I Castriota (talvolta anche Castrioto, Castriotto, Castriotta, Castrioti o Casteroti, in albanese: Kastrioti, Kastriotët) sono un casato principesco albanese[1].
Storia
Origini
I Castriota furono menzionati per la prima volta in un documento del 1368, che riporta il giuramento pronunciato da Alessandro Comneno Asen, principe bulgaro di Valona, come cittadino onorario di Ragusa. Fra le firme dei testimoni vi è anche quella di un Castriota, Signore di Kanina; davanti a questo nome vi è il nome Branilo, che lo storico tedesco Karl Hopf, secondo Fan Stilian Noli, legge erroneamente come nome di battesimo del Castriota.[2]
Le notizie di Giovanni I Castriota (padre di Scanderbeg) si hanno nel 1406, quando era stato registrato negli archivi veneziani come "dominus partium Albanie";[3] nel 1407 quando scrive una lettera di protesta alla Repubblica di Venezia e al Senato e nel 1410, quando annuncia a Venezia di essere stato costretto a consegnare al nemico (ottomani) un figlio come ostaggio.[4]
Secondo fonti turche, la famiglia era originaria di Kastrat nel distretto di Malësi e Madhe nell'Albania nordorientale.[5] Secondo un documento, scoperto in un monastero francescano ungherese dallo storico Eusebius Fermendjin nel XIX secolo, rivela che i Castriota provengono da un villaggio denominato Kastrioti, sulle montagne di Hasi presso il fiume Drin.[2] Secondo lo storico inglese Noel Malcolm erano originari del Kosovo occidentale.[6] Secondo l'Accademia Ungherese delle Scienze, e secondo quanto afferma l'archeologa scozzese Margaret Hasluck, il loro cognome deriva da Kastriot, nel Distretto di Dibër.[7][8] Fan Noli sostiene che, in Albania, sia oggi che nei tempi antichi la maggioranza degli albanesi portava un nome di battesimo greco o slavo o latino o arabo, molto di rado albanese; e a questo si aggiungevano ome cognome il nome del villaggio, del bajrak (unità territoriale ottomana) o della regione. Ad esempio, i cognomi Castriota, Balsha, Musacchi, Araniti e Shpata sono nomi di villaggi che ancora esistono in Albania.[2] Ad ogni modo, secondo molti storici, il cognome Castriota deriva dalla parola latinacastrum attraverso il greco κάστρο ("kástro") che significa "castello"[9][10][11][12].
Il primo personaggio noto viene individuato in Pal o Paolo, Signore di Signa e Gardi, che mori in battaglia il 15 giugno del 1389. Pal avrebbe avuto tre figli: Giovanni († 1442), signore di Mat e Vumenestia; Alessio e Costantino.[13] Giovanni sposò la nobildonna Voisava Tripalda, dalla quale ebbe nove figli: il più piccolo, Giorgio (Gjergj), diede origine alla famiglia Castriota Skanderbeg.
Castriota Scanderbeg
La linea dinastica dei Castriota Scanderbeg (in albaneseKastrioti Skënderbeu) trova il proprio capostipite in Giorgio di Giovanni, detto appunto Skanderbeg (dal turco Iskender a sua volta dal greco Alexander, più il titolo turco "bey" con il significato di "signore"), Dominus d'Albania, eroe nazionale albanese, brillante generale e fiero oppositore del dominio turco nei Balcani. Il 26 aprile 1451, lo Skanderbeg prese in moglie Andronica di Giorgio Arianiti († 1500), dalla quale ebbe Giovanni († 2 agosto 1514): questi fuggì dall'Epiro nel 1468, portandosi nel regno di Napoli, dove re Ferdinando I lo creò prima conte di Monte Sant'Angelo e signore di San Giovanni Rotondo, poi duca di San Pietro in Galatina e conte di Soleto. Avendo egli sposato Irene Branković — figlia di Lazzaro II ed Elena Paleologa, a propria volta figlia di Tommaso Paleologo, despota di Morea e ultimo discendente della famiglia imperiale bizantina — i Castriota Scanderbeg sono i discendenti diretti dell'ultimo imperatore di Costantinopoli.
Da Giovanni e Irene nacquero diversi figli, fra cui Giorgio (che tentò una spedizione in Albania appoggiata da Venezia, che si concluse tragicamente[14]), Costantino (vescovo di Isernia), Federico, Maria[15] e Ferdinando, che ereditò lo stato paterno.
Ferdinando ebbe dalla moglie Andriana Acquaviva, figlia del duca di Nardò, una sola figlia, di nome Irene (Erina), che andò in moglie, nel 1539, a don Pietro Antonio Sanseverino, principe di Bisignano, portando in dote alla grande famiglia napoletana i feudi paterni.
