Il campo di internamento di Afragola, conosciuto anche come campo 209 o campo affluenza di Afragola dell'Alto commissariato per l'epurazione,[1] in breve campo di affluenza di Afragola[1][2][3][4][5] in inglese209 POW camp (209 Prisoner of War camp, campo per prigionieri di guerra nº 209), fu un campo di prigionia costruito dagli Alleati nel 1944 ad Afragola, tra le vie Saggese e Alveo Arena e la contrada Masseria Santa Teresa.
Storia
Origini
L'edificio, sito all'inizio di via Saggese, nei pressi dell'odierno ponte stradale della galleria Santa Chiara dell'AV, sorse originariamente come lazzaretto cittadino, in cui venivano internati gli ammalati gravi o affetti da patologie contagiose, solitamente durante le pestilenze. Fu probabilmente costruito dopo l'epidemia di colera del 1837, durante la quale perirono circa 500 persone.[6]
Subito dopo l'armistizio del 1943, le forze armate tedesche allestirono un campo di concentramento nel Casone Spena, ma dopo un mese lo abbandonarono fuggendo da Afragola. Nell'agosto del 1944, allo scopo di ospitare temporaneamente i prigionieri militari italiani, gli Alleati crearono un campo di transito nelle campagne di San Marco, riutilizzando l'antico lazzaretto, probabilmente già in precedenza riadattato dagli italiani a campo di concentramento per i prigionieri Alleati.[9][10]
Una volta trasferiti nel campo, i prigionieri in transito, diretti per la maggior parte a un campo di Algeri, vi rimanevano per un periodo di tempo variabile da pochi giorni ad alcune settimane;[9] altri vi restavano per svariati mesi, in attesa del processo da parte della Corte marziale inglese.[10] Secondo un articolo del giornale Italia Nuova, gli errori erano frequenti e molti militari vi furono ingiustamente detenuti anche per lunghi periodi; vari processi si risolsero con l'assoluzione piena degli imputati.[10] Lo stesso articolo riporta che:
«Il presunto criminale una volta in carcere è segregato dal mondo. Egli è ben lungi, dall'avere la possibilità di comunicare con l'esterno nella misura che gli occorre. Annaspa pertanto come può fino a quando, a distanza di mesi, giunge il giorno del processo»
(Italia Nuova)
Organizzazione del campo
Il campo era costituito da tende, reticolati di filo spinato interni ed esterni, disposti in doppia fila distanti tra loro e alti quasi tre metri, mentre all'interno scorreva un lungo corridoio di circa un metro, dove si appostavano all'interno le sentinelle africane di guardia, in particolare sudanesi o marocchine, mentre all'esterno quelle inglesi.[17]
Inoltre, nel campo vi erano impianti di disinfestazione (in particolare di pidocchi), docce con acqua calda, coperte, vestiti e rancio caldo.[18]
Condizioni dei prigionieri nel campo
Secondo Di Fiore, le condizioni di detenzione erano proibitive:[10]
«Ad Afragola, tutti dormivano sotto delle tende, in piccoli spazi recintati da filo spinato. Per i bisogni corporali era a disposizione un secchio in comune a decine di prigionieri. La punizione per i tentativi di fuga o le eccessive proteste era a volte il sequestro della branda con l'alternativa della terra come unico letto. Altre volte i carcerieri saltavano la distribuzione dei pasti o ricorrevano a percosse improvvise.»
Secondo Luigi Sitia, che fu prigioniero del campo soltanto per pochi giorni, le condizioni di prigionia erano migliori rispetto ad altri campi; come riportato nella sua opera Mettiti sull'attenti, carogna!:[19]
«Il Lager di Afragola era un ex campo di concentramento, costruito dagli Italiani per i prigionieri alleati. Fummo sistemati in ottimi capannoni di legno, coperti da tetto in lamiera e contenenti lettini a castello, a due piani, completi di materasso e coperte. Prima di convogliarci in queste baracche fummo fatti spogliare e spediti sotto una benefica doccia. Finalmente ripuliti, ricevemmo persino un po' di cibo e ci sembrò di toccare il cielo col dito, dopo tanto digiunare. […] La permanenza nel Campo di Afragola non durò; alcuni giorni dopo fummo incolonnati e raggiungemmo in silenzio la stazione ferroviaria. Stipati in carri bestiame come animali da portare al macello, senza viveri e senza acqua, arrivammo a Taranto, in condizioni fisiche abbastanza provate […] Tolta la breve parentesi di Afragola, in cui ricevemmo lo stesso trattamento del soldato inglese, per il resto fu sempre e soltanto fame»
