romagna, Rimini, 2007, SBNUBO3342249.
Chiara Cretella e Cinzia Venturali, Voci dal verbo violare: analisi e sfide educative contro la violenza sulle donne, Bologna, I libri di Emil, 2010, ISBN978-88-96026-47-2.
Chiara Cretella e Inma Mora Sánchez, Lessico familiare: per un dizionario ragionato della violenza contro le donne, Cagli, Settenove, 2014, ISBN978-88-98947-03-4.
Giuditta Creazzo, Affrontare la violenza alle radici: 15 anni di storia della Casa delle donne contro la violenza di Modena, Bologna, Editografica, 2010, ISBN978-88-87729-29-0.
Giuditta Creazzo (a cura di), Scegliere la libertà: affrontare la violenza: indagini ed esperienze dei Centri antiviolenza in Emilia-Romagna, Milano, Franco Angeli, 2008, ISBN978-88-464-9168-8.
Paola Degani e Roberto Della Rocca, Verso la fine del silenzio: recenti sviluppi in tema di violenza maschile contro le donne, diritti umani e prassi operative, Padova, CLEUP, 2014, ISBN978-88-6787-330-2.
D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza Ri-cambiare : tra memoria e trasformazione, nuove strategie per rilanciare i centri antiviolenza, a cura di Chiara Veltri, Cagli : Settenove, 2017, ISBN9788898947249.
D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza Ri-scrivere : principi, pratiche e tratti fondanti dei Centri antiviolenza dieci anni dopo la redazione della Carta nazionale, a cura di Chiara Veltri, 2018, Cagli : Settenove, ISBN9788898947294.
AAVV, "Le donne producono sapere, salute, cambiamento: centri in movimento, il movimento dei centri antiviolenza", in Atti del Convegno, 28-29 novembre 2003, Marina di Ravenna, Bologna, Patron Editore, 2005, p. 140, ISBN978-88-555-2811-5.
Lucia Ferrante, L'onore ritrovato. Donne nella casa del Soccorso di S. Paolo a Bologna (sec.XVI-VII), in Quaderni storici, vol. 18, 1983, pp. 499–528.
Luca Martini, Altre stelle : un viaggio nei centri antiviolenza ; prefazione di Riccardo Iacona ; postfazione di Anna Pramstrahler, Mimesis, Udine, 2017, ISBN9788857538617.
Luca Martini, Io sono mia : donne e Centri antiviolenza, storie di rinascita, Alessandria : Capovolte, 2020, ISBN9788894418934.
Nicoletta Livi Bacci, Riprendersi la vita: dieci scritti di politica con le donne, Firenze, Le Lettere, 2019, ISBN9788893660969.
Giuliana Ponzio, Crimini segreti: maltrattamento e violenza alle donne nella relazione di coppia, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2004, ISBN88-8490-506-0.
Giuliana Ponzio, Un mondo sovvertito: esperienze di lavoro in case rifugio per vittime di violenza domestica, Firenze, Le Lettere, 2010, ISBN9788860873217.
Lisa S. Price, Feminist frameworks: building theory on violence against women, Halifax, Fernwood Publishing, 2005, ISBN1-55266-157-1.
Patrizia Romito, La violenza di genere su donne minori, Milano, Franco Angeli, 2011, ISBN978-88-568-3548-9.
Patrizia Romito, Un silenzio assordante. La violenza occultata su donne e minori, Milano, Franco Angeli, 2016, ISBN9788846468130.
Daniela Bagattini e Valentina Pedani (a cura di), Sesto rapporto sulla violenza di genere in Toscana: un'analisi dei dati dei centri antiviolenza: anno 2014, Firenze, Osservatorio Sociale Regionale - Regione Toscana, 2015.
Violence against women: an EU-wide survey: results at a glance / European Union Agency for fundamental rights, Luxembourg : Publications office of the European Union, 2014. ISBN 978-92-9239-379-3
Viviana Garbagnoli, Aspetti metodologici e organizzativi dei Centri Antiviolenza: sociologia e psicoanalisi nelle donne violate, in Gruppi, 1. Culture femminili e gruppo, FrancoAngeli, 2001, ISSN 1972-4837 (WC · ACNP).
(EN) California Department of Health Services, Maternal and Child Health Branch, Domestic Violence Section, and Intervace Children Family Services, Herstory of Domestic Violence: A Timeline of the Battered Women's Movement, su people.uvawise.edu, SafeNetwork: California's Domestic Violence Resource, 1999. URL consultato il 6 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 28 luglio 2010).