Ferdinando ebbe inoltre diversi figli naturali, maschi e femmine[16]. Fra i maschi, il primogenito Federico fu barone di Gagliano, e la sua discendenza si estinse alla fine del 1800; Pardo fu capostipite del ramo che da Galatina si trasferì dapprima a Copertino e poi a Lecce, al cui patriziato fu aggregato in persona di D. Alessandro Castriota Scanderbeg (questo ramo è tuttora fiorente in Lecce e Ruffano); e Achille, capostipite del ramo calabro-napoletano, tuttora fiorente in Napoli.[17]
Patrizi veneti
In virtù dei servigi resi alla Repubblica nelle guerre contro i Turchi, furono aggregati al patriziato veneto sin dal 1416 con il cognome "Casteroti"[18], o, secondo altre fonti, nel 1445 (Sagredo)[19], o ancora nel 1463 (Verdizzotti) con il cognome "Castriotto"[19]. Skanderbeg in persona, assieme al figlio Giovanni, venne riconosciuto tale dal Senato veneziano con privilegio del 25 settembre 1463. L'ultimo patrizio iscritto al Libro d'Oro, il già citato Antonio[19] di Alfonso Castriota Granai, marchese di Atripalda, fu ucciso a Murano, al termine di una festa, nel 1549[19].
«According to the Turkish sources, the Castriota family originated from the village of Kastrat in northeastern Albania. Unlike the Thopias and the Comnenis, the Castriotas did not have a long history as members of the aristocracy. In fact, their elevation of status began with Scanderbeg's grandfather, Paul Castriota, who initially owned two villages named Sinja and Lower Gardi»
«Skanderbeg (meaning 'Lord Alexander'; Alb.: Skenderbeu) was the Turkish name given to an Albanian nobleman, Gjergj Kastriot, whose family, originally from Western Kosovo, controlled extensive lands in north-central Albania.»
^ Margaret Masson Hardie Hasluck, The unwritten law in Albania, University Press, 1954, pp. 15. URL consultato il 18 dicembre 2011.
«Još treba istaći Skenderbegovo prezime Kastriot... To je svakako grčka izvedenica ... etnikum od castra»
^Thallóczy 1916, p. 80: "Kastriot, die einen griechischen Namen führten, „Stadtbürger", kastriotis von kastron, Stadt (aus lat. castrum ; polis war nur Konstantinopel allein)."
^Schmitt 2009: "Der Name des Stammes Kastrioti leitet sich laut Schmitt vermutlich vom griechischen Wort «kastron» (Festung) ab".
^Il Padre gesuita Antonio de Lions nella sua opera De Cultu B. Virginiae Mariae elegiarum (libro II, Napoli, 1686) afferma testualmente di Alfonso Leognani, marito di essa Maria,"…apud Alphonsum II nemini aut gratia familiaritate secundus,ut ab ispo meruit cognomento nobilis appellari, qui et maximis a Regina Joanna laudibus ed ornatus ad hymeneas Mariae Castriotae ex Albaniae Regibus accessitus ad maxima Familiae suae decoxa id quoque adicens, ad maritalem illam talamum excepit" (cfr. Mariani, Ms. Biblioteca Provinciale di L'Aquila, p. 140 v) da cui i Leognani Castriota Scanderbech e Leognani Ferramosca. (Vedi per tutti: Giuseppe Orsini, Brevi note storico genealogiche sul ramo primogenito della casa Leognani Castriota, Penne 2013 sub www.italianostrapenne.org con cenni ai rami Leognani Castriota e Leognani Ferramosca).
^ G. Vallone, Intemperanze di Ferrante Castriota Scanderbeg, in Il Galatino, n. 1989.
^Fuochi di San Pietro in Galatina, in Archivio di Stato di Napoli, vol. 1545.
^Il 4 dicembre 1499 era "gravemente infermo". Le prime generazioni in Italia, su castriotascanderbeg.it. URL consultato il 31 agosto 2019.
Bibliografia
(DE) Carl Hermann Friedrich Johann Hopf, Geschichte Griechenlands vom Beginn des Mittelalters bis auf unsere Zeit, New York, B. Franklin, 1960.
Fan Stilian Noli, Scanderbeg, trad. dall'albanese da Alessandro Laporta e Halil Myrto, Lecce, Argo, 1993.
Agostino Pertusi, Martino Segono di Novo Brdo, vescovo di Dulcigno: un umanista serbo-dalmata del tardo Quattrocento: vita e opere, Istituto storico italiano per il Medio Evo, Roma, 1981.
(DE) Oliver Schmitt, Skanderbeg. Der neue Alexander auf dem Balkan, Verlag Friedrich Pustet, 2009, ISBN978-3-7917-2229-0.
(DE) Ludwig Thallóczy, Konstantin Jireček, Milan von Šufflay, Theodor A Ippen e Ernst C Sedlmayr, Illyrisch-albanische Forschungen (TXT), München und Leipzig, Verlag Von Düncker & Humblot, 1916, OCLC10224971.