Battaglia di Durbe
La battaglia di Durbe (in lettone Durbes kauja, in lituano Durbės mūšis, in tedesco Schlacht an der Durbe) fu una battaglia medievale combattuta vicino a Durbe, 23 km a est di Liepāja, nell'attuale Lettonia durante la crociata livoniana. Il 13 luglio 1260, i samogiti sconfissero nettamente le forze congiunte dei Cavalieri Teutonici della Prussia e dell'Ordine livoniano dalla Livonia. A morire furono circa 150 cavalieri, tra cui il gran Maestro Burkhard von Hornhausen e il Landmarschall prussiano Henrik Botel.[1] Si trattò di gran lunga della più disastrosa sconfitta rimediata dai cavalieri nel XIII secolo: nella seconda più grande, nella seconda disfatta più clamorosa, la battaglia di Aizkraukle, furono uccisi 71 cavalieri.[2] La sconfitta fomentò la grande rivolta prussiana (terminata nel 1274) e le ribellioni dei semgalli (arresisi nel 1290), dei curi (1267) e degli osiliani (1261). La battaglia vanificò due decenni di conquiste operate dai livoniani e ci vollero circa trenta anni affinché l'Ordine riuscisse a ricontrollarle. Contesto storicoL'Ordine di Livonia stava combattendo i samogizi sin dal 1253, quando Mindaugas fu incoronato re di Lituania e cedette alcune porzioni della Samogizia in favore dei cavalieri.[3] I locali non accettarono il trasferimento e continuarono a combattere per preservare la propria autonomia. Per i livoniani, la Samogizia costituiva una regione strategicamente importante in quanto fungeva da confine con i teutonici e con i lituani. Dopo che i samogiti uccisero 12 cavalieri nella battaglia di Memel del 1257, accaduta vicino al castello di Memel (oggi Klaipėda) di recente costruzione, fu stipulata a Riga una tregua di due anni.[4] Una volta terminata, i samogiti assalirono la Curlandia e si imposero sui cavalieri nella battaglia di Skuodas del 1259.[5] Il successo incoraggiò i semgalli a ribellarsi agli occupanti,[6] i quali, nella speranza di costruirvici una fortificazione difensiva e sradicare l'avamposto degli autoctoni, tentarono di acquisire Tērvete (Terwerten).[7] Quando l'attacco fallì, costruirono una fortezza nelle vicine Dobele (Doblen) e Goergenburg (forse l'attuale Jurbarkas) in Samogizia.[8] I semgalli attaccarono Dobele, ma, a causa del discutibile piano tattico messo in atto, subirono pesanti perdite. I samogiti, invece, non attaccarono direttamente Georgenburg come gli altri, preferendo costruire un accampamento nelle vicinanze che permettesse di tagliare i rifornimenti crociati in arrivo e infastidire gli occupanti nel castello con azioni di disturbo.[8] BattagliaIl Gran Maestro di Livonia Burkhard von Hornhausen allestì un grande esercito per una campagna contro i samogiti. Il 25 gennaio 1260, i cavalieri ricevettero una bolla pontificia emanata da Papa Alessandro IV che benediceva la crociata e, nello stesso periodo, conclusero un trattato di pace con Siemowit I di Masovia.[9] Gli eserciti degli ordini teutonici e livoni e i loro alleati si incontrarono nel castello di Memel al fine di preparare un piano di aiuti per l'assediata Georgenburg.[10] Avendo appreso che una grande armata stava muovendosi dalla Samogizia verso la Curlandia, i cavalieri decisero di marciare verso l'attuale Lettonia per fermarla.[1] I due schieramenti si incontrarono sulla sponda meridionale del lago Durbe.[11] Tra le file dei cavalieri si aprirono accese discussioni. Ad esempio, i danesi dall'Estonia si rifiutarono di far spostare i loro cavalli pesantemente bardati su terreni paludosi. Quando iniziò la battaglia, i curi che assistevano i cristiani li abbandonarono al proprio destino quando seppero che questi non intendevano liberare alcun curo fatto prigioniero dai nemici.[12] Peter von Duisburg fornisce persino notizia di alcune schermaglie tra coloro che si ritiravano e la retroguardia degli Ordini.[13] Gli estoni e le altre popolazioni locali presero la stessa decisione e abbandonarono il campo di battaglia. Poiché gravemente scoperti, i cavalieri furono circondati e subirono pesanti perdite. A morire furono circa 150 cavalieri e un numero imprecisato di guerrieri non a cavallo al loro seguito.[1][14] La battaglia è descritta dettagliatamente nella cronaca rimata della Livonia: nessuna fonte contemporanea menziona chi fosse il capo dei samogiti. Solo Simon Grunau, nella sua cronaca scritta tra il 1517 e il 1526, parla di Treniota.[15] Nel 1982, lo storico Edvardas Gudavičius pubblicò uno studio sostenendo che Treniota non era della Samogizia e non avrebbe potuto comandare quell'esercito. Inga Baranauskienė sostiene che a guidare i combattenti era Alminas, un'importante figura per i locali in quanto già aveva guidato i samogiti dal 1256 nelle varie incursioni in Curlandia e li aveva condotti alla vittoria nella battaglia di Skuodas.[16] ConseguenzeSeguirono numerose ribellioni contro l'Ordine Teutonico in tutte le terre baltiche, inclusa la grande rivolta prussiana, che durò dal 1260 al 1274.[11] La Semigallia si ribellò per un trentennio, mentre la Curlandia si arrese nel 1267.[17] I curi, con l'ausilio dei samogiti, attaccarono i castelli teutonici a ovest del fiume Venta. Il 3 febbraio 1261, sulla via del ritorno, le popolazioni autoctone sconfissero di nuovo i cavalieri vicino a Lielvārde (Lennenwarden), uccidendo 10 cavalieri di alto rango.[18] La ribellione osiliana fu soppressa nel 1261.[19] Queste battaglie vanificarono una ventina di anni di conquista e ci vollero una trentina di anni affinché l'Ordine di Livonia ripristinasse la sua supremazia.[12] All'indomani della sconfitta, si presume che il duca Treniota abbia convinto suo zio Mindaugas, re di Lituania, a rinnegare la conversione al cristianesimo e rompere la pace con l'Ordine Teutonico.[11] Treniota organizzò una serie di campagne militari in Livonia e riscosse grande successo tra i lituani. Nel 1263, assassinò Mindaugas in complicità con Daumantas di Pskov e usurpò il trono lituano, ripristinando i culti pagani. La conseguente instabilità interna impedì al Granducato di Lituania di sfruttare appieno la debolezza degli Ordini, impegnati unicamente nel sedare i focolai di rivoltosi: i crociati non costituirono un serio pericolo per la Lituania fino al 1283, stando alla data riportata da Pietro di Duisburg.[20] Tra i vantaggi che scaturirono dalla battaglia, al di là delle fragilità politiche, emerse la consapevolezza che, con uno stato forte e in grado di unire differenti etnie, si potessero sconfiggere gli avversari e competere con essi su vasta scala. Note
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