Asce di guerra

Asce di guerra
AutoreVitaliano Ravagli e Wu Ming
1ª ed. originale2000
Genereromanzo
Lingua originaleitaliano
AmbientazioneEmilia-Romagna, Indocina, 1940-2000.

Asce di guerra è un romanzo[1] scritto da Vitaliano Ravagli e dal collettivo Wu Ming, pubblicato nel 2000 da Marco Tropea e nel 2005 da Einaudi.

Si tratta della prima opera realizzata dal gruppo di autori bolognesi con il nome di Wu Ming, dopo che per il precedente Q era stato utilizzato lo pseudonimo Luther Blissett,[2] e trova la sua genesi nella fase di preparazione al successivo 54[3]. Si inserisce nello stesso filone di una narrativa con intento performativo, che scommette sulla «fiducia che la parola modifichi la realtà creando comunità potenzialmente in grado di agire»[4], e che si fonda sulla convinzione, che dà titolo al libro, secondo cui «le storie non sono che asce di guerra da disseppellire»[5].

Analogamente a quanto avviene riguardo alle altre opere del collettivo, di Asce di guerra è esplicitamente consentita la riproduzione totale o parziale e la diffusione per via telematica, purché non a scopo commerciale[6].

Trama

L'opera alterna l'invenzione letteraria alla realtà della ricostruzione storica e della vicenda autobiografica di Ravagli, presentato ai Wu Ming da Carlo Lucarelli e in precedenza autore di due testi di scarsa diffusione, I sentieri dell'odio e Il prato degli uomini spenti[7], con cambi di registro scanditi dal succedersi di capitoli i cui titoli rimandano in prevalenza ai tre filoni principali in cui si sviluppa la narrazione.

In cerca del vietcong romagnolo

I capitoli aventi per titolo luogo e data in cui si svolgono gli eventi narrati (prevalentemente Bologna e l'Imolese tra il gennaio e il giugno del 2000) costituiscono quasi tutta la componente di invenzione letteraria dell'opera, seppure anche in questa parte figurino personaggi e vicende reali.

Tali capitoli raccontano la storia del giovane avvocato bolognese Daniele Zani che, un anno dopo la morte del nonno Sergio, detto Soviet, inizia ad interessarsi alla questione degli ex partigiani espatriati nel secondo dopo-guerra. In particolare, sulla base di pochissime informazioni si mette sulle tracce di un romagnolo che avrebbe combattuto in Indocina negli anni cinquanta a fianco dei vietcong.

Zani, che nel frattempo si occupa anche della complessa vicenda del tunisino Said, rimpatriato e separato da moglie e figlie, arriva ad incontrare Vitaliano Ravagli (Gap) dopo una lunga ricerca che lo porta a conoscere ex partigiani realmente esistiti e in vita al momento della stesura del romanzo.

Sentieri dell'odio

Sentieri dell'odio è il titolo dei capitoli (ciascuno recante un diverso sottotitolo) che raccontano in prima persona la vicenda autobiografica di Vitaliano Ravagli dalla seconda metà degli anni trenta fino al 1958.

Ravagli, classe 1934, narra della propria infanzia segnata dalla povertà, dalle sofferenze legate alla guerra e dalle frustrazioni di un dopoguerra che non manteneva le promesse di riscatto e giustizia sociale suscitate dalla Resistenza; di qui la decisione di lasciare clandestinamente l'Italia e recarsi a combattere in Indocina.

La narrazione prosegue quindi con la descrizione delle due esperienze (una nel 1956 e l'altra nel 1958) di Ravagli in una sorta di brigata internazionale guidata da un ufficiale cinese e operante principalmente nelle giungle del Laos, in supporto alle truppe nordvietnamite di Ho Chi Minh.

Tre fratelli, lo zio Ho e lo zio Sam

Nei capitoli dal titolo Tre fratelli, lo zio Ho e lo zio Sam - Storia disinvolta delle guerre d'Indocina vengono ricostruite le vicende belliche e politiche che hanno caratterizzato tale area, e in particolare il Laos - i tre fratelli del titolo sono tra i protagonisti della lotta di indipendenza del Paese - e il Vietnam, dal 1945 al 1975, ovvero dalla dominazione coloniale francese fino alla resa delle truppe statunitensi in concomitanza con la presa di Saigon da parte dei vietcong.

Personaggi

Immaginari

  • Daniele Zani - Giovane avvocato bolognese.
  • Sergio Zani (Soviet) - Nonno di Daniele.
  • Guido Cortesi - Amico di Soviet.
  • Said Moukharbel - Immigrato tunisino, la cui vicenda «è ispirata a migliaia di anonime storie quotidiane»[8].

Reali

Critica

Come sottolinea Marco Amici nel Bollettino di italianistica, dal punto di vista letterario Asce di guerra presenta imperfezioni e i vari frammenti appaiono spesso slegati fra loro, con la continua alternanza di registri diversi che fanno vacillare la tenuta del romanzo, ma non vi è rischio di sfaldamento agli occhi del lettore grazie alla partecipazione emozionale che il testo riesce a suscitare e ai simboli e i miti che evoca, a partire da quello collettivo della Resistenza, della Liberazione e della Ricostruzione. Ed è proprio su quest'ultimo piano, più che su quello specificamente letterario, che si è concentrato il dibattito intorno al libro, che ha provocato anche «polemiche e reazioni scomposte» rispetto ad «una narrazione che aspira ad essere oltraggiosa nei confronti del presente, che rovista nel fondo della storia per farne emergere gli aspetti più controversi, per portare alla luce il “rimosso” e smuovere le coscienze».[9]

