Aldo Maria Scalise
Aldo Maria Scalise (Vercelli, 13 settembre 1919 – Rughet el Atasc, 27 maggio 1942) è stato un militare italiano, decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria durante la seconda guerra mondiale. BiografiaNato a Vercelli, figlio primogenito dell'allora capitano Giovambattista Scalise e di Franca Olmo, impalmata pochi giorni prima della fine della prima guerra mondiale,[1] consegue la maturità classica presso il Liceo ginnasio "Carlo Alberto" di Novara. Nell’ottobre 1937 entra alla Regia accademia militare di artiglieria e genio di Torino, uscendone dopo il biennio, nel 1939, col grado di sottotenente d'artiglieria in servizio permanente effettivo.[2] Ammesso alla frequenza della Scuola d'applicazione, all’entrata in guerra dell'Italia, interrotto il corso per una vacanza in Ungheria, rientra per prender parte, da volontario, alle brevi operazioni belliche contro la Francia sul fronte alpino occidentale con la 1ª batteria del gruppo “Susa” del 1º Reggimento artiglieria alpina, ritornando poi alla Scuola di applicazione ne esce nel 1941 col grado di tenente, primo classificato su 73 allievi.[3] Rientrato al reggimento, successivamente, richiede e ottiene di passare a un reparto di artiglieria d'assalto. Verso i primi di giugno del 1941 raggiunge il 3º Reggimento artiglieria celere "Emanuele Filiberto", a Ferrara, dove ottiene il comando di uno dei primi carri semoventi d'artiglieria. Formazione che poco dopo passa a far parte del 132º Reggimento artiglieria. Dopo un intenso periodo di esercitazioni e manovre svolte in Veneto, viene incorporato nella Divisione corazzata "Ariete" che nei primi di gennaio del 1942 viene inviata in Africa Settentrionale.[3] Sbarcato a Tripoli l'8 gennaio 1942, giunto ad Agedabia, partecipa alla controffensiva dell'Asse. Riceve diversi encomi dal comando di divisione per le numerose azioni a piccolo e grande raggio nel deserto e, il 14 marzo, viene insignito della medaglia di bronzo al valor militare "sul campo" per il suo comportamento in combattimento.[3] Il 27 maggio 1942, nel corso dello scontro di Rughet el Atasc, in qualità di sottocomandante della 1ª batteria (comandata dal cap. Marco Folchi-Vici) essendosi questa portata avanti rispetto allo schieramento dei carri (VIII battaglione sulla destra, il IX sulla sinistra) in modo da battere in infilata le postazioni nemiche, Scalise si spingeva avanti col proprio pezzo avanzando velocemente ed esponendosi col proprio corpo per individuare meglio gli obiettivi da colpire ma, mentre piombava su una postazione di fuoco, sopprimendola, veniva ferito gravemente assieme al radiotelegrafista da un proiettile perforante che aveva colpito e attraversato il semovente. Nonostante le ferite, ordinava di continuare l’avanzata e facendo fuoco col proprio pezzo riuscendo a eliminare altre postazioni nemiche. Nel continuare l’azione viene ferito mortalmente una seconda volta al petto e ferito il pilota. Nel mentre, grazie al fuoco d’infilata del gruppo, procedeva l’avanzata dei due battaglioni carri che travolgevano ogni resistenza nemica.[3] Monumento alla M.O.V.M. e al Ten. Scalise a Vercelli Da parte dell'Esercito il 9 giugno 1985 è stato installato dopo l'ingresso della caserma Scalise, su un prato, a Vercelli, un carro 75/18 dedicato al tenente Scalise e a tutte le M.O.V.M.. Erano presenti anche parte dei reduci del 5º gruppo Artiglieria della divisione Ariete che combatterono a fianco del loro ufficiale.[4] Onorificenze«Comandante di sezione semovente, durante l’attacco contro munite posizioni fortificate, di iniziativa, penetrava d’impeto nelle prime linee avversarie. Con abile ardita manovra e con preciso tiro di in filata, riduceva al silenzio numerose postazioni di armi anticarro insidiosamente sistemate nel terreno. Colpito gravemente, persisteva nella azione, che apriva le vie del successo al proprio gruppo ed ai reparti corazzati della sua divisione. Mortalmente ferito al petto una seconda volta, mentre ancora dirigeva il fuoco, rivolgeva in uno sforzo supremo, parole di incitamento al proprio equipaggio. Chiudeva così la sua vita da prode soldato, illuminando di gloria la nuova artiglieria corazzata italiana. Rughet el Atasc (Africa Settentrionale), 27 maggio 1942.[5]»
«Ufficiale capo di sezione semoventi, essendogli stato colpito un pezzo ed ucciso un servente, si portava audacemente avanti col proprio pezzo per meglio contrastare col fuoco il tiro del nemico.Ferito, rifiutava di farsi medicare e continuava a combattere. Finito il combattimento esigeva che prima di lui venissero curati i propri artiglieri, dando un fulgido esempio di senso del dovere.Fatto d'arme di Bir Hamarini, a sud di El Mechili (Africa Settentrionale), 14 marzo 1942.[7]»
Note
Bibliografia
Voci correlate
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