Aristone di Chio

Aristone di Chio (in greco antico: Ἀρίστων ὁ Χίος?, Arístōn ho Chíos; Chio, III secolo a.C. – ...) è stato un filosofo e scrittore greco antico.

Biografia

Nacque a Chio, isola greca posta nell'Egeo orientale; per il resto sono scarsi i dati sulla sua vita.

Si sa che fu seguace di Zenone di Cizio e dello stoicismo dal quale però in parte si distaccò per fondare una propria scuola (detta degli Aristonei) nel Cinosarge. La sua dottrina fu in qualche misura influenzata da quella di Socrate ed egli cercò di operare una mediazione tra la morale stoica e quella socratica. Subì anche - seppure in misura non considerevole - l'influenza della scuola cinica soprattutto sulla rilevanza degli aspetti etici che, secondo Aristone, hanno la precedenza su ogni altro tipo di indagine che riguardi l'uomo o la natura in generale. Per via della sua eloquenza era soprannominato "la Sirena".[1]

Pensiero e opere

Secondo quanto ci tramanda Diogene Laerzio, nelle sue Vite dei filosofi, Aristone fu colui che introdusse il concetto di "indifferenza". Inoltre, di lui conosciamo la sua opinione in merito ai discorsi, che il filosofo riteneva ragnatele, perfetti dal punto di vista tecnico, ma del tutto inutili. Inutile è anche - a parere di Aristone - la logica, mentre la fisica è "al di sopra di noi". È opportuno, invece, considerare esclusivamente l'etica, la cosa più importante per l'uomo.[2]

Delle sue opere non ci sono giunti che pochi frammenti [3], ma secondo Diogene Laerzio[4] ad Aristone erano attribuite le seguenti opere: Due libri di Esortazioni; Sulle dottrine di Zenone; Dialoghi; 6 libri di Lezioni; 7libri di Diatribe sulla sapienza; Diatribe relative all'amore; Appunti sulla vanagloria; 25 libri di Appunti; 3 libri di Memorabili; 11 libri di Sentenze; Contro i retori; Repliche alle critiche di Alessino; 3 libri Contro i dialettici; Contro Cleante; 4 libri di Lettere.

Note

  1. ^ Margherita Isnardi Parente (a cura di), Stoici antichi (UTET), volume primo, pag. 265
  2. ^ "Aristone di Chio, il calvo, chiamato "la sirena". Diceva che il fine è vivere in perfetta indifferenza rispetto a tutte le cose che sono intermedie fra virtù e vizi, non ammettendo alcuna gradazione fra di esse, ma tutte considerandole alla stessa stregua. Il sapiente, egli diceva, è simile a un buon attore che, abbia da interpretare la figura di Tersite o quella di Agamennone, sa convenientemente rendere l'una e l'altra. Eliminava la fisica e la logica, dicendo che l'una è al di sopra di noi, l'altra non ha alcuna importanza per noi, e che importanza per noi ha soltanto l'etica. Paragonava i discorsi dialettici alle ragnatele, che, pur avendo l'apparenza di un perfetto lavoro dal punto di vista tecnico, sono però del tutto inutili. Non ammetteva molte virtù, come Zenone, e neanche una sola chiamata con molti nomi, come i Megarici: considerava la virtù relativa al modo di vita. [...] Diocle di Magnesia dice che, durante una lunga malattia di Zenone, avvicinò Polemone, e fu indotto da questi a cambiare la sua dottrina" (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VII, 160-164 = SVF I, 333, 346, 347, 351.
  3. ^ Circa una quarantina nelle raccolte di Hans von Arnim e Nicola Festa.
  4. ^ Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, 7, 163.

Bibliografia

  • Anna Maria Ioppolo, Aristone di Chio e lo Stoicismo antico, Napoli, Bibliopolis, 1980.
  • Christian Guérard, «Ariston de Chios», in Richard Goulet (a cura di), Dictionnaire des philosophes antiques, Vol. I, Paris, Editions du CNRS, 1994, pp. 400-404.

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