L’«abiura» da parte di Wu Ming

Nel 2005, in occasione della nuova edizione Einaudi, gli autori aggiungono al libro una premessa e una postfazione in cui riflettono sul lavoro svolto in modo fortemente autocritico:

«Invece di limitarci a raccontare il passato, lasciando ai lettori i paralleli con il presente, abbiamo deciso di inserire nell’oggetto narrativo un filone contemporaneo […] È proprio questo il punto debole di “Asce di Guerra”. Forse perché (almeno per noi) è più facile raccontare il presente attraverso il passato, che trasformare il presente stesso in narrazione epica. Quello che nella forma del reportage funziona e restituisce l’atmosfera di certe situazioni collettive, trasferito in un modello più letterario rischia di risultare piatto o didascalico […] “Asce di Guerra” è una narrazione che sfugge da tutte le parti, che forza costantemente la griglia in cui avevamo pensato di costringerla, mettendo a dura prova – e a tratti anche travolgendo – le nostre capacità.[10]»

L’autocritica del 2005, secondo Wu Ming, è alla base del lavoro compiuto a partire dal decennio successivo sugli «oggetti narrativi non-identificati».

«Il nostro primo esperimento di «oggetto narrativo non-identificato» fu Asce di guerra, scritto con Vitaliano Ravagli e pubblicato nel 2000. L’insoddisfazione per il risultato innescò una riflessione autocritica durata anni e ci spinse a mettere in cantiere nuovi progetti.[11]»

Edizioni

  • Vitaliano Ravagli, Wu Ming, Asce di guerra, Milano, Marco Tropea Editore, 2000, ISBN 88-438-0269-0.
  • Vitaliano Ravagli, Wu Ming, Asce di guerra, Einaudi, 2005, ISBN 88-06-17607-2.
  • Vitaliano Ravagli, Wu Ming, Kriegsbeile, Assoziation A, Amburgo/Berlino 2017, ISBN 978-3-86241-459-8

Note

  1. ^ Nella premessa all'edizione 2005 si legge tuttavia: «Asce di guerra non è un romanzo. È il primo dei nostri libri per cui abbiamo usato l'espressione "oggetto narrativo" (a volte aggiungendo: "non identificato")».
  2. ^ (ES) Jorge Munguia Espitia, Luther Blisset y Wu Ming: subversión de la cultura (PDF), in Revista de Universidad de México, n. 89, luglio 2011, pp. 65-76.
  3. ^ (FR) Luigi Salsi, Quête identitaire et lecture historique, in Cahiers d'études romanes, n. 15, Université d'Aix-Marseille, 2006, pp. 71-124, ISSN 2271-1465 (WC · ACNP).
  4. ^ Luciana Benvenuti, Riscrivere la storia: modi e tecniche del romanzo neostorico italiano, in Paolo Favilli (a cura di), Il letterato e lo storico. La letteratura creativa come storia, Milano, FrancoAngeli, 2013, pp. 89-105, ISBN 9788820462451.
  5. ^ Wu Ming, Estratti dall'intervista-fiume di Wu Ming I alla rivista «Arranca» e al giornale «Jungle World», Berlino, in un parco del quartiere Kreuzberg, 13 ottobre 2001, in Giap!, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2003, p. 207, ISBN 88-06-16559-3.
  6. ^ «Chiaramente, poiché pensiamo che la scrittura sia sempre collettiva, viene a cadere l'idea di proprietà intellettuale di uno scritto» (...) «Se qualcuno vuole fare i soldi con le storie che scriviamo ci deve pagare, se qualcuno vuole cambiarle o diffonderle gratuitamente lo può fare. Questa è la discriminante fondamentale» (Giap!, cit., pp. 235-236)
  7. ^ Marco Amici, La narrazione come mitopoiesi secondo Wu Ming (PDF), in Bollettino di italianistica. Rivista di critica, storia letteraria, filologia e linguistica, n. 1, 2006, pp. 184 ss., DOI:10.7367/71854.
  8. ^ Ravagli, Wu Ming, Asce di guerra, Tropea Editore, 2000, p. 374.
  9. ^ Marco Amici, cit.
  10. ^ Gli autori, collettivamente o ciascuno per conto proprio, sono tornati più volte sulla questione di quello che, a loro dire, fu il fallimento di Asce di guerra. Nel 2012 Wu Ming 1 scrisse:

    «Credo che, al fondo, il problema di Asce di guerra fosse l’impossibile convivenza tra una struttura armonica pretenziosa e “assoli” lunghi e liberi al limite della sfrenatezza. Insomma, volevamo la botte piena e la moglie ubriaca: un’impostazione molto definita e vincolante (montaggio alternato e scandito di capitoli appartenenti a diversi “filoni”, ciascuno dei quali caratterizzato da precise e ricorrenti strategie formali, nonché segnalato da un apposito sottotitolo) e al tempo stesso un abnorme proliferare di aneddoti, episodi, citazioni, torsioni, rimandi a diversi periodi storici etc. Una struttura così rigida non poteva reggere un simile “sbordamento”. E’ come se in un brano be-bop piazzassimo un assolo alla Coltrane del periodo Impressions. Certo, la crisi della struttura può generare effetti interessanti […] Ma a scrittori e lettori interessa anche la resa letteraria, e non vi è dubbio che quelle siano brutte pagine.»

    , Wu Ming 1, «In cima al Kenya col comandante», Giap, 22/01/2012.
  11. ^ «Che cos’è la Wu Ming Foundation», pagina di autopresentazione aggiornata al 14 agosto 2023

Voci correlate

Collegamenti esterni

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