Nel gennaio 1945, il tenente colonnello italiano incaricato di dirigere il campo, Carrozza, inviò un telegramma a S.E. Mariotti per denunciare le condizioni di disagio e di abbandono da parte delle autorità alleate e italiane, le quali non distribuirono indumenti ai militari (oltre 1 200, in particolare siciliani), internati dal 17 gennaio e costretti a riposare nel campo allagato dalle continue piogge; inoltre, il colonnello chiese ai comandanti di far trasferire i detenuti in un altro campo.[2]
Statistiche
Inoltre, su uno dei diari di guerra compilati dai militari inglesi nel dicembre 1944, il War Diary or Intelligence Summary (Army Form C 2118), viene riportato l'elenco dei prigionieri internati nel campo, tra i quali tedeschi, italiani, russi, cechi, austriaci, polacchi, francesi, jugoslavi, lussemburghesi, albanesi, belgi, olandesi, rumeni, danesi, arabi, ungheresi, indiani, greci, spagnoli, lituani e italiani non classificati, per un totale di:[20]
2 188 internati (al 30 novembre 1944)
3 666 ricevuti (al dicembre 1944)
3 494 evacuati (al dicembre 1944)
2 360 internati (al 31 dicembre 1944)
I comandanti del complesso
Sergente Arnolds. Comandante del campo (?/febbraio 1944-?).[21]
Tenente colonnello R. Pidler. Comandante del campo (?/dicembre 1944-?).[20]
Tenente colonnello Carrozza. Comandante del campo.[2]
Colonnello Alfredo Boratto. Di origine piemontese, fu accusato di maltrattare i prigionieri e di aver ignorato la richiesta di avviare delle indagini in seguito alla distruzione di una lapide funeraria, in onore degli abitanti trucidati dalle truppe tedesche, da parte del sergente paracadutista Umberto Giacomelli.[1][9]
Tenente colonnello Ernest Frederick Orby Gascoigne. Comandante del campo e ufficiale del Royal Artillery.[4]
Tenente colonnello D. N. Maclean. Comandante del campo.[4]
Tenente colonnello J. D. Styles. Comandante del campo.[4]
Militari angloamericani e alleati
Capitano Martin. Fu un ufficiale della D Battery, insieme a Milligan.[22]
Tenente Taubman. Ufficiale del Combined Services Detailed Interrogation Centre (CSDIC), col tenente Lowenstein interrogò nel campo il soldato tedesco Franz Weber.[20][23]
Tenente Dyno Lowenstein. Ufficiale dell'OSS, fu incaricato dell'addestramento militare dei soldati.[23] Visitò il campo nel dicembre 1945 per interrogare Weber e portare avanti le indagini dell'OSS[20][23]
Tenente Franz Weber. Di origine austriaca, fu un soldato della Wehrmacht. Fu imprigionato nel campo nel settembre 1945 e fu interrogato da Taubman e Lowenstein nel dicembre dello stesso anno.[20] Dopo aver preso la decisione di collaborare con i militari dell'OSS, partecipò all'Operazione Greenup,[23] insieme a Hans Wijnberg e il soldato tedesco Frederick Mayer.[20][24]
Tenente Frederick Mayer. Di origini ebraiche; poiché era in grado di parlare fluentemente la lingua inglese e italiana, fu scelto dall'OSS per partecipare all'Operazione Greenup.[24]
Obergefreiter Emmerich Kohl. Originario della Stiria.[20]
Gefreiter Helmut Hagendorfer. Originario della Stiria come Kohl.[20]
Spike Milligan. Dopo aver trascorso un periodo di tempo all'ospedale militare di Caserta, fu ricoverato nel campo dal personale medico; in seguito il sergente Arnolds lo nominò reception clerk, con il compito di compilare i documenti dell'esercito e degli internati nel campo.[21]
Jock Rogers. Guardia del campo, fu nominato dal sergente Arnolds corriere (runner).[22]
Militari italiani
Capitano Maurizio Schermini, preposto alla sorveglianza del campo, firmò un Promemoria datato 9 gennaio 1945 e cofirmato dai tenenti Attilio Migliorini e Giuseppe Fariano, accusando il colonnello Alfredo Boratto per i suoi metodi subdoli.[1]
^abcdefghijklmMario Palermo, Campi sosta e affluenza, su beniculturali.ilc.cnr.it:8080, Istituto Campano per la storia della Resistenza Vera Lombardi - Sottosegretariato alla Guerra, Busta 23, Fascicolo 105, 1944-1945. URL consultato il 30 agosto 2019.
^L'antico Lazzaretto di Afragola., su vetusetnovus.blogspot.com, Vetus et Novus, 11 novembre 2018. URL consultato il 26 luglio 2019 (archiviato dall'url originale il 26 luglio 2019).
Giovanni Maressi, 209: Il Casone Spena e il P.O.W. 209 Camp di Afragola, in Fronti di Guerra. Rivista di storia militare 1939-1945, n. 92, Associazione Culturale Ritterkreuz, marzo-aprile 2024.
Giovanni Maressi, 209: Il P.O.W. Camp di Afragola. 2ª parte, in Fronti di Guerra. Rivista di storia militare 1939-1945, n. 93, Associazione Culturale Ritterkreuz, maggio-giugno 